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 2019  luglio 14 Domenica calendario

Usa e Ue divise sull’Iran

Breve riepilogo. Nel maggio dell’anno scorso il presidente degli Stati Uniti ha ritirato il suo Paese dall’accordo che Barack Obama aveva firmato nel 2015 con l’Iran, gli altri membri permanenti del Consiglio di sicurezza e la Germania per adottare regole che avrebbero impedito al regime di Teheran la costruzione di un ordigno nucleare. Il buon senso e un minimo di coerenza vorrebbero che l’America non chiedesse insistentemente ai suoi partner di fare altrettanto e non punisse con sanzioni chiunque osi attenersi a regole previste dalla versione originale del Trattato e scritte con la collaborazione dei suoi diplomatici. Ma le leggi del potere, nei rapporti fra gli Stati, non sono quelle del buon senso. A queste osservazioni un portavoce di Trump risponderebbe che l’America è una superpotenza e ha il diritto di imporre la politica che maggiormente conviene ai suoi interessi. 
Le politiche americane in realtà sono due. La prima è quella che gli Stati Uniti perseguono dai giorni del 1945 in cui la bomba fu usata per radere al suolo le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Da quel momento cercano sistematicamente di impedire che altri Paesi abbiano nel loro arsenale l’arma nucleare. Per ragioni umanitarie? Per mettere la bomba al bando su scala mondiale? No, più semplicemente, perché un Paese dotato della bomba può essere intimidito molto più difficilmente di un Paese che ne è privo. Da una guerra all’ultimo sangue uscirebbe certamente sconfitto, ma non prima di avere inflitto agli Stati Uniti danni incalcolabili. 
L’applicazione di questa linea politica americana ha sofferto qualche eccezione: la Gran Bretagna, anzitutto (ma era impossibile impedire al grande partner della Seconda guerra mondiale di essere potenza nucleare) e successivamente Unione Sovietica, Cina, Francia, Israele, India e Pakistan, per non parlare di Paesi come il Giappone che potrebbero probabilmente costruirla, se volessero, in tempi relativamente brevi. 
Il secondo obiettivo degli americani è la trasformazione dell’Iran in uno Stato isolato e assediato. Sanno che una guerra sarebbe costosa e che lascerebbe sul terreno molti americani. Ma sperano che l’assedio, se i partner dell’America si piegassero alla sua volontà e applicassero all’Iran le sanzioni decretate da Washington, possa avere per effetto una rivolta della popolazione contro il regime degli Ayatollah. 
Sembrano avere dimenticato che cosa accadde in Libia dopo l’operazione militare anglo-francese del 2011 e che cosa accadde nel Levante dopo la rivolta siriana. In altre parole ci vorrebbero complici di una strategia che disapproviamo e minacciano, per persuaderci, di applicare sanzioni anche a chi «osasse» commerciare con l’Iran. La crisi dei rapporti fra Iran e Stati Uniti sta diventando la crisi dei rapporti fra gli Stati Uniti e l’Unione Europea.