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 2019  ottobre 20 Domenica calendario

Ennesimo rinvio per la Brexit

VANITYX
3DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Londra Sembrava sul punto di tagliare il traguardo, Boris Johnson. Ma ancora una volta il Parlamento lo ha sgambettato: decretando l’ennesimo rinvio della Brexit, questa volta davvero sul filo di lana. E aprendo così la strada a scenari imprevedibili.
Ieri doveva essere il giorno decisivo: i deputati erano stati chiamati ad approvare l’accordo finalmente raggiunto dal premier britannico con l’Unione Europea. Un voto dai margini ristrettissimi: ma nelle ultime ore sembrava che Johnson ce la potesse fare. In questo modo, la Gran Bretagna sarebbe uscita dalla Ue il 31 ottobre, come previsto: e in maniera ordinata, senza traumi. Con sollievo di tutti, anche degli europei, ormai stanchi di questa saga infinita e desiderosi di concentrare l’attenzione altrove.
E invece no: lo psicodramma continua. Perché un gruppo di ex conservatori ribelli (espulsi dal partito a settembre proprio da Johnson) ha proposto un emendamento che chiedeva di rinviare l’approvazione finale dell’accordo con la Ue fino a quando non fosse stata messa in piedi tutta la legislazione necessaria. Ufficialmente, un modo per assicurarsi che non ci sia un no deal «accidentale», ossia una Brexit catastrofica senza accordi: in realtà, un tentativo in extremis di frustrare l’uscita dalla Ue, innescando un rinvio che potrebbe anche sfociare in un nuovo referendum e, chissà, nella revoca di tutto.
Non a caso, quando le immagini della votazione che ha approvato, per pochi voti, il suddetto emendamento sono apparse sul maxischermo della piazza del Parlamento, dove erano convogliati i partecipanti a una nuova marcia anti-Brexit, è esploso un boato di giubilo. Un milione di persone, secondo gli organizzatori – ma è una cifra difficile da quantificare – avevano sfilato nel centro di Londra per chiedere un nuovo referendum sull’uscita dalla Ue: ovviamente, per impedirla.
Tanta gente: ma non rappresentativa dell’umore del Paese. Che è ormai stanco, frustrato da questa telenovela senza fine, e dunque vorrebbe voltare pagina e andare avanti. Perché il protarsi dell’incertezza non giova a nessuno.
E invece da ieri tutto torna in ballo. Perché Johnson ha dovuto rinunciare a mettere ai voti il suo accordo e la mancata approvazione ha fatto scattare un’altra legge, varata a inizio settembre, che obbligava il premier a mandare una lettera a Bruxelles per chiedere un rinvio della Brexit fino al 31 gennaio. Boris ha subito detto che «non negozierà» una dilazione e dunque prima della mezzanotte ha spedito due lettere all’Europa: la prima, non firmata, in cui si chiede il rinvio; e la seconda, firmata da lui, con la quale invita gli europei a non concedere la dilazione.
Martedì il governo proverà di nuovo a sottoporre al Parlamento la legislazione completa per attuare la Brexit: e c’è ancora una possibilità che riesca a passare in tempo per il 31 ottobre. Altrimenti, ci si ritroverà di nuovo tutti nel pantano.