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 2019  ottobre 12 Sabato calendario

I 5 Stelle si sfasciano

Dieci anni dopo abbiamo un parlamentare grillino su quattro che non paga la quota al partito, e la cassa è in rosso. Dieci anni dopo abbiamo parlamentari grillini che sentono scricchiolare la nave e fuggono in Italia Viva di Matteo Renzi e in Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. E abbiamo i grillini indagati, abbiamo l’ormai nota disponibilità a governare con chiunque (dalla Lega al Pd) pur di stare al potere, in sostanza abbiamo una pagina bianca come scelta migliore per simboleggiare 10 anni di Movimento Cinque Stelle, nato ufficialmente il 4 ottobre 2009 quando Beppe Grillo annunciò la nascita del partito (che è un partito, alla fine) assieme a Gianroberto Casaleggio che intanto è morto per non vedere, forse, com’è ridotta la sua creatura oggi. Al decennale sarà dedicata una due giorni che ci sarà oggi e domani a Napoli (città ridotta come il movimento) alla quale il Fatto Quotidiano ha dedicato uno spazio paragonabile a quello che l’Unità dedicava alla festa omonima. Decidere una data per il decennale non è stato semplice, visto che la memoria si perde anche nei «vaffanculo day» degli anni precedenti (il primo fu l’8 settembre 2007) mentre altre campagne antipolitiche risalgono addirittura al 2005. Diciamo che nel weekend ricorrerà l’anniversario più elettorale, quello che al Teatro Smeraldo di Milano precedette le elezioni comunali e regionali del marzo 2010: da allora – giudizio nostro – i grillini sono stati come un’erba infestante che ha invaso tutto e ha ucciso tutto, ma non ha prodotto niente: sicché ora, al governo, i teorici figli di Casaleggio (uno dei due) ballano sul cadavere di una vecchia politica a cui assomigliano sempre di più, perché ne hanno assorbito solo i difetti. 

IL MITO DELL’ONESTÀ
Casaleggio senior, per cominciare, è morto a puntate assieme a ogni rivoluzione internettiana. Le dirette streaming non ci sono più, e questo significa essenzialmente che non c’è più nemmeno la possibilità teorica – remotissima già ai tempi – che un iscritto possa intervenire. I giornali di carta, invece, ci sono ancora: non stanno benissimo, ma il dogma secondo il quale i giornalisti «sono tutti morti» è passato in cavalleria. Anche il Blog c’è ancora, ma non è più quello di Grillo, e se lo filano in pochi. La piattaforma Rousseau è tecnicamente squalificata e i primi a diffidarne sono proprio i grillini, i parlamentari in particolare: non volevano neppure che la base fosse consultata dopo la scelta di governare col Pd. Dell’idea di un governo mediato dalla rete non parla più nessuno, e non esiste nessun vero dibattito che permetta a un iscritto di valere ugualmente «uno». E se di democrazia interna è meglio non parlare (e neanche esterna) c’è anche il mito dell’onestà che si scontra con la disillusione popolare: nel marzo scorso un sondaggio di Agorà (Raitre) diceva che il 61 per cento degli italiani pensava che tutto fosse finito con l’arresto di Marcello De Vito, ex vicepresidente dell’assemblea capitolina finito dentro per corruzione: e altri arresti dovevano ancora venire. Quello che resta è sicuramente il grillismo come vittoria culturale, come deserto politico, un tutto-uguale-a-tutto dove l’asticella è a terra e tutto può essere detto, fatto, negato, inventato, una notte in cui tutti i gatti sono grigi, in cui tutti i politici sembrano grillini, in cui tutti i grillini sembrano ormai politici nel senso più antipolitico del termine. Sono comparse le primedonne, le piccole correnti, mentre i sotterfugi da scolaresca c’erano già prima. Il divieto di andare in tv è caduto, abbassando la media del dibattito televisivo ai livelli che possiamo vedere. È stato formato e poi sciolto un fantasmatico «direttorio» nazionale e dapprima uno romano per la fallimentare – a detta di tutti – sindaca Virginia Raggi. Hanno deciso che serviva un capo politico e si sono inventati Luigi Di Maio, presto inciampato in una penosa storia di familismo molto italiano. È caduto anche il divieto di fare alleanze (14 mesi con la Lega, poi oplà, il Pd) mentre l’unico dato politico certo è il calo dei consensi.

UNO VALE UNO?
I delusi di destra e di sinistra a cui si rivolgeva il movimento, ora, sono definitivamente delusi e basta: restano sacche di frustrati, bramosi di redditi di cittadinanza, ambientalisti alla Greta Thunberg, gente disperata perché «gli altri sono peggio» ma sempre meno convinti che sia la verità: lo dicono i numeri, lo dice l’incredibile numero di promesse rimangiate, da «mai con la Lega» a «mai col Pd», da «basta premier non eletti» a «rimetteremo l’articolo 18», da «mai condoni edilizi» al condono per Ischia infilato nel decreto per Genova, da «no ai vaccini obbligatori» ai vaccini obbligatori, dall’Ilva più forte di prima a un reddito di cittadinanza da fame e da imbroglioni, dal gasdotto Tap da abolire in due settimane al gasdotto Tap che si farà (non menzioniamo neppure il Tav, per pietà) come pure si faranno le trivellazioni nell’Adriatico, e il Terzo valico ferroviario, e l’appalto per i jet militari F35, ed il Muos americano nella riserva della Sughereta in Sicilia, e il finanziamento statale a banca Carige dopo aver detto che i governi non devono salvare banche. Continuate voi, scrivete voi. Uno vale uno.