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 2019  giugno 25 Martedì calendario

Il governo contro il contante

Senza proclami, sotto traccia, è in corso una rivoluzione copernicana sui pagamenti elettronici. Zitto zitto il governo sta ribaltando la propria posizione: da pro a contro il contante. A certificare questa inversione di rotta, in piena battaglia parlamentare sugli emendamenti al decreto crescita, è stato ieri il sottosegretario leghista all’Economia Massimo Bitonci: «Se noi incentivassimo i pagamenti elettronici, con carta di credito, quindi pagamenti tracciabili, potremmo via via andare all’abolizione di Isa (indici sintetici di affidabilità fiscale), studi di settore, e in prospettiva perfino di contabilità e scontrino da parte dell’esercente. Ciò che passa con carta sarebbe già documento fiscale». Sabato era stato il viceministro 5 Stelle dell’Economia, Laura Castelli a spiegare che tra qualche mese partirà la lotteria degli scontrini, con tanto di premi, aumentati nel caso in cui si paghi con moneta elettronica. E già i tecnici dell’amministrazione stimano di ricevere nel 2020 35 miliardi di scontrini e ricevute fiscali, quando l’obbligo di trasmissione dei corrispettivi si applicherà a tutti gli esercizi commerciali (negozi, bar, alberghi, ristoranti, spacci aziendali e così via). Eppure le premesse dell’esecutivo erano tutt’altre. L’eliminazione al tetto sull’uso del contante non è mai mancata nelle campagne elettorali del vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, che dal palco dell’assemblea di Confesercenti a Roma tuonò: «Sono contro ogni tipo di coercizione, fosse per me non ci sarebbe alcun limite alla spesa di denaro contante, perché ognuno è libero di usare i soldi del suo conto corrente come vuole, dove vuole e pagando quello che vuole». Gli replicò il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio: «Nel contratto di governo questo punto non c’è. Piuttosto lavoriamo ad eliminare ai commercianti i costi nel pagamento elettronico». Tanto che Salvini si trovò a dover chiarire: «La questione dei contanti è una mia posizione personale, non è all’ordine del giorno e non è prevista dal contratto». Sul tavolo due esigenze: aumentare la tracciabilità dei movimenti finanziari per contrastare il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita e contrastare l’evasione e l’elusione fiscale, attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti, che si prestano a “coprire” le operazioni effettuate “in nero”. Negli ultimi anni la normativa che regola la circolazione del contante è cambiata ben nove volte. Nella patria del cash (e del nero) il governo Renzi, nel 2016, ha alzato il tetto a 3 mila euro, dai mille fissati da Mario Monti. Le banconote vengono utilizzate per l’86% delle transazioni ed è stato un flop la sanatoria per le somme conservate nelle cassette di sicurezza. E così due settimane fa Salvini ha proposto una tassa proprio su quei soldi nascosti. «Dopo Equitalia, serve una pace fiscale per far emergere il denaro contante depositato nelle cassette di sicurezza, fermo- ha detto a Porta a Porta-. Con una nuova pace fiscale daremmo il diritto di utilizzarli, e lo Stato incasserebbe miliardi da reinvestire per la crescita». E ha aggiunto: «Non parlo di soldi all’estero, però mi dicono che ci sono centinaia di miliardi in cassette di sicurezza, fermi. Potremmo metterli in circuito per gli investimenti. Si potrebbe far pagare un’imposta e ridare il diritto di utilizzarli». E così ora il presidente del Centro consumatori, Rosario Trefiletti commenta: «Ben venga il ripensamento del governo. Con 190 miliardi di euro, siamo il paese europeo in cui circola più contante e dove i pagamenti elettronici sono meno utilizzati». Perciò «serviva un ravvedimento rispetto alla direzione disastrosa annunciata agli albori della legislatura». E precisa: «Basta però con oneri di pagamenti elettronici e dispositivo mobile. Mille euro di tetto al contante erano già troppi ed era stato un errore alzarlo a tremila. 300 andrebbero già bene. L’evasione fiscale è a quota 200 miliardi, non va abbassata la guardia».