Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  luglio 15 Lunedì calendario

Biografia di Gabriel Garko

Gabriel Garko (nato Dario Gabriel Oliviero), nato a Torino il 12 luglio 1972 (47 anni). Attore. Ex modello. «Più persone mi desiderano, meglio è» • «Ora sono Gabriel Garko anche all’anagrafe. Ho scelto un nome d’arte per la privacy: all’inizio non volevo coinvolgere troppo la mia famiglia nelle mie follie di spettacolo. Ma Garko viene da Garchio, un cognome che appartiene al ramo materno» • «Una famiglia numerosa: papà Claudio di Vicenza pasticciere, mamma Isabella di Catania casalinga e quattro figli, tre femmine e un maschio. Il prediletto? “Assolutamente no! Semmai il contrario: sempre in minoranza rispetto alle mie sorelle”. Però è stato il papà a fargli nascere la passione per il cinema: “Sin da piccolo mi portava sempre con sé. La prima pellicola che mi affascinò e spaventò molto fu King Kong. Lì ho capito il potere della finzione che mi trasportava in una realtà irreale. Forse fu allora che decisi di fare l’attore”. E pensare che da ragazzino non si faceva neanche fotografare: “Odiavo la fotografia! Non sopportavo di comparire nemmeno in un filmino domestico: se qualcuno mi puntava addosso la cinepresa, fuggivo. Non ho mai partecipato neanche a recite scolastiche”. Un tipo schivo. “Schivo ma scatenato. Quando ero piccolino mia madre mi portava a spasso col guinzaglio”. Come un cagnolino? “Eh, sì! Mi metteva la pettorina e il guinzaglio perché scappavo”» (Emilia Costantini). «Ero […] la peste di casa, un piromane mancato: ero affascinato dal fuoco. A nove anni ho mandato in fiamme un campo di grano, per vedere l’effetto che faceva. Incendiavo i giocattoli, soprattutto i Lego, che, sciolti, gocciolavano sul parquet. Una volta ho acceso tutti i fornelli e bruciato l’intera cucina» (a Lavinia Farnese). «Possiamo immaginare i risultati a scuola. “In condotta voti bassissimi, sono stato sospeso più volte. Il rendimento scolastico, così e così: se mi era simpatico il professore, studiavo, altrimenti… Mi ero innamorato della professoressa d’italiano, era bellissima, e nella sua materia prendevo bei voti”» (Costantini). «Lei ha deciso di diventare attore giovanissimo, vero? “Da bambino ero incerto tra il pilota e l’attore. Poi, quando sono diventato troppo alto per fare il pilota, ho deciso che il mio futuro sarebbe stato recitare. Qualcuno dice ‘purtroppo’, ma a me non importa”» (Simonetta Robiony). «Mia madre sognava per me il lavoro di carabiniere o avvocato: tutto tranne questo lavoro». «Diciottenne, bussò alle porte del mondo dello spettacolo forte solo del suo aspetto fisico. “Mi alzavo alle quattro del mattino per aiutare mio padre a consegnare le paste e le torte, di giorno avevo un altro lavoretto e poi la sera da Settimo Torinese correvo in Liguria per partecipare alle selezioni del Più Bello d´Italia”. Naturalmente arrivò primo, ma la notte dell´elezione ci ripensò e l´indomani riconsegnò fascia, corona e titolo: “Mi vidi in trappola, un anno intero a fare il reginetto e quant´altro, ospite di qua e di là in costume da bagno, e così scappai”» (Laura Laurenzi). «Nella vita ha fatto anche il carabiniere: “Per il servizio di leva, scelsi di indossare la divisa della Benemerita. In quel periodo ero già un po’ noto, ma giustamente nell’Arma venivo trattato come tutti gli altri”» (Costantini). «L’esordio sullo schermo è con il corto Troppo caldo, con Francesca Dellera, regia di Roberto Rocco, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia nel 1995. L’anno dopo Rocco lo dirige ancora, il film è Una donna in fuga, ma la grande popolarità arriva con la tv. Nel ’98 è protagonista di Angelo nero, su Canale 5, in cui è un giovane restauratore vittima di una maledizione legata a un’opera d’arte. Nello stesso anno è nel cast di Paparazzi di Neri Parenti e poi nel film tv Rai Mashamal – Ritorno al deserto. E alla fine degli anni Novanta diventa il volto