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 2019  maggio 16 Giovedì calendario

Un chirurgo salva il Los Angeles Times

Meno di anno fa, il Los Angeles Times era in agonia, tramortito da cambi di proprietà cervellotici, da strategie editoriali bizzarre e da un alternarsi di direttori che, malgrado continuassero a produrre una buona informazione meritevole di vincere alcuni premi Pulitzer, perdevano copie, bruciavano danaro, ridimensionavano la redazione e soprattutto le ambizioni di uno dei più antichi e gloriosi quotidiani d’America.
Poi è arrivato Patrick Soon-Shiong, miliardario e medico visionario e lungimirante, nato in Sudafrica da emigranti cinesi che scappavano dall’invasione giapponese e successivamente naturalizzato americano, ed è iniziata una notevole inversione di marcia, innanzitutto di umore e aspettative sul futuro. Soon-Shiong è il chirurgo più ricco del mondo, titolare secondo Forbes di un patrimonio da 9 miliardi di dollari, un personaggio esagerato, esperto di dati e di tecnologia e fondatore di varie aziende biotech che hanno sviluppato, tra le altre cose, un famoso e controverso farmaco anti cancro. A giugno del 2018, Soon-Shiong ha comprato il Los Angeles Times, più alcuni giornali locali californiani, dal gruppo del Chicago Tribune che nel 2000 con un’operazione fallimentare sotto ogni punto di vista aveva pensato di raggruppare giornali molto diversi, di tagliare i costi e anche di sperimentare la pubblicazione di articoli scritti dai lettori col metodo wiki, diffuso e partecipato, immaginando anche un futuro in cui a scrivere le notizie sarebbero stati i computer opportunamente addestrati dall’intelligenza artificiale.
Soon-Shiong ha posto fine al supplizio comprando il Times per 500 milioni di dollari, una cifra che tutti, compreso l’acquirente, giudicano eccessiva considerato che il Washington Post è stato pagato dal fondatore di Amazon, Jeff Bezos, 250 milioni. Ma, esattamente come Bezos, anche il chirurgo milionario che da ragazzino faceva lo strillone a Port Elizabeth è convinto che salvaguardare il patrimonio culturale di un giornale come il Los Angeles Times sia innanzitutto un dovere civico.
La missione di Soon-Shiong abbonda di metafore mediche, a cominciare dalla lotta alle fake news considerate «il cancro della nostra epoca» fino all’idea che i giornali siano importanti per le comunità esattamente come lo sono i medici di famiglia.
Il chirurgo filantropo ha messo a disposizione della sua nuova impresa anche altri 200 milioni di dollari per ripianare i debiti col fondo pensione, per i primi investimenti in personale e in tecnologia e per affrontare le perdite previste alla fine del primo anno, stimate intorno ai 50 milioni. Oggi le entrate del LAT sono suddivise a metà tra pubblicità e vendita in abbonamento e in edicola, ma l’obiettivo è quello di spostare l’asse dei ricavi sui lettori. Digitale, analisi dei dati e conversione in abbonamenti online sono la strategia, ma Soon-Shiong crede ancora nel potere della carta e nelle interviste ripete che, così come capita già con i vinili, la generazione hipster sente sempre più il bisogno di ritrovare il piacere della lettura di qualità e del senso tattile che solo un giornale di carta può dare.
Il nuovo Times di Los Angeles non è ancora definibile come una storia di successo perché, come dice alla Stampa il professore di giornalismo dell’University of South California Gabriel Kahn, «al momento c’è solo una grande potenzialità: spendere, assumere giornalisti bravi e pubblicare ottimi articoli invece che brutti articoli non è una strategia, è solo aver timbrato il cartellino ed essersi presentati al lavoro».
Soon-Shiong è partito in quarta, provando ad assumere prima l’ex direttore Dean Baquet, ora alla guida del New York Times, poi l’ex vicedirettore Marty Baron, ora editor in chief del Washington Post. Non è riuscito a far rientrare a casa i due principali leader giornalistici americani, ma scegliendo Norman Pearlstine, un autorevole giornalista ex Time, Bloomberg e Wall Street Journal, il nuovo editore ha fatto intendere che faceva sul serio sul fronte del prodotto editoriale. Pearlstine, 76 anni, ha convinto un paio di talenti di nuova generazione a condividere la sfida e ha ridato alla redazione l’orgoglio perduto, assumendo un centinaio di persone e trasferendo il giornale dalla sede storica di downtown Los Angeles a un avveniristico campus a trenta chilometri di distanza, vicino l’aeroporto.
Il campus di El Segundo, rinnovato spendendo un centinaio di milioni, è il fiore all’occhiello del nuovo Times di Soon-Shiong. Il piano chiave è il quinto, il «piano transmedia», dove l’editore ha deciso di installare la tipografia del ventunesimo secolo, ovvero il team di analisti e di programmatori che assieme ai giornalisti cura la distribuzione sulle varie piattaforme dei contenuti prodotti dalla redazione. Il quinto piano è una specie di laboratorio operativo di innovazione, dai podcast ai video, dallo streaming a tutte le forme di storytelling, dai social media a uno dei settori che, secondo Soon-Shiong, dovrà essere sviluppato dalle media company moderne, quello dell’eSport, i seguitissimi tornei di videogiochi, live e multiplayer.
A regime, al quinto piano del campus lavoreranno centocinquanta persone, di cui cento neoassunte.
Negli Anni Novanta, al Times di Los Angeles lavoravano 1300 persone, recentemente erano scese a 300, ora sono salite a 400 e presto arriveranno a 500. L’obiettivo è quello di raggiungere un milione di abbonati digitali entro il 2021. Oggi sono 160 mila, più la quota di sottoscrittori via Apple News, dove il Los Angeles Times è uno dei due quotidiani presenti (l’altro è una versione ridotta del Wall Street Journal).
Non sono pochi per un giornale che era diventato locale, ma nemmeno molti se si paragonano ai tre milioni e mezzo di abbonati del New York Times e al milione e mezzo del Washington Post. «Il Los Angeles Times produce di gran lunga il miglior giornalismo della West Coast, stiamo parlando di una popolazione di circa 70 milioni di persone e potrebbe fare lo stesso ottimo lavoro coprendo l’area del Pacifico e dell’America latina», dice il professor Kahn.
Il piano di azione è ancora poco dettagliato, ma la direzione è quella di trasformare il Los Angeles Times in una specie di California Times, ovvero in un media imprescindibile per capire che cosa succede in una delle regioni più dinamiche del pianeta, la patria di Hollywood e della Silicon Valley e all’avanguardia sui cambiamenti climatici e sui diritti civili.