il Fatto Quotidiano, 3 novembre 2019
Germania e Giappone: ricche e in crisi
Pensare che due e due fanno quattro, né cinque, né tre / Il cuore dell’uomo è stato a lungo dolente / e a lungo lo sarà». Chiunque ragioni di economia deve tenere bene a mente questi versi del poeta inglese A. E. Housman: i conti devono tornare, ma la domanda è come. Chi governa le grandi economie non può non saperlo. Il dramma dell’eurozona, e in particolare il dramma della Germania e del suo ruolo nel mercato comune europeo, sta proprio nel fatto che non è ancora stato compiuto quel salto di pensare a come far quadrare i conti delle entrate e delle uscite a livello di eurozona e a livello globale, non soltanto a livello nazionale.
Questo spiega in parte la forte ostilità tedesca nei confronti delle politiche della Banca centrale europea. Tuttavia, queste politiche non cambieranno radicalmente in futuro. Anzi, potrebbero diventare ancora più aggressive. Se così fosse, peggiorerà la disaffezione della Germania, emersa con le dimissioni di tre funzionari tedeschi dal consiglio di amministrazione della Bce e con gli attacchi dei politici tedeschi all’istituzione monetaria europea. Questa ostilità potrebbe avere conseguenze a lungo termine non molto diverse da quelle provocate da tre decenni di euroscetticismo britannico. Potrebbe insomma rivelarsi catastrofica. Perché l’Ue può sopravvivere senza il Regno Unito, ma non senza la locomotiva tedesca.
La mia paura quando è stato lanciato l’euro, circa trent’anni fa, era che la moneta unica avrebbe finito per dividere politicamente l’Unione europea. Ma adesso non esiste un modo facile di uscirne: deve funzionare. I tedeschi devono per forza riconoscere che l’euro sta già funzionando a loro vantaggio, in quanto stabilizza la loro economia nonostante le enormi eccedenze di risparmio. Certo, l’euro non potrà rendere altamente remunerativo tale risparmio in eccesso, perché il mercato non ne ha bisogno. La Germania è presa in quella che si chiama una “trappola di liquidità” globale: con investimenti deboli nonostante i tassi d’interesse estremamente bassi, i risparmi non sono scarsi ma sovrabbondanti.
Quali sono i vantaggi dell’euro per la Germania? Per trovare una risposta si può confrontare l’economia tedesca con quella del paese cui assomiglia di più: il Giappone. Entrambi i paesi sono rinati dalle ceneri della Seconda guerra mondiale come alleati degli Stati Uniti e come esportatori manifatturieri molto dinamici. Sono la terza e la quarta economia del mondo e sono anche secondo e terzo paese a livello globale per età media della popolazione. Il tasso di fertilità della Germania è al 204° posto nel mondo, mentre il Giappone è al 209°. Stiamo parlando quindi di paesi ad alto reddito, relativamente grandi e in rapido invecchiamento, con una forte industria manifatturiera.
Non sorprende che entrambi abbiano anche enormi eccedenze di risparmio privato rispetto agli investimenti. Tra il 2010 e il 2017 l’eccedenza del risparmio privato rispetto agli investimenti è stata in media del 7% circa del Pil in Germania e dell’8% in Giappone. Ma la composizione di questo surplus è stata diversa a seconda del paese: in Germania il 72% dell’avanzo privato complessivo è dato dall’avanzo di risparmio delle famiglie, mentre in Giappone la quota delle imprese è del 76%.
Anche a tassi d’interesse estremamente bassi, gli investimenti privati nazionali sono stati di gran lunga inferiori al risparmio privato. Dal punto di vista aritmetico, i disavanzi fiscali o i flussi di capitale all’estero hanno dovuto assorbire questi risparmi in eccesso, ed è qui che si vede chiaramente la differenza tra i due paesi. In Giappone, il deflusso di capitale netto (per definizione, l’immagine speculare dell’avanzo della bilancia corrente) ha assorbito solo un terzo dell’avanzo privato, mentre il resto è finito nei disavanzi fiscali. In Germania, il deflusso di capitale ha assorbito invece tutto l’avanzo privato, poiché anche il governo ha registrato un surplus di bilancio.
La differenza non sta in una presunta virtù fiscale tedesca, né in un presunto vizio giapponese. Piuttosto, il Giappone è stato costretto al deficit fiscale perché era impraticabile per il paese generare e sostenere un avanzo nella bilancia corrente pari all’8% del Pil, come sarebbe stato necessario. Infatti, il tasso di cambio reale era troppo instabile e i partner stranieri troppo ostili.
La Germania, invece, ha un tasso di cambio reale stabile e competitivo. Quasi il 40% delle sue esportazioni di merci va in altri paesi dell’area dell’euro e su questo piano il paese mantiene più o meno stabilmente la posizione competitiva che ha raggiunto nei primi anni dell’area dell’euro. Inoltre, il tasso di cambio dell’euro riflette la competitività della media ponderata dei paesi che lo utilizzano. Questi vantaggi hanno notevolmente facilitato la combinazione tanto auspicata in Germania di avanzi privati, fiscali e commerciali. L’euro ha fatto funzionare la prudenza tedesca, insomma.
Cosa sarebbe successo se l’economia della Germania non fosse stata protetta dall’eurozona? Il marco tedesco si sarebbe sicuramente apprezzato moltissimo, stavolta in un contesto mondiale di basso tasso di inflazione. Ciò avrebbe spinto l’inflazione interna del paese al di sotto dello zero, danneggiando la redditività e l’andamento delle esportazioni e causando perdite alle istituzioni finanziarie tedesche, con i loro enormi patrimoni esteri. Sarebbe stato impossibile mantenere tassi di interesse nominali fortemente positivi e probabilmente impossibile evitare un deficit fiscale persistente. In breve, l’eurozona ha protetto la Germania dal rischio di divenire un altro Giappone. I tedeschi dovrebbero esser grati per ciò che l’euro ha dato loro, lodare il presidente uscente della Bce Mario Draghi per il coraggio delle decisioni per salvare il sistema, e dovrebbero sperare che la nuova presidente Lagarde segua l’esempio del predecessore.
I tassi di interesse sul risparmio tedesco non potrebbero mai essere significativamente più alti del valore attuale, sia all’interno che al di fuori dell’eurozona. Nell’economia di oggi, l’unico modo per i risparmiatori tedeschi di godere di rendimenti più elevati è assumersi maggiori rischi.
Come paese, tuttavia, la Germania potrebbe contribuire a modificare l’equilibrio tra risparmi e investimenti a livello globale. In un contesto in cui l’economia mondiale rallenta, la domanda estera langue e anche l’economia tedesca mostra segni di debolezza, le possibilità che questo accada sono in aumento. I legislatori tedeschi, e non solo loro, dovrebbero promuovere la spesa pubblica e privata, soprattutto quella per investimenti. Le opportunità sembrano enormi. Inoltre, la possibilità di contrarre prestiti a tassi d’interesse a lungo termine estremamente bassi è un bene, non un male.
Bisogna esser ambiziosi: nell’economia di oggi è l’unica cosa prudente da fare.
(Financial Times)