di punta di Mediaset: Tre stelle, Villa Ada, Il morso del serpente, Occhi verde veleno, Il bello delle donne (tre stagioni, dal 2001 al 2003, e un Telegatto per lui). Torna al cinema nel 2001, è bravo nell’interpretare un malato terminale di Aids in Le fate ignoranti di Ferzan Ozpetek» (Alessandra Vitali). «Quel ruolo […] è uno dei miei preferiti. Sono dimagrito quindici chili in meno di un mese, praticamente ho digiunato, per calarmi meglio nella parte. Pur di recitare con Ozpetek accettai di essere pagato una sciocchezza. Ma io amo moltissimo i ruoli in cui mi devo trasformare, cambiare radicalmente». Nel 2002 il debutto teatrale, addirittura al Piccolo di Milano, «diretto da Luca Ronconi in Quel che sapeva Maisie. “Proprio in quell’occasione ho avvertito l’inadeguatezza. Un giorno, mentre facevamo le prove, trovandomi con un regista del suo livello e con attrici del calibro di Mariangela Melato e Anna Maria Guarnieri, mi sono detto: cosa ci faccio qua?”. Si è dato una risposta? “Me la diede Ronconi, rassicurandomi con ironia: ‘Chi viene a teatro per vedere un mio spettacolo con la Melato e la Guarnieri, si becca te. Chi viene invece a teatro per vedere te, si becca noi!’”. Una risposta tagliente: “Ronconi era capace di grande dolcezza e di grande severità. Ricordo certe urla che emetteva all’improvviso, dal fondo sala, se in prova sbagliavamo qualcosa!”» (Costantini). «Nello stesso anno gira due film, Senso ’45 (coraggioso rifacimento in chiave erotica del Senso di Luchino Visconti) di Tinto Brass – è un ufficiale nazista sedotto da un’Anna Galiena particolarmente disinibita – e Callas Forever di Zeffirelli – è un giovane cantante lirico, nel cast Fanny Ardant e Jeremy Irons. Passa pure per il doppiaggio (nel 2004, la versione italiana di Il principe di Persia nell’omonimo videogioco). La consacrazione – dopo I colori della vita di Stefano Reali – è con L’onore e il rispetto» (Vitali). «Dalle ceneri del fotoro­manzo sbuca L’onore e il rispetto, versione televisiva di riviste come Grand Hotel che in altri anni erano la bibbia di parrucchieri e saloni di bel­lezza. […] Una storia di mafia dove i protago­nisti sono tutti belli e patinati, non c’è spazio per i toni dei grigi e i senti­menti sono tagliati con l’accetta (amore, odio, vendetta, onore e ri­spetto, appunto), trame intricate e tinte fosche: il mix che funziona. L’eroe è il mafioso Tonio Fortebracci (Garko), che ha scelto il Male per ven­dicare la morte del padre, aveva un fratello, Santi (Giuseppe Zeno), cha faceva il giudice antimafia, ma è sta­to ammazzato, e vive una storia di pas­sione con Carmela (Laura Torrisi), so­rella del suo nemico, il boss Rodolfo Di Venanzio (Vincent Spano). Fotoromanzo televisivo, concorda il regista Luigi Parisi: “È la definizio­ne giusta, il canone di riferimento è quello: è un romanzo popolare, un af­fresco televisivo”» (Renato Franco). «Seguiranno Io ti assolvo (boom di ascolti) e Il sangue e la rosa di Salvatore Samperi, ambientato nella Roma dell’Ottocento. Torna al cinema con Una moglie bellissima di Leonardo Pieraccioni e subito dopo in Aspettando il sole di Ago Panini, che lo mette alla prova nel ruolo di Samuel, ragazzo disadattato e dedito alla delinquenza. Nel 2010 veste i panni di un ufficiale fascistissimo e cattivissimo, Nito Valdi, nella serie Il peccato e la vergogna. Sempre nel 2010 esce il thriller Caldo criminale per la regia di Eros Puglielli, che lo dirige anche in Viso d’angelo. Per tutte queste interpretazioni, Garko ha vinto per tre anni consecutivi il premio come miglior attore protagonista del Roma Fiction Fest, sempre acclamato, all’arrivo al festival, come una rockstar» (Vitali). Particolarmente felice fu per lui il 2014, anno in cui «ha pure sfilato sul red carpet del Festival di Cannes insieme all’amica Asia Argento, che l’ha diretto nel suo Incompresa, applaudito nella sezione Un certain regard. Poco prima era andato in onda su Canale 5 (con