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 2019  luglio 13 Sabato calendario

Intervista a Aldrin, il secondo uomo sulla Luna

«Ora dobbiamo puntare ad avere una presenza permanente su Marte». E’ l’obiettivo che Buzz Aldrin, secondo uomo a mettere piede sulla Luna, indica in queste domande e risposte scritte, consegnate a «La Stampa» dal portavoce Robert Charles, in occasione del gala che lo celebrerà stasera al Ronald Reagan Presidential Library’s Air Force One Pavilion di Simi Valley.
Che cosa ricorda del lancio verso la Luna?
«Andò benissimo, impercettibile. Sapevamo che stavamo accelerando, ma non ci rendemmo conto del momento in cui lasciammo la Terra. Ce ne accorgemmo dalla strumentazione. A quel punto ci guardammo e pensammo: dovremmo essere in viaggio, e ora?».
Che cosa ricorda dello sbarco sulla Luna?
«Mentre scendevamo, sapevamo che stavamo bruciando carburante. Ad un certo punto sentimmo che rimanevano 30 secondi. Se avessimo finito il carburante, sarebbe stato un atterraggio brusco. Vedemmo un’ombra davanti a noi, che nel simulatore non c’era. Poi la polvere che si alzava ed entrava nel motore. Le luci si accesero, io dissi "contact light", "engine stop". Neil Armstrong si ricordava che ci eravamo stretti la mano. Io ricordo di avergli messo una mano sulla spalla, e sorridemmo».
Poi cosa è successo?
«Una volta atterrati, ci avviammo sulla scala. Mentre Neil scendeva, Mission Control gli disse che lo vedeva, ma capovolto. Poi lui annunciò: "Un piccolo passo per l’uomo, un balzo da gigante per l’umanità". Disse per l’uomo, non per un uomo. Neil ci aveva pensato su bene».
E una volta sulla superficie?
«Era facile restare in equilibrio. Io dissi "magnifica desolazione". Perché era magnifico essere là e sembrava piuttosto desolato. Neil sottolineò anche la bellezza».
Avete pensato all’enormità di quanto accadeva e alla gente che vi guardava?
«Non molto, eravamo concentrati sulla missione».
Che cosa ricorda del ritorno e l’ammaraggio?
«Ci siamo capovolti, prima di aprire i paracadute, ma i palloni ci hanno raddrizzati. Era bello essere tornati, parlare con i nostri famigliari. Quando suonarono l’inno eravamo nel "containment trailer". C’era una finestra bassa e ci rendemmo conto che, se ci fossimo alzati, da fuori ci avrebbero visti solo sotto la cintura... Perciò ci inginocchiammo». 
A cosa bisogna puntare ora?
«È tempo per la prossima generazione di allacciare le cinture, tornare sulla Luna, e avere una presenza su Marte».
I suoi pensieri, in occasione dell’anniversario?
«La missione Apollo 11 è stata molte cose per molte persone. Per noi fu l’apice del servizio per un Paese che amavamo senza limiti. Penso che ci siamo persi il grande evento, che è avvenuto sulla Terra, dove milioni di persone si sono viste riflesse nei nostri caschi, sentendosi perciò vicine. E’ stata la dimostrazione che l’America e l’umanità possono fare qualunque cosa, quando sono unite».