Il Messaggero, 13 luglio 2019
14 luglio 1789, la Presa della Bastiglia
Domani, 14 Luglio, ricorre il 230° anniversario della Presa della Bastiglia. Sugli Champs Élysées sfileranno le forze armate in un’atmosfera festosa. Pochi ricorderanno che fu un giorno di brutalità. Ma questo aspetto scompare davanti all’importanza simbolica dell’evento. Qui proviamo a rievocarlo, con il solo proposito di suscitare nel lettore la curiosità di approfondirlo.
Innanzi tutto la situazione politica. Il 4 Maggio del 1789 si riunirono a Versailles gli Stati Generali che il re Luigi XVI, sull’orlo della bancarotta, aveva convocato per trovare una soluzione finanziaria. L’Assemblea, che non si riuniva da 175 anni, era composta tra tre ordini: Clero, Aristocrazia e Terzo Stato. Quest’ultimo era composto essenzialmente da borghesi, quasi tutti impregnati di idee liberali mutuate dalla teoria del Contratto sociale elaborata da John Locke e adulterata da Rousseau. Tra loro vi erano grandi oratori, raffinati intellettuali e vociferanti demagoghi. Divisi su molte cose, erano uniti nel chiedere il voto per testa il che avrebbe messo nobili e vescovi in minoranza. Il re rifiutò, e il Terzo Stato si riunì il 17 Giugno da solo per elaborare una nuova Costituzione.
Luigi XVI era tanto bonario quanto inetto e cocciuto. Nell’incertezza se accettare il fatto compiuto o sciogliere con la forza l’Assemblea, chiamò in soccorso dieci reggimenti di soldati, prevalentemente svizzeri e tedeschi, che il 10 Luglio si accamparono nei pressi della Capitale. I parigini interpretarono questa esibizione come un preludio di repressione violenta. Il 12, Camille Desmoulins arringò la folla con eloquenza focosa, esortandola ad armarsi contro quelli che considerava mercenari di un monarca assoluto. Il popolo rispose con entusiasmo, e il 13 invase l’Hotel des Invalides asportando oltre ventimila fucili e alcuni cannoni. Tuttavia mancavano le munizioni e la polvere da sparo, senza le quali le armi erano inutili. Si sparse la voce che ce ne fosse in abbondanza nella Bastiglia, e il 14 Luglio la folla eccitata anche da turbolenti caporioni vi si recò in massa.
La Bastiglia era una possente e tetra fortezza, la cui costruzione risaliva al XIV secolo. Aveva muri alti quasi trenta metri e larghi dieci, circondati da un profondo fossato. Un tempo vi venivano inviati prigionieri politici più o meno illustri, relegati in quelle tetre celle senza processo, per semplice ordine del sovrano, che peraltro ne aveva già disposto la demolizione. Quel giorno vi erano solo sette detenuti, compresi due malati di mente.
IL COMANDANTE
La guarnigione era di 140 uomini, sufficiente a difendere a oltranza un simile fortilizio. Il loro comandante, Bernard-René Jordan, marchese De Launay, era un nobile accomodante e raffinato. Ma naturalmente, davanti all’intimazione di aprire le porte e consegnare l’armeria oppose un rifiuto. Ne segui una trattativa con i rappresentanti del popolo, che l’amabile marchese trattenne a colazione. Poi la situazione precipitò, e qui gli storici danno diverse versioni. Comunque, mentre sembrava imminente un accordo, alcuni scalmanati cominciarono a scalare e demolire il ponte levatoio. I soldati spararono, e molti attaccanti rimasero uccisi. Alla fine, dopo un’ennesima trattativa, De Launay accettò di arrendersi con la promessa dell’incolumità per sé e per i suoi soldati.
IL TROFEO
La promessa non fu mantenuta. Una volta uscito, il povero governatore fu aggredito dalla folla inferocita e fatto a pezzi. La sua testa fu issata su una picca e portata in trofeo attraverso la capitale. Altri soldati furono massacrati. Ora i parigini, armati adeguatamente, erano in grado di opporsi a un re sempre più intimorito. Da quel momento, Luigi si sentì prigioniero, e cominciò a meditare la fuga. Come è noto, il tentativo di emigrare fu sventato due anni dopo. Alla fine, il 20 gennaio 1793 il re salì sul patibolo, seguito a distanza di nove mesi dall’infelice Marie Antoinette. Poi la Rivoluzione cominciò a divorare i suoi figli, e si preparò all’avvento di Napoleone.
La presa della Bastiglia, che nel frattempo era stata demolita, non costituì l’inizio della Rivoluzione, che gli storici più correttamente individuano nel 17 Giugno, quando i delegati del Terzo Stato si riunirono per la formazione di un governo costituzionale, E non fu nemmeno il suo momento più importante, perché altri eventi furono ben più decisivi: la fuga di Varennes, l’assalto alle Tuileries, i massacri di Settembre, la vittoria di Valmy, il processo e l’esecuzione del re, e naturalmente l’ascesa e la caduta di Robespierre con il Terrore prima e il Termidoro poi. Ma fu certamente il momento più significativo, perché espresse e compendiò tutte le caratteristiche della Rivoluzione: da un lato l’ottusità e la crudeltà plebea, e dall’altro l’enorme vitalità politica che premeva contro l’Ancien Régime, ed esigeva forse un gesto cruento per travolgere un sistema marcito. Ed è questa stupefacente energia che i francesi celebrano con il 14 Luglio. Non le brutalità dell’assalto e della strage, ma le premesse di un processo che, pur tra lacrime e sangue, avrebbe determinato quei risultati politici e culturali che ancora oggi influenzano la nostra civiltà: il tramonto del feudalesimo, l’istituzione dei tribunali civili e l’abolizione della tortura, l’uguaglianza davanti alla legge, la semplificazione e l’unificazione tributaria, la redistribuzione delle terre, la libertà di parola, di culto, e di stampa e di concorrenza, un sistema scolastico nazionale, e infine la scienza come alternativa alla teologia.
PRINCIPI
Alcuni di questi princìpi furono traditi dalla stessa Rivoluzione, altri furono esportati a forza da Napoleone con le spedizioni militari, altri furono parzialmente soppressi durante la Restaurazione. Ma alla fine tutti sopravvissero, almeno in Europa, e nemmeno le più brutali dittature naziste e comuniste son riuscite a sradicarli. È ozioso domandarsi se gli stessi risultati sarebbero stati raggiunti con un’evoluzione pacifica, senza la decapitazione del povero De Launay e senza gli orrori degli anni successivi: se la Storia ha un senso, e non è detto che ce l’abbia, esso ripudia le ipotesi postume. Con tutto ciò, il 14 Luglio rappresenta una pietra miliare per la Francia e per l’umanità. Tuttavia, ripetiamolo, fu un giorno di guerra, come lo fu l’Inno che ne consacrò le conquiste: la Marseilleise non invoca la pace, ma chiama i cittadini alle armi, per formare i battaglioni. Per questo Parigi onora questa data con un’imponente parata militare, a solenne monito che la Libertà, l’Uguaglianza e la Fraternità talvolta si devono difendere anche «irrigando i solchi dei nostri campi con il sangue impuro del nemico».