sbandierata scena di nudo integrale, anche se quella cosa lì era coperta da un’ombra) Rodolfo Valentino. La leggenda, regia di Alessio Inturri, in cui con complicate coreografie e un sacco di kajal ha restituito appeal al seduttore di Castellaneta. […] "L’ho voluto in Incompresa perché credo che sia l’unico attore italiano dotato dello charme internazionale che avevano gli uomini di un tempo", ha detto Asia Argento, che al suo fianco ha messo Charlotte Gainsbourg, che nel film lo gonfia di botte» (Vitali). «Il 2015 e il 2016 sono anni pieni per Garko, che si cala per la quarta volta nei panni di Tonio Fortebracci e recita al fianco di Stefania Sandrelli in Non è stato mio figlio. Sul set di quest’ultima fiction incontra la collega e poi fidanzata Adua Del Vesco. Nel 2016 è al fianco di Carlo Conti, Virginia Raffaele e Madalina Ghenea sul palco dell’Ariston per il Festival di Sanremo» (Manuela Puglisi). Nelle vesti di valletto risultò però talmente impacciato che a un certo punto scelse saggiamente di far mostra di autoironia, al punto di leggere in diretta una delle tante battute sarcastiche pubblicate dagli spettatori su Twitter: «Ho letto un commento ora: "Spigliato, Garko: mi ricorda un pioppo che avevo in giardino”». «In conferenza stampa, aveva detto che deve leggere il gobbo perché “non posso certo imparare tutte le canzoni: sarebbe impossibile”. E pensare che ci sono dei suoi colleghi che sanno a memoria, mettiamo, l’Amleto, e magari perfino tutto. Quisquilie. […] Dietro l’ingaggio di Garko c’è un astuto calcolo di quel finto ingenuo che è Carlo Conti. Perché è vero che il suo Sanremone si vuole tradizionale e rassicurante, postbaudiano e neodiccì. Ma è anche vero che bisogna immettere nello schema consolidato qualche tocco di novità. […] Ed è curiosa, forse perfino coraggiosa questa inversione del gioco delle parti tradizionale: dopo decenni di belle donne in ruoli puramente decorativi, questa volta è l’uomo a star lì a farsi ammirare mentre sorride a vuoto e recapita mazzi di fiori. Dispiace per Garko, che alla fine non risulta nemmeno antipatico nella sua impacciata vacuità. Ma più valletta di lui c’è solo la Ghenea» (Alberto Mattioli). «Garko, ora che è finita, ce lo dice chi glielo ha fatto fare? […] “Ma io sono contento del mio Festival. Ho dato tutto”. Masochista? “Mi piacciono le avventure pericolose”. Allora lo sapeva, che andava sulla graticola? “Il mio approccio è stato da incosciente. Però, venire a Sanremo mi sembrava la strada giusta per cambiare registro”. […] Ha detto che le critiche l’hanno massacrata. “Non è stato così? Pago il pregiudizio della bellezza”. Sfortunato. “No, fortunato. Non nego che il mio aspetto fisico mi abbia aiutato. Ma ci sono nato, e l’ho sfruttato. Perché non avrei dovuto? Però, alla gente dà fastidio. Te la fanno pagare. Appena c’è l’occasione giusta, vengo regolarmente preso a bersaglio”. […] Tornando al Festival, Garko cosa si aspettava? “Di farmi conoscere e far conoscere il mio modo di essere. Funziona così: se avessi fatto film all’estero, ora sarei apprezzato molto di più in Italia”» (Marco Molendini). Nel 2016 tornò anche a teatro, nella commedia Odio Amleto di Paul Rudnick, «dove è una star della tv che, per rigenerarsi da attore impegnato, decide di interpretare il capolavoro shakespeariano. E compare il fantasma del mitico John Barrymore (Ugo Pagliai). Lo spettacolo, prodotto da Ares, è diretto da Alessandro Benvenuti, con la partecipazione di Paola Gassman nel ruolo dell’ex amante di Barrymore. “È un po’ la mia storia – ammette –. Faccio un bagno di umiltà, recitando accanto a due grandi attori, che, all’inizio, erano un po’ sospettosi nei miei confronti. Poi mi hanno aiutato molto”» (Costantini). «“Diciamo la verità: chi fa televisione, ma anche un certo cinema, vive una sorta di complesso di inferiorità nei confronti dello spettacolo colto. È una continua rincorsa al recupero di una credibilità artistica. Il