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 2019  ottobre 16 Mercoledì calendario

Tutte le fake news sugli Ogm

Il 78% della soia che circola nel mondo è transgenica e transgenico è il 74% del mercato del cotone. Il mais arriva al 26%. In Italia, però, è vietato coltivare Ogm e, quindi, siamo un Paese Ogm-free? Non proprio.
La carne e i formaggi che arrivano sui nostri piatti derivano da animali principalmente allevati a mangimi transgenici, mentre, per fare un esempio, tra i prodotti di origine vegetale la polenta bianca è uno dei tanti alimenti di importazione geneticamente modificati. Quindi, sia che mangiate carne sia che abbiate scelto di essere vegetariani, ingerite Ogm, perché fanno parte della dieta. Senza dimenticare che il cotone (Ogm) viene impiegato nei vestiti e nei cerotti. 
Questi dati per introdurre al «dove siamo», necessaria premessa al «cosa ci aspetta» nel campo dell’ingegneria genetica. Che gli Ogm non abbiano mostrato tossicità nell’uomo è una delle informazioni (pubbliche da anni, ma dure da assimilare) che Vittoria Brambilla - ricercatrice in botanica al Dipartimento di scienze agrarie e ambientali della Statale di Milano - ha spiegato lunedì scorso a Urbino in occasione dell’«Unistem Tour». E’ la serie di eventi promossi dalla scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo a favore degli studenti di numerose scuole superiori italiane: potranno così ascoltare e dialogare con alcuni tra i migliori ricercatori italiani nei prossimi mesi, fino a tutto il 2020.
Smontata la bufala più ingombrante, il campo è sgombro per spiegare le novità: «Grazie alla ricerca di base e alle applicazioni nel miglioramento genetico, la resa delle colture, in 20 anni, è aumentata. Una buona notizia - specifica Brambilla - ad ascoltare gli scenari di un Pianeta popolato da quasi 10 miliardi di individui entro il 2050». E, intanto, al di là della genetica, l’agricoltura tradizionale ha fatto passi enormi. Tuttavia non sufficienti a fare fronte alla crescita demografica, senza contare i milioni di indigenti già condannati alla nascita in molti Paesi. 
Così Brambilla e il suo team, nel proprio laboratorio, hanno rivoluzionato la coltura del riso: «Abbiamo scoperto due geni che ritardano la fioritura e, grazie all’editing genetico, li abbiamo resi inattivi, abbreviando il ciclo colturale». L’editing genetico consente modifiche «puntiformi», utili a «silenziare» o bloccare l’azione di particolari porzioni del Dna. «Sempre nel riso ci sono alcuni geni - continua - che conferiscono suscettibilità al fungo che causa una malattia chiamata "brusone": è bastato inattivarne alcuni tramite la tecnica Crispr per rendere le colture più resistenti».
Eppure Ogm come il mais resistente agli attacchi dell’insetto piralide e il «Golden rice», capace di produrre vitamina A per sopperire alle carenze in molte popolazioni, spaventano ancora, perché sembrano «contronatura». Basterebbe invece spiegare che anche nell’agricoltura tradizionale c’è, in realtà, poco di «naturale», così come inteso da un certo ambientalismo estremo: l’uomo ha cominciato ad addomesticare le piante 10mila anni fa, nel Neolitico, quando l’ambiente offriva cibo poco nutriente o indigesto. «Altro che "naturale": lo stesso mais tradizionale risulta da modifiche ad opera dell’uomo a partire da una antica pianta poco nutriente chiamata "Teosinte", mentre il pomodoro selvatico di allora, a livello nutritivo, valeva molto poco e anch’esso è stato migliorato, incrociando varietà migliori». 
Abbiamo manipolato l’ambiente da sempre e tuttavia la reazione del pubblico è pessima: se la scienza è fatta di dati, la percezione del rischio è questione tutt’altro che razionale. «Su questo hanno puntato certe campagne, per esempio di Greenpeace, che raffiguravano persone, in campi Ogm, coperte con tute da pericolo biologico». Finora, quindi, l’agenda politica si è adeguata. Tanto che le regole Ue sono chiare: i Paesi membri possono coltivare a loro discrezione, ma solo alcune semine autorizzate e la maggior parte dei Parlamenti ha detto «no» al biotech. Italia compresa. Brambilla e i suoi colleghi, così, sono costretti a studiare le migliorie al riso solo in laboratorio. «Tutto ciò ha ripercussioni negative sull’agricoltura italiana. Un esempio è il mais: sistematicamente colpito dalla piralide, la sua produzione viene abbattuta anche del 50%».