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 2019  luglio 16 Martedì calendario

«Il Califfo è in Libia»

Il numero uno dello Stato Islamico Abu Bakr al Baghdadi, il califfo già dato per morto innumerevoli volte e puntualmente risorto, sarebbe ora in Libia. Questo almeno è quanto sostiene l’ex ministro dell’Interno iracheno, lo sciita Baqir Jabr al Zubaidi, influente membro del Consiglio islamico supremo dell’Iraq, il quale assicura di aver ricevuto delle conferme, da fonti a noi ignote, di quanto già le forze di sicurezza del suo Paese ritenevano. Effettivamente una logica c’è, in quanto mentre l’Isis è stato praticamente sconfitto in tutto il territorio tra la Siria e l’Iraq, in Libia si starebbe invece rafforzando approfittando della guerra civile e della “disattenzione” degli Stati occidentali impegnati in una partita a scacchi le cui pedine principali come si sa sono il governo ufficiale di Tripoli da una parte e il generale Haftar dall’altra. Al Zubaidi parla anche di un discorso che il redivivo sarebbe pronto a trasmettere dal suo nascondiglio libico «per incitare le cellule dormienti in Iraq e in Medio Oriente a compiere operazioni terroristiche». L’ULTIMO VIDEO Per la verità solo qualche giorno fa dalla Libia aveva parlato in un altro video uno dei leader locali del Califfato, Abu Musab al Libi, uno dei terroristi “most wanted” del Dipartimento della Difesa americano, più volte catturato ed evaso in passato, dall’Afghanistan in poi. Un terrorista veterano dunque, che dal sito Amaq, uno dei tanti vicino all’Isis che ancora sopravvivono nonostante tutto, in un discorso di 40 minuti tenuto nel deserto di fronte a una milizia di decine di jihadisti minaccia la Libia e l’Europa, promettendo una nuova escalation di attentati e violenza. Cosa che peraltro in Libia è già abbondantemente iniziata, e non solo per la guerra civile in atto, ma proprio perché il Califfato non ha perso tempo per approfittarne. In aprile ad esempio l’Isis ha rivendicato un attacco compiuto per vendetta «per i territori persi in Siria» da un gruppo di uomini armati nel villaggio di Al Fuqaha, nel distretto di Giofra, nella Libia centrale. L’attacco è avvenuto peraltro solo qualche giorno prima dell’ultimo video pubblicato in rete proprio Al Baghdadi che per l’occasione è ricomparso dopo cinque anni visibilmente invecchiato e ingrassato. Nel video, che comunque non è chiaro quando sia stato registrato, il Califfo riconosceva la sconfitta a Baghuz, ultima roccaforte del gruppo nella regione, sull’Eufrate tra il confine siriano e quello iracheno. Nella stessa zona è in corso da qualche settimana un’operazione delle forze di sicurezza irachene chiamata “Victory Will”, lanciata per fare piazza pulita degli ultimi miliziani dell’Isis ancora presenti sul territorio. Ed è nel corso di questa operazione lungo l’Eufrate che l’intelligence irachena ha ottenuto informazioni “certe” relative ad Al Baghdadi. VIAGGIO PROTETTO Resta però da chiedersi come abbia fatto il califfo, che è uno degli uomini più ricercati al mondo, ad arrivare in Libia dalla Siria. Via terra, via mare o addirittura via cielo, è ovvio che il numero uno dell’Isis gode ancora di coperture ad alti livelli di governi che hanno tutto l’interesse per scatenare il caos in Libia. Secondo Tripoli la responsabilità sarebbe dello stesso Haftar, i cui funzionari avrebbero procurato permessi e visti contraffatti ai siriani per permettere loro di entrare in Libia, attraverso l’aeroporto di Benina – situato a est di Bengasi -, che copre la tratta Benina-Damasco. Ma è anche vero che Haftar per il momento è quello che ci rimesso di più: i suoi campi di addestramento si trovano infatti nella stessa zona dove l’Isis si starebbe ricostituendo e sono stati più volte attaccati.