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 2019  giugno 14 Venerdì calendario

Il Negroni piace agli americani

«Nemo propheta in patria». Ancora una volta la storia si ripete e questa volta riguarda uno degli ever green mondiali del bere miscelato, il Negroni, secondo cocktail più bevuto al mondo (dopo l’Old Fashioned) nella classifica 2019 dell’Annual Brand Report. Ieri, all’alba dei suoi primi 100 anni, è stato addirittura celebrato dal New York Times come il cocktail perfetto per il 2019, grazie alle qualità rinfrescanti ma anche amare della bibita. Lo stesso giornale che appena due settimane fa aveva stroncato l’altro italianismo cocktail Aperol Spritz: «Non è un buon drink. Aperitivo zuccherino abbinato a prosecco di bassa qualità, acqua di soda e una fetta d’arancia fuori misura» aveva scritto provocando una sorta di insurrezione social. Ora invece del Negroni parla di «perfetto elisir per un pomeriggio d’estate». E puntualmente, vedrete che il Negroni tornerà imperiosamente nelle serate estive italiane, dopo essere stato surclassato da mix ritenuti più moderni ed esotici. 
LA STORIA
Avvenne così per esempio negli anni Cinquanta quando i giornali italiani lo definirono «un’ineffabile novità», citando gli attori di grido a Hollywood che ne consumavano a fiumi e dimenticando però che era stato uno scapestrato conte fiorentino a inventarlo. «La storia è il valore aggiunto di un drink come il Negroni», scrive sull’argomento Luca Picchi, autore di due monografie sul tema che proprio al conte Camillo Negroni ha dedicato gustosissime pagine ricche di aneddoti. Rampollo della nobiltà fiorentina, Negroni respirò a pieni polmoni la Bella Epoque e attese gli anni cupi della Prima Grande Guerra negli eccessi della New York della Golden Age of Cocktails. In giro per il mondo fece di tutto: cowboy, maestro di scherma, giocatore d’azzardo. Rientrato a Firenze, nel 1919 ordinò al suo barman di fiducia – Fosco Scarselli della drogheria Casoni un mix fatto per un terzo di vermouth rosso, un terzo di bitter e un terzo di gin. Secondo il conte il gin era ideale per rafforzare il grado alcolico del vermouth senza alterarne il colore rosso cardinale. Scarselli, da parte sua, sostituì il liquore alla soda, la fettina d’arancia alla scorzetta di limone.
 
ESTIMATORI
«Gli amari fanno bene al fegato, il gin fa male. Si equilibrano l’un l’altro», avrebbe spiegato qualche anno più tardi Orson Welles che dal 1947 lo elesse a suo cocktail preferito. Non sappiamo però se l’attore arrivò a berne 20 al giorno come si dice facesse il conte Negroni (salvo scoprire che usava piccolissimi calici da cordiale da 3 cl). Il NYT ha scritto che è «amaro al punto giusto per l’età in cui viviamo, con la sua furia e il suo rumore».
E proprio nei giorni in cui si celebrano i 100 anni del Negroni, da Novara contestano la primogenitura fiorentina. «Il Negroni è nostro, lo si deve a Carlo Negroni, sindaco a fine Ottocento e senatore del Regno», afferma Antonio Poggi Steffanina, presidente dell’Opera Pia Negroni di Novara, dove è nato il Campari. Campanilismi a parte, il cocktail celebrato ieri dal NYT è davvero una sintesi dell’Italia: per farlo serve il vermouth rosso tipico del Piemonte; è stato il cocktail simbolo della Dolce vita romana e infine c’è un pizzico di Milano nel Negroni sbagliato, la più nota tra le circa 30 varianti. E anche questi fortunati errori sono quell’Italian life style che così tanto piace agli americani.