Corriere della Sera, 13 luglio 2019
Biografia di Claudio D’Amico, leghista pro Putin
L’uomo chiave nella storia dei presunti fondi russi alla Lega è Gianluca Savoini, 55 anni, leghista di vecchia data, coniugato con la russa Irina Shcherbinina, indagato nell’inchiesta della Procura di Milano.
Ma un altro uomo, con la scrivania nello stesso ufficio di Salvini, potrebbe avere la chiave dei misteri di questa vicenda. La «ditta» che compare sul biglietto da visita di Savoini è una specie di passepartout, un cavallo di Troia che gli apre le porte: Associazione Culturale Lombardia-Russia. Di culturale c’è poco nelle conversazioni registrate a Savoini e ancor meno gli interessi della sua associazione. Nei viaggi lo affianca molto spesso Claudio D’Amico, 53 anni, non indagato. È anche lui un «putinofilo» incallito. Ex parlamentare della Lega, sposo di Svetlana Konovalova, bielorussa che è stata interprete di Umberto Bossi, è il «Responsabile sviluppo progetti» dell’Associazione Lombardia-Russia. Ma soprattutto lavora nell’«Ufficio di diretta collaborazione» – si legge nel sito del governo – del vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini. D’Amico, ex capo di gabinetto di Roberto Calderoli, si è sempre mosso spalla a spalla con Savoini nelle manovre lobbistiche sull’asse Italia-Russia. Per esempio accompagnò nel 2017 a Mosca Salvini, allora solo segretario della Lega, insieme a Savoini, per un accordo di cooperazione fra la Lega Nord e il partito Russia Unita.
Ogni tanto D’Amico parte per «missioni internazionali» anche perché come assessore alla Polizia locale di Sesto San Giovanni, nel Milanese, ha, naturalmente, anche una delega ai rapporti internazionali. La Russia di Putin resta la stella polare. Ma cosa fa l’assessore, partner di Savoini, titolo di studio geometra, nel ristretto staff di uno dei più importanti uffici del governo della Repubblica? «Consigliere (pagato, ndr) per le attività strategiche di rilievo internazionale del vicepresidente Sen. Salvini».
Il vicepremier ieri, a proposito della presenza di Savoini al tavolo dei vertici con Mosca e al summit di ottobre 2018 ha detto: «Non l’ho invitato, non so cosa facesse». Ecco, Salvini ha nella sua stanza a Palazzo Chigi, senza neanche alzare il telefono, l’uomo giusto per rispondere: D’Amico. Deleghe istituzionali e amicizia personale sembrano cucite addosso per spiegare come abbia fatto il suo partner e amico Savoini a infiltrarsi e per chiarire che cosa è successo davvero quella sera del 18 ottobre scorso all’Hotel Metropol di Mosca, quando qualcuno ha registrato la conversazione di tre italiani e tre russi. Sempreché non sia stato lo stesso D’Amico a favorire i passepartout.
Diceva Savoini in un’intervista nel marzo 2018: «Parto per la Russia con l’ex parlamentare Claudio D’Amico con cui lavoro in tandem».Nessuno dei due parla russo.