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 2019  ottobre 10 Giovedì calendario

Il trattato di filosofia di Charlotte Casiraghi

Il libro di Charlotte Casiraghi Arcipelago delle passioni (La Nave di Teseo, pagg. 400, nella traduzione di Sergio Arecco), scritto a quattro mani con il filosofo e critico del quotidiano Libération Robert Maggiori apre un mondo insospettabile: è una bella sorpresa, una specie di miracolo narrativo capace di abbattere tutti i preconcetti. Il nome di Charlotte è spesso accostato allo scintillio del jet set, al mondo dorato della moda, a quello esclusivo dell’equitazione e ai pettegolezzi da parrucchiere. Invece ecco che la principessa ha scritto con il prof del liceo un piccolo trattato di filosofia. Charlotte è rimasta orfana di padre a quattro anni. Stefano Casiraghi lo ricordiamo tutti. Un bel giovane che morì troppo presto. Forse un velo di quella malinconia – quella per intenderci che resta a chi perde un genitore troppo presto – è sceso sulla figlia. Che ha dedicato il libro al padre. Lo dice nell’introduzione: ciò che trattiene è l’emozione. Il libro è diviso in capitoli. Ognuno dedicato ad una passione umana. Dal coraggio, all’amore, alla cattiveria, dalla crudeltà alla gioia, dalla gelosia all’odio. La chiave per comprendere questi moti dell’animo resta la stessa per entrambi gli autori: la filosofia. A cui nessuno può dire di sentirsi estraneo. Charlotte ha confessato che, accanto all’equitazione, la passione della sua vita è proprio la filosofia. Perché le permette di abbracciare lo scibile umano e soprattutto la genesi dei comportamenti. la lingua chiara I due sanno scrivere. Hanno a disposizione una lingua chiara (la chiarezza cartesiana è proprietà francese), i capitoli sono medaglioni da leggere in maniera anche autonoma. Come brevi novelle autosufficienti. Si sente in alcuni – più marcata – la mano femminile. Certi passaggi sono aperti al mondo contemporaneo, sanno di più fresco. In certi punti il linguaggio è psicanalitico: quando si parla di flusso efferente dell’ablatività si tende a complicare le cose ma l’effetto è il frutto di letture mirate (la bibliografia fitta in fondo al libro occupa quasi venti pagine). L’aggettivo “efferente” indica per definzione condotti, vasi sanguigni e linfatici attraverso i quali i liquidi organici vengono allontanati da un corpo. L’ablatività è quel sentimento amoroso per cui ci si dimentica perfino di sé stessi, la condizione estrema dell’amore per cui c’è prima l’altro e poi veniamo noi. È di certo il segnale di un’attenzione maggiore verso lidi più psicanalitici, alla Recalcati, per intenderci, che filosofici. Nella post-fazione i due scrivono che forse avrebberopreferito usare un approccio più psicanalitico anche se talvolta l’hanno sfiorato. l’elenco A volte mi è sembrato di leggere Francesco Alberoni ma non è una critica. Charlotte e il suo mentore Maggiori hanno riportato in auge in Francia (il libro è uscito per Seuil nel 2018) ciò che Alberoni aveva fatto oggetto dei propri studi anni fa: Innamoramento e amore, per esempio, fu un testo – per quanto criticato – molto venduto, anzi vendutissimo. A differenza di Alberoni qui c’è una maggiore dedizione alla filologia delle passioni. Esse vengono dissezionate in maniera minuziosa, a principiare dall’etimologia che viene sempre declinata con ghiotta precisione arrivando anche a conclusioni moderne. Quando si parla della gentilezza, per esempio, si fa riferimento non soltanto del verbo gignere – generare (indicando la stirpe da cui si proviene e quindi con un’accezione positiva), ma si osserva che oggi – nel nostro mondo liquido – tale qualità è forse divenuta sinonimo di dabbenaggine. È una passione fragile perché non riesce ad arginare il male e non può fare il bene. Però senza la gentilezza il mondo non sarebbe umano. E la gelosia, quando diventa una condizione patologica? L’odio, come l’amore, non sono poi – alla fine – le vere passioni dominanti delle nostre esistenze? E la crudeltà? In essa non c’è solo bestialità ma anche intenzionalità. Alcune azioni crudeli sono guidate da un calcolo preciso, altre da un istinti di sopravvivenza. E poi la dolcezza che non va confusa con la mielosità ma è un’intelligenza del bene, la capacità di custodire l’altro. Le passioni sono vere e proprie potenze. Sono sostanze che non permettono di vivere troppo a loro contatto. Non si possono inalare troppo. Siamo frangibili e rischieremmo di bruciarci al contatto dell’odio e dell’amore. Eppure sono loro a farci sentire vivi. Per questo vale la pena attraversare le 400 pagine dell’Arcipelago delle passioni, immergersi un atlante sentimentale, che è una bussola nel complicato mondo delle nostre emozioni.