sentire la necessità di dimostrare, appunto, di essere all’altezza del compito”. […] Nella commedia di Rudnick, quando il protagonista riceve la proposta di un nuovo ruolo importante in tv, con relativo compenso stellare e la prospettiva di una platea oceanica, si trova a dover scegliere tra il nobile Shakespeare e la popolarità del piccolo schermo. “Un bel dilemma, ma non è il mio caso – commenta Garko –. Non farò scelte così dolorose: torno in teatro, ma resto anche in tv”» (Costantini). Tra le sue ultime apparizioni, quella nella quinta stagione de L’onore e il rispetto (Canale 5, 2017) • Ciclicamente rilanciata, ma finora senza seguito, la notizia di un suo impegno con la Rai per la trasposizione televisiva de Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, niente meno che nei panni dell’imperatore filosofo, già lungamente interpretato a teatro da Giorgio Albertazzi (1923-2016) • «Il momento più buio? “Quando, nel febbraio 2016, mi trovai nello scoppio della villa vicino a Sanremo, che costò la vita all’anziana proprietaria. Un incidente che mi ha cambiato la vita: poi sono andato in terapia psicologica. Sentire la morte così vicina, una cosa terribile: era mattina, stavo dormendo, mi son ritrovato sepolto sotto le macerie, ho creduto fosse la fine, ho pensato alla sera prima, che avrebbe potuto essere l’ultima della mia vita. Esserne uscito salvo, un miracolo. Ho superato lo choc, per la voglia di salutare i miei genitori dal palco del Festival”» (Costantini). «Quando sente lo scoppio l’attore si sveglia di soprassalto, l’adrenalina improvvisa lo fa balzare giù dal letto: quella reazione istintiva gli salva la vita. Pochi secondi dopo sul materasso si abbattono le macerie di un muro intero, che crolla sbriciolato. Il boato arriva fino al centro della città. “È un miracolato, è un miracolato”, ripetono tutti quelli che entrano in quella stanza. Negli occhi ha il terrore, è ferito ma solo leggermente dalla pioggia di calcinacci. In casa, in un’altra ala del piano superiore, dormiva anche una collaboratrice del suo staff. Lei è illesa, ma la portano via che è divorata dal panico, sotto choc. Lui, Garko, è solo ferito di striscio: il referto dei medici parla di un trauma cranico e di escoriazioni, la prognosi è di dieci giorni. Ma quando sale sull’ambulanza basta guardare i suoi occhi per leggere il terrore» (Menduni) • Nel maggio 2015, «una sua apparizione all’Arena di Giletti lo mostra gonfio sugli zigomi. Quasi irriconoscibile. La sua immagine scatena il web. Tutti a parlare di un maldestro ritocco al botox. La sua reazione è veemente. Respinge le accuse. Parla di una semplice indisposizione. Si ripresenta qualche giorno dopo in tv, sempre da Giletti, e con un video di 15 secondi mostra il suo volto non più gonfio e dice: “Volevo tranquillizzare tutte le mie fans. La mia faccia è questa”» (Marco Castoro). Per la precisione, quella volta spiegò che il gonfiore era stato causato da un farmaco assunto per curare un problema alla tiroide • Celibe, senza figli. Tra il 1997 e il 2001 fu sentimentalmente legato alla collega Eva Grimaldi (classe 1961), rimasta poi sua grande amica e nel 2019 unitasi civilmente a Imma Battaglia. Seguirono varie altre frequentazioni ampiamente documentate dai rotocalchi (Manuela Arcuri, Serena Autieri, Isabella Orsini), ultima nota quella con la collega Adua Del Vesco (classe 1994), ormai conclusasi. Molto spesso indicato come omosessuale o bisessuale, ha sempre smentito; da ultimo, ha definito «amicizia speciale» quella con il collega Gabriele Rossi (classe 1988), con cui molti lo dicono fidanzato. «È un […] cliché che vuole che tutti gli attori più belli siano gay, così come che tutte le belle donne siano delle potenziali mignotte. Mi infastidisce, però, quando un omosessuale si diverte a puntare il dito verso un altro individuo, tacciandolo a tutti i costi di essere gay, come se poi fosse una cosa brutta. Se una persona è risolta, e