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 2019  ottobre 08 Martedì calendario

Storia delle pozione magiche

Per Cangrande della Scala, nobile condottiero di Verona, nel 1329 la digitale è stata fatale: probabilmente si trattò di un delitto – in quel periodo non si andava per il sottile nell’eliminare rivali, oppositori, parenti scomodi – o forse di un dosaggio sbagliato. Perché secoli dopo, la stessa digitale è diventata il principio attivo di farmaci usati per curare il cuore. È la sorte di molte sostanze: rivelarsi letali o diventare salvifiche. E tra veleni, pozioni magiche, farmaci miracolosi, cosmetici e incantesimi, delitti, guarigioni, allucinazioni, nella storia umana si sono sviluppati intrecci profondi e imprevedibili, dando vita a leggende, storie, misteri dal fascino imperituro. Ci sono domande a cui dai tempi dell’infanzia cerchiamo una risposta: la famosa principessa della fiaba nota a tutti, quella che baciava il rospo e la simpatica bestiola si trasformava in un fascinoso principe, era davvero solo una creazione fiabesca, la protagonista di una leggenda popolare rivisitata, o nasconde una qualche verità? Il rospo brufo è ricoperto da una sostanza viscida che possiede proprietà allucinogene. La ragazza, baciandolo, potrebbe essere caduta in quello stato di beatitudine alterata, in cui anche un rospo appare come un bel ragazzo. E come non pensare alla povera Giulietta, al farmaco che prima la fa cadere in un sonno profondo come la morte e poi al veleno che la fa addormentare per sempre... Ma fu davvero suicidio d’amore o fu un altro delitto mascherato? Sappiamo come Shakespeare risolse la faccenda, raccontandola a modo suo, però i dubbi rimangono. E tutto, ancora una volta, ruota intorno a una pozione.

SPERIMENTAZIONI
Suggestioni simili, e a molte altre curiosità e scoperte inaspettate, offre la mostra Veleni e magiche pozioni. Grandi storie di cure e di delitti, organizzata a Este, in provincia di Padova, presso il prestigioso Museo Nazionale Atestino, con il patrocinio della Regione Veneto, curata da Federica Gonzato e Beatrice Vicentini. La rassegna, che presenta un gran numero di reperti, manufatti, minerali, animali sotto spirito, quadri, in un percorso interdisciplinare, aprirà i battenti il 19 ottobre e chiuderà il 2 febbraio 2020. «Il tema è sconfinato», spiega a Libero una delle curatrici, l’archeologa Federica Gonzato, che è la direttrice del Museo, «ma noi abbiamo cercato di spiegare, in primo luogo, che l’uomo, fin dai primordi della sua storia, ha dovuto procedere per tentativi, per sperimentazioni. Lo vogliamo fare con questa mostra che è stata allestita attraverso rigorosi criteri scientifici, insieme alla volontà di esprimere concetti difficili in modo semplice e chiaro, accattivante, adatto ad ogni tipo di visitatore». E per tornare all’uomo preistorico alle prese con erbe medicinali, sostanze velenose, funghi allucinogeni, «ha dovuto scoprire, a proprie spese, che una sostanza, usata in un certo modo, può dare salvezza, oppure portare distruzione e morte». E bisognerà arrivare al 1500, con Paracelso, per imparare il concetto di dosaggio: una dose di una certa sostanza può medicare, e viceversa può far morire. Del resto, l’ambivalenza, anzi la trivalenza, è insita nello stesso sostantivo greco farmakon, che può significare veleno, pozione magica, medicina. «Pensiamo ai cosmetici», spiega ancora Federica Gonzato, «dai tempi più remoti le donne hanno imparato a truccarsi e a dare la tinta ai capelli. Non si può neppure immaginare quante donne siano rimaste intossicate dai cosmetici usati, che a lungo hanno contenuto metalli pesanti. Il problema è stato preso in considerazione solo verso la fine del Settecento. E se Cleopatra si è avvelenata con il morso di una vipera – anche in questo caso, siamo, proprio sicuri che si sia trattato di suicidio? – ecco che millenni dopo il siero di vipera viene usato come principio attivo per creme antirughe».