Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  ottobre 13 Domenica calendario

L’Unione femminile nazionale compie 120 anni

Gli anniversari sono un’opportunità per fare un bilancio, per tenere viva la memoria, per riconoscere i meriti di persone il cui ricordo sbiadisce con il tempo: per questo è utile il libro A  ttraversando il tempo, pubblicato da Viella in occasione dei 120 anni dell’Unione femminile nazionale.
Era il 1899, racconta la curatrice Stefania Bartoloni nel primo capitolo, quando in quattordici (compresi tre uomini) si riunirono a Milano per dar vita all’organizzazione che diventò presto un punto di riferimento nella galassia di centri, associazioni, enti ruotanti attorno alla donna. Nel libro si ripercorre la storia dell’Unione, soffermandosi sui momenti difficili come l’ingiunzione a chiudere i battenti del regime fascista o il salto di qualità compiuto dopo il ’45, quando prese corpo una dimensione anche politica dell’organizzazione. L’indagine poggia su otto saggi, frutto di uno scavo del ricco archivio del palazzo di Corso di Porta Nuova. Molto interessanti sono i profili di alcune donne protagoniste nell’Unione, qui ricostruiti e tratteggiati: dare un nome e un volto a queste figure, entrare nelle loro vite, aiuta a capirne non solo la grandezza ma anche il contesto nel quale esse si muovevano, i valori che difendevano, le ingiustizie cui si opponevano.
Esemplare la ricostruzione offerta da Paola Stelliferi sull’estenuante battaglia della senatrice Tullia Carettoni Romagnoli contro le discriminazioni di genere. Dedita alla militanza sin dall’esperienza nel Partito d’Azione, quindi passata alla Sinistra indipendente dopo l’adesione al Psi, Carettoni Romagnoli è tra coloro che non possono vantare un successo politico conclamato, ma che hanno aperto la strada – con passione e pervicacia – a risultati successivi che non si sarebbero concretizzati senza il loro apporto. Com’è successo, ad esempio, alla costituente Teresa Mattei, uscita sconfitta dalla bocciatura del provvedimento che schiudeva alle donne le porte dei pubblici uffici e della magistratura: esito che si ottenne solo nel ’63, ma che recava la traccia storica della politica fiorentina. Carettoni Romagnoli tra il ’76 e il ’79 lottò al Senato per far varare una legge che avrebbe migliorato la condizione femminile tout court  , spendendosi anche per l’istituzione di una commissione parlamentare. Il saggio illumina minuziosamente i diversi passaggi, gli incoraggianti passi avanti seguiti da deludenti arretramenti, le sterili contrapposizioni tra i partiti che penalizzavano l’interesse comune. L’impianto del disegno legislativo ne risultò ridimensionato (benché avesse contribuito alla legge del ’77 varata da un’altra grande donna, Tina Anselmi) e ridotto all’eliminazione della causa d’onore dal Codice penale. Eppure, dopo il caso di Franca Viola (la ragazza siciliana che rifiutò di sposare il suo stupratore e ottenne giustizia dai giudici) che risaliva al ’66, si dovette aspettare il 5 agosto 1981 perché il provvedimento fosse licenziato. Cioè quando la sua ispiratrice sedeva ormai tra i banchi del Parlamento europeo, dove era stata eletta due anni prima.
Attraversando il tempo si sofferma anche su temi sociali come la lotta alla prostituzione. La ricognizione di Laura Schettini sul Comitato italiano contro la tratta delle bianche nei primi decenni del XX secolo fa luce sull’orribile commercio nazionale e globale delle schiave del sesso e sulle iniziative che furono messe in campo per contrastarlo. «Si strinsero e solidificarono legami tra militanti, uomini e donne che formarono un importante capitale sociale e una fonte di contributi: avvocati, giuristi, medici, tra cui Luigi Majno, Camillo Broglio, Edoardo Porro» scrive l’autrice. Su questo tema c’è anche un articolo di Maria Ryger, riportato nell’appendice, che testimonia l’attività conoscitiva e di denuncia dell’Unione femminile.
Altro ritratto interessante è quello che Alessandra Gissi dedica ad Anna Del Bo Boffino, traduttrice, corrispondente da Parigi per «l’Unità» negli anni Cinquanta, poi attiva nella redazione della popolare rivista «Duepiù» (nel 1973 superò le 400mila copie), infine approdata ad «Amica»: le lettere di lettrici e lettori sulla sessualità, il corpo, il disagio femminile riflettono un’effervescente stagione di cambiamento. Sono gli anni in cui il femminismo prende la scena, e temi come la contraccezione, la libertà sessuale, l’aborto, il divorzio occupano il dibattito.
Non si possono qui menzionare tutti i contributi del volume, ma vale la pena fare un cenno alla “Scuola dei genitori”, un progetto lanciato nei primi anni 50 dalla vicepresidente dell’Unione Maria Giovanardi Metz, in qualche modo antesignano di quel «Giornale dei genitori» che Ada Gobetti avrebbe diretto dal ’59 al ’68: un’idea che fa dell’educazione – e della consapevolezza e maturità di chi la impartisce – una assoluta priorità. Padri e madri diventano così “studenti” che si confrontano e cercano di capire come far sì che i loro figli divengano i cittadini di domani. La sfida, sintetizza Patrizia Montani, è quella di evitare «da un lato l’eccessivo autoritarismo e dall’altro una completa rinuncia alla necessaria guida autorevole dei genitori».
In appendice, come si accennava, si ritrovano documenti, lettere, immagini. Come quella della copertina di un libro di Del Bo Boffino, Figli di mamma. Il sottotitolo recita «La donna sarà pari all’uomo quando un bambino, cadendo, chiamerà indifferentemente “papà” o “mamma”». Come siamo messe, nel 2019?