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 2019  ottobre 20 Domenica calendario

Carlo Verdone e le medicine

Da più di quarant’anni Carlo Verdone ci fa sorridere mostrandoci le nostre peggiori inclinazioni, vizi e manie in una carrellata di maschere di ogni età. Da quando ha cominciato, quasi per scherzo, nel 1977 al teatro Alberichino di Roma, portando in scena «Tali e quali», dodici personaggi che sarebbero finiti pochi mesi dopo in onda su Rai Uno nella serie «Non stop» destinata a consacrare il suo successo. L’ipocondriaco è una delle sue maschere preferite. «Vabbè, la mattina un betabloccante serve, sartanico per la pressione serve, la folina pe’ mette a posto l’omocisteina serve, il pomeriggio l’omeprazolo serve, la sera un antireumatico primavera-autunno serve sempre». 
Ci sono artisti che rimangono schiacciati dal rapporto con le maschere che hanno creato, altri le fuggono perché non riescono a scrollarsele dalle spalle. I migliori ci ridono su. Carlo Verdone ha passato una vita a rispondere «non sono ipocondriaco». Certo la sua passione per la medicina e i farmaci è nota, al punto che della sua laurea in Lettere con una tesi dal titolo «L’influenza della letteratura italiana nel cinema muto» non parla nessuno. In compenso tutti ricordano il riconoscimento ricevuto nel 2007 dall’Università Federico II di Napoli: «Una laurea doloris causa» ricevuta scherzando ma anche dando prova della sua competenza da medico mancato davanti a tremila studenti.
Sono leggendarie le diagnosi che Verdone regala ad amici e colleghi che lo chiamano a ogni ora, il genio sta nel rivendicare «ci prendo quasi sempre – ripete ogni volta – non mi sbaglio. Poi, ci mancherebbe, dico di chiedere conferma al proprio medico. Ma questa passione mi ha dato grandi soddisfazioni». Così nessuno si è stupito pochi giorni fa quando gli è stata consegnata la tessera numero 1 «honoris causa» dell’Ordine dei Farmacisti del Lazio. «Sono nato in una famiglia dove mia madre aveva un comò pieno di medicine – ha detto davanti a una platea estasiata —. In una casa frequentata da grandi medici come Pietro Valdoni e Paride Stefanini. È nato tutto dalla volontà di imitarli».
Carlo Verdone ha raccontato molte volte che quel ragazzo si fece comprare l’enciclopedia medica Curcio e cominciò a leggerla tutta, in rigoroso ordine alfabetico. Forse abbiamo un debito con quella lettura, se medicine e medici si affacciano nei suoi primi siparietti televisivi – «Farmacia notturna» è un cult su YouTube – e soprattutto nei film. Dalle prime scene in «Bianco, Rosso e Verdone» al pediatra in «Manuale d’amore 1», il dentista in «Italians», l’indimenticabile professor Ranieri Cotti Borroni del tormentone telefonico «no, non mi disturba affatto» di «Viaggi di nozze». 
È l’ipocondria come stile, come segno di riconoscimento, timbro dell’attore a rendere inconfondibile la maschera. Altro che ipocondria dell’uomo Carlo Verdone. Lui, con estrema onestà culminata nel 1992 con il film «Maledetto il giorno che t’ho incontrato» ha combattuto con l’ansia, crisi di panico, la difficoltà a dormire, e il corredo di pillole e gocce per superarla, ha fatto i conti con la paura. Molto più comune di quanto si pensi e nei confronti della quale non molti avrebbero avuto il suo coraggio e la determinazione ad affrontarla, specialmente vivendo al centro di un successo travolgente. 
Ecco che il riconoscimento dei farmacisti, arrivato oggi che Carlo Verdone la sua battaglia con l’ansia l’ha superata da anni, diventa l’occasione di un gioco, di un ennesimo sorriso. È stato lui stesso a raccontarlo su Facebook. «Sono andato a distrarmi in farmacia. Il mio regno», ha confidato. Si è messo un camice intrattenendo i clienti tra risate e stupore generale. Il siparietto è avvenuto presso la farmacia Pamphili di via Bolognesi, a Roma. 
Ora non ci resta che aspettare pochi mesi per goderci il nuovo sguardo di Carlo Verdone sul mondo della medicina, nel prossimo film che uscirà nelle sale all’inizio del 2020. Si intitola «Si vive una volta sola», è stato girato interamente in Puglia e Carlo Verdone vestirà i panni di Umberto Gastaldi, un famoso chirurgo oncologo, a capo di un’équipe composta dal suo aiuto Max Tortora, dall’anestesista Rocco Papaleo e dalla ferrista Anna Foglietta, che danno vita a un quartetto legatissimo nella vita professionale e in quella privata, campioni di amicizia e protagonisti di beffe, goliardate, battutacce in sala operatoria e scherzi, anche piuttosto pesanti.