vive bene la propria sessualità, non avrà mai tutta questa voglia di dispensare etichette qua e là. […] L’idea di piacere anche agli uomini, però, non mi disturba affatto, credimi. Sono, almeno per quel che mi dicono, un sex symbol, e a chi deve piacere un sex symbol se non a tutti?» (ad Alessio Poeta) • Ha raccontato che, quando aveva sedici anni, mise accidentalmente incinta la sua fidanzatina, e insieme risolsero poi per l’aborto. «Ero piccolo, incosciente» • «All’idea di diventare padre ho pensato tante volte, e oggi più che mai mi sarebbe tanto piaciuto avere un figlio, ma la verità è che non è un giocattolo ed è una responsabilità troppo grande, che per colpa del mio lavoro ho sempre rimandato. Il lavoro mi costringe ad essere egoista, nonostante di base non lo sia, e non vorrei mai avere un figlio e non potermelo crescere in prima persona. Se arriverà sarò felicissimo, ma intanto quando posso mi godo i miei quattro nipoti» • Vive da tempo a Zagarolo, nella campagna romana, circondato da molti animali, tra cui cani, gatti e cavalli: passione, quella per gli equini, che nel 2004 gli causò un pericoloso incidente. «Galoppavo senza sella: sono caduto male, di schiena, rompendomi due vertebre, le prime dorsali, appena sotto la nuca. Morfina, ricovero, paralisi scampata». «“Quando finisco di recitare torno a essere me stesso. E allora voglio vivere nella normalità più assoluta, stare con amici di cui mi posso fidare, andare a cavallo, tenermi alla larga dai flash e quant´altro. Di vita, ne ho una sola, e me la voglio godere fino in fondo, senza perdere il senso della realtà. Per questo non vado a Porto Cervo o a Cortina a perdere tempo. Molto meglio stare con i miei animali”. Un vero e proprio piccolo zoo, quello che Gabriel Garko alberga nella sua reggia bucolica alle soglie di Roma, a Zagarolo. […] La villa in cui abita è quella di una star: “Ho il bar, la palestra, la sala della musica con il pianoforte a coda, la sala hobby e naturalmente la sala cinema, per guardarmi i film in santa pace sullo schermo grande”» (Laurenzi) • «Ci sono due argomenti di cui un attore non dovrebbe parlare mai. La politica e la religione» • Juventino • Scaramantico. «Se mi cade a terra il copione, poi lo batto tre volte» • Grande fastidio quando gli ammiratori gli chiedono di lasciarsi fotografare. «Le foto con il cellulare sono diventate un incubo. Ucciderei chi ha inventato questi aggeggi con le fotocamere» • Spesso oggetto di passioni morbose e di molestie persecutorie. «“Ho un po’ di denunce in corso. Gente che si apposta davanti casa. Avevo una russa che mi perseguitava perché voleva il mio seme per fare un figlio”. E lei l’ha denunciata. “Si, e le hanno fatto il foglio di via”. Adesso il suo seme è al sicuro. “Ma ho dovuto fare altre denunce per altre donne che si mettevano davanti a casa mia, a Zagarolo. […] Una si era convinta di essere la mia fidanzata e voleva entrare a casa a tutti i costi”. Solo donne o anche uomini? “Una volta, un ragazzo voleva entrare in casa per farsi fare un autografo”» (Molendini) • «Non potrei vivere senza musica. Mentre preparavo il film di Ozpetek ascoltavo solo arie della Callas. Adoro Rachelle Ferrell, Madonna…» (a Luca Dondoni) • «È il signore del melò, della fiction strappacore, del trash da prima serata, personaggi che oscillano fra il cattivo il perfido il sensualone, sciupafemmine sempre ma con quel fisico e quegli occhi cos’altro dovrebbe fare? Titoli come Angelo nero, L’onore e il rispetto, Il sangue e la rosa, Il peccato e la vergogna, intrecci alla Grand Hotel e ascolti boom, perché le serie di cui è protagonista vantano uno zoccolo durissimo di appassionati ma pure uno zoccoletto di quelli che le vedono e non lo dicono o le vedono e ci ridono su» (Vitali). «Una carriera da forzato della bellezza che Gabriel Garko […] sopporta oscillando tra attestazioni di gratitudine per il pubblico e frasi da scolpire nel pongo ("Sono un uomo soggetto", "La