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 2019  ottobre 17 Giovedì calendario

Tonali non è Pirlo

I capelli spioventi sul collo, la maglia del Brescia e la posizione in campo hanno alimentato un paragone sbagliato, cioè che Sandro Tonali assomiglia ad Andrea Pirlo. In effetti sono dei punti di contatto, ma non ne esistono altri e, soprattutto, non sono rilevanti: Tonali non è un nuovo Pirlo e non lo sarà mai perché gioca in maniera differente. In certi aspetti, paradossalmente, ne è addirittura l’antitesi. Tonali, come Pirlo, è un regista, ma interpreta il compito diversamente. Non ha il lancio millimetrico né la creatività istantanea dell’alter ego, i suoi passaggi sono più corti e semplici. Pirlo decostruiva il possesso che lui stesso alimentava con giocate fuori dagli schemi, mentre Tonali organizza la squadra con passaggi corti (2,2 lanci lunghi a partita in A, parecchi di meno rispetto ai 9,1 di Brozovic o ai 4,7 di Pjanic) e la mantiene sempre nei binari corretti, sia quando deve giocare il pallone che quando deve recuperarlo (vince infatti 6,5 duelli in media). Ha un passo, una resistenza aerobica e una capacità di recupero del pallone superiori a quelle che aveva Pirlo: indossa le caratteristiche di una mezzala completa, ma le trascina al centro del campo, abbinandole ad una lettura del gioco, un autocontrollo e una capacità di gestire le azioni proprie del regista.

LE ORIGINI TATTICHE
La diversità è che Tonali, a livello professionistico, è nato davanti alla difesa, mentre Pirlo è sbarcato in quella posizione in un secondo momento grazie all’intuizione di Mazzone prima e Ancelotti poi, dopo gli inizi da trequartista. Cambiano gli addendi, non il risultato: Tonali è ugualmente efficace perché asseconda le sue qualità, non forza, non vuole imitare il dirimpettaio. E questo suo “menefreghismo” nei confronti del paragone è anche la sua forza: il centrocampista del Brescia si sta imponendo come un giocatore unico, autentico, mai visto. Non significa che sia compiuto: è ancora, appunto, un prototipo. Ma di certo è la bozza di un giocatore per nulla scontato. Mancini se ne era accorto molto prima di farlo esordire in nazionale: lo convocò infatti lo scorso novembre, poco meno di un anno fa, quando ancora giocava in B, per visionarlo da vicino. Contro il Liechtenstein lo ha fatto entrare, posizionandolo in cabina di regia, lì dove manca un vice-Jorginho, e dove c’è quindi spazio per un casting. A 19 anni, 5 mesi e 7 giorni compiuti, Tonali è così diventato il 24esimo esordiente azzurro più giovane nella storia, e mentre Brescia festeggiava ha dichiarato che «sì, rimarrà un momento indimenticabile, ma l’obiettivo è entrare nella lista dei 23 all’Europeo».

LUCIDO NEL MOMENTO DELLA GIOIA
Tonali si dimostra lucido anche nel momento di gioia, ed è una qualità che gli sta consentendo un’ascesa costante. Quel che stupisce infatti è che non abbia subìto l’impatto con la Serie A, dove era atteso al varco, e che il suo gioco sia efficace anche nel massimo campionato, soprattutto perché il Brescia non può dominare tutte le gare come in B. Tonali sta crescendo in una misura direttamente proporzionale alle difficoltà che è chiamato ad affrontare: non è un caso che le sue migliori prestazioni siano le ultime, e che siano quelle contro Juve e Napoli. È la conferma che Tonali non ha solo qualità sopra la media, ma anche la stoffa. Così rende naturale un’ascesa rapida e verticale che di naturale ha poco, e di certo si autoimporrà di non leggere questo articolo complimentoso, visto che alla sua età è un attimo illudersi che si possa vivere di rendita.