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 2019  ottobre 08 Martedì calendario

Intervista a Renata Polverini

Renata Polverini è di destra quando si arrabbia, di sinistra quando sta tranquilla.
Perdo le staffe di rado, però a volte ci vuole. Col tempo e l’età ho imparato ad apprezzare la giornata moscia, la piccola fetta di noia quotidiana, il massaggio ai piedi, il mare al mattino presto.
Più aggressiva da governatrice del Lazio.
Avevo poco più di quarant’anni, l’ansia di prestazione, la voglia di fare, il senso del dovere.
Immortale quel comizio a Genzano in cui chiamò “zecche comuniste” i contestatori di sinistra che protestavano.
Erano quelli con i cani.
I punkabbestia.
Li avevo addosso dalla mattina, mi inseguirono in tutti gli appuntamenti di quella campagna elettorale e allora non ce la feci più.
Zecche comuniste!
E che cazzo! Non è una medaglia nel curriculum, anzi mi costa rievocare quel momento però io mi sentii bene, liberata.
Era pugnace, volitiva, molto di destra.
Moltissimo no. Mai stata nel Msi per esempio. Hanno diffuso una mia foto col braccio alzato. Hanno manipolato il frame e con un fermo immagine pare che io faccia il saluto romano.
Acqua passata. Comunque tanta acqua: dal Duce al Truce.
Sul duce rido e sorvolo. Chi sarebbe il truce?
Lei combatte il trucismo del nuovo centrodestra e poi se ne va con Matteo Renzi.
Io ho scelto Forza Italia perchè era il partito delle libertà civili. Mi sono accorta invece che la sua posizione odierna è supina al sovranismo leghista, ostaggio del fuoco salviniano. Questa cosa non mi interessa, non fa per me. Che politica è quella sull’immigrazione? La mia proposta di concedere ai ragazzi con un corso regolare di studi la cittadinanza non è una concessione all’animo buono, ma un modo per integrare le culture, di tentare di non sprofondare nei ghetti come in Francia. L’emarginazione porta alla delinquenza, incide sulla coesione sociale. Un diritto in più agevola la costruzione di una cittadinanza consapevole dei diritti e dei doveri e non di sbandati incattiviti e senza identità civile in giro per le città.
Lei era segretaria dell’Ugl.
L’ho fatta conoscere, avere un peso politico, tirata via dalle catacombe.
Grazie a Floris, allora conduttore di Ballarò.
Prima di invitarmi al programma mi fece fare due lunghissime interviste tecniche. Mi provò, voleva capire chi fossi, quali idee avessi.
Superò la prova brillantemente.
Direi proprio di sì.
Più che il suo sindacato, conoscemmo lei. Renata, la sindacalista gnè gnè. Gnè con la destra, gnè con la sinistra.
Avevo bisogno di accreditare la mia struttura, farla entrare nel vivo delle relazioni. Furono anni splendidi: a proposito di relazioni, seppi costruirne di variegate e potenti. Dire che non mi abbiano aiutato nella carriera personale sarebbe un’ipocrisia.
La Ugl l’ha scaricata. Anzi, è a processo per l’utilizzo delle carte di credito del sindacato. Acquisti personali fatti pagare alla cassa comune. Quel viaggio a New York, l’intimo di Victoria Secret.
È stata una porcata fatta a me. Fango per sporcare il mio viso, solo per quello. Una porcata decisa quando hanno scelto di svendere il sindacato a Salvini. Quelle carte di credito erano in dotazione al mio ufficio, ma non per le mie spese personali. Furono acquistati piccoli doni e regali ai colleghi non certo a miei amici. La titolare ero io, in quanto segretaria. Ero io titolare dell’ufficio, ma la firma era di altri.
Comunque è passato tanto tempo.
Infatti non capisco perché lei rievoca, intigna. Ha sempre bisogno di essere così cattivo?
La vedo già parlare a nome del gruppo di Italia Viva a favore del governo.
Com’è profetico…
Un mese, massimo due. Per Natale è contributrice netta di Giuseppe Conte. (Passa in Transatlantico Annagrazia Calabria, collega di Forza Italia e si avvicina: Renata, non ci far leggere sui giornali quello che farai, dai parliamone!)
Va bene.
Tutti la cercano, la tirano per la giacca. Intanto domani si vota a favore del taglio dei parlamentari.
È una stronzata, ma si deve votare sì.
Sta per tagliare il ramo su cui è seduta.
E che non lo so? Ma tira un vento nel Paese che non ammette riflessioni, resistenze, pensieri ostili.
Un peccato. Magari ci rimette la poltrona.
Non ho più ansie da prestazione. Mi sono sempre pagata volontariamente i contributi pensionistici per il mio lavoro precedente alla politica. I colleghi mi dicevano: ‘Ma perché spendi questi soldi, abbiamo il vitalizio’. E io: ‘Non si sa mai’. Hai visto ora col vitalizio come siamo messi? Sono spendacciona ma in certe cose una formica perfetta. Sa che ho anche un’assicurazione privata sanitaria oltre quella della Camera?
Lei è troppo tranquilla, ha la faccia di una quota 100.
Posso andare in pensione, sì.
Bisogna ringraziare Salvini, lo ricordi. Per chi fa politica anche una grande libertà.
È una grande libertà, la pensione è una grande rete di protezione che ti libera dagli assilli.
Potrà andarsene con Renzi e magari fare in futuro ulteriori capriole.
Potrò fare e dire tutto, ah ah ah.
Ammettiamo che domani il Parlamento decida di chiudere le Regioni.
Io direi assolutamente sì. Le province hanno un senso, le regioni no.
Detto da una governatrice.
Troppo grandi, troppo pesanti. Da chiudere assolutamente.
Renzi è paraculo.
È bravo invece.
Troppo disinibito.
Scaltro, efficace.
Ha solo il quattro per cento.
Con tre interviste ha già fatto il quattro.
E se resta imbullonato sotto al cinque?
Buonasera.