bellezza non sminuisce un attore"). […] Potrebbe anche leggere l’elenco telefonico: il seduttore delle casalinghe fa strage, sempre. Antonella Clerici chiese a una concorrente della Prova del cuoco di non guardare "Garko nudo" ma il suo show con i bambini cantanti. Lui sorride: "L’ho battuta sempre, mi sa che sono diventato il suo incubo". Ama fare il cattivo "perché i buoni sono noiosi" e racconta divertito che un bambino, fan di Il peccato e la vergogna, per strada l’ha voluto abbracciare. "Ma come, gli fate vedere la serie?", ha chiesto giustamente ai genitori. E loro, tranquilli: "Lei fa un cattivo così cattivo che non è più cattivo"» (Silvia Fumarola) • «Bello in modo caricaturale, gli zigomi alti, il sorriso abbagliante, gli occhi azzurro cangiante o forse verde veleno, come il titolo di una delle sue tante fiction che i critici stroncano come trash ma le folle idolatrano. […] Recita in fondo sempre se stesso, bello e fatale, che sia un ufficiale nazista, un sacerdote, un mafioso, un poliziotto, un bandito: angelo o demone ma molto più demone che angelo, “perché bello e anche buono è troppo stucchevole e zuccheroso, roba da diabete, e invece più fai il cattivo più le donne ti amano, più sei intrigante, più hai il fascino del proibito. Magari rischi: il mio personaggio ne Il peccato e la vergogna era veramente troppo perfido, troppo infernale. E invece ha funzionato: abbiamo sfondato il tetto dei sei milioni di spettatori, un record”. Sogna di poter recitare con Almodóvar, “perché è coraggioso”, con Tornatore, “perché è un grande maestro”, ma soprattutto con i fratelli Coen, “perché riescono a tirar fuori dagli attori sempre qualcosa di nuovo: basta vedere come hanno trasformato Brad Pitt”. […] “Ho rifiutato anche tre film a Hollywood, ma proprio non erano nelle mie corde. Non ho mai fatto nessuna scuola di recitazione, ma ho studiato per conto mio. Ho cercato di cancellare le inflessioni piemontesi dalla mia dizione: quant´era umiliante essere doppiato. Mi hanno doppiato fino a Il bello delle donne”. […] Delle stroncature dei critici, tende a infischiarsene: “Ormai mi viene da ridere quando le leggo, così prevedibili. Le trovo una mancanza di rispetto verso milioni di telespettatori, che vengono fatti passare per mezzi deficienti”» (Laurenzi) • «Mi piacerebbe interpretare personaggi sempre molto diversi da me: sia da come sono nella vita, sia da come sono fisicamente. Vorrei mettermi alla prova con una trasformazione “vera”, come ha fatto Charlize Theron in Monster. Ma purtroppo in Italia queste cose non si usano: si preferisce chiamare l’attrice grassa per fare la grassa, l’attore bello per fare il bello» • «Non pensi mai all’idea di smettere di lavorare? “No, perché, nonostante abbia fatto tante cose, vorrei fare ancora molto altro. Se fossi nato in America, probabilmente sarei già passato dietro la telecamera da un pezzo”. E perché non lo fai? “Perché in Italia ci sarebbe un pregiudizio non indifferente, anche se sto studiando molto. La verità è che mi piacerebbe fare tante cose, ad esempio anche laurearmi in psicologia”. Il caso molestie, da attore e appassionato di psicologia, come te lo spieghi? “Tutti dicono che il mondo dello spettacolo sia quello più schifoso, ma sono tutti cliché. Ho amici che lavorano in banca e amiche che lavorano in uffici vari che me ne raccontano di ogni, con la differenza che da noi si viene a sapere tutto, mentre da loro nulla. Ad ogni modo, sono assolutamente contro la violenza, anche se oggi si inizia a non a capire più dov’è il confine tra molestie e proposte”» (Poeta) • «Il momento più brutto è quando allo specchio vedi quello che vorrebbero gli altri e non più quello che realmente sei. Oggi, personalmente, mi sento più libero e faccio quel che voglio senza stare a pensare a quello che sarebbe più giusto dire o fare: tanto, anche quando dico la cosa più giusta e sincera, ci sarà sempre qualcuno pronto a contrariarmi».