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 2019  marzo 30 Sabato calendario

In difesa della ruota panoramica a Pompei

Qualche anno fa un giovane archeologo impegnato negli scavi dell’Ateneo di Adriano in piazza Venezia, quasi di fronte al balcone del Duce, si stava lamentando della magra retribuzione. Perché non lavorate a vista, chiesi, magari con uno di voi che a pagamento spiega ai turisti che c’è lì sotto, che storia ha, che tecniche usate? Sarebbe il modo di desacralizzare la professione e fare due soldi. Non siamo mica allo zoo, mi rispose. Tutto, ma non desacralizzare. C’erano anche i gladiatori al Colosseo: certi gaglioffi che ripulivano i vacanzieri. Eliminati, giustamente. Ma, furti a parte, piacevano molto, la gente pagava per avere la foto. E perché non sostituirli con gladiatori ingaggiati dal Comune? Non sia mai: si desacralizza. Qualsiasi idea desacralizzi l’archeologia, il nostro sbalorditivo patrimonio, cioè gli restituisca vita, avvicini anziché allontanare, viene scansata con sdegno. È appena successo per la ruota panoramica di Pompei, da installare subito fuori dagli scavi. Magari è una buona idea, magari no, ma nemmeno s’è aperta la discussione: il sindaco di Pompei è stato dichiarato imbecille e questione chiusa. Però a duecento metri da Westminster c’è una ruota, il London Eye, e ci fanno un sacco di denaro. Noi no, perché siamo furbi. Pompei, ruota o non ruota, potrebbe essere più strabiliante e attrattiva di quanto già sia se soltanto le si rimettesse sangue nelle vene, mostrando, con figuranti e rigore storico, come ci si vestiva, che si mangiava, come si lavorava, che città era prima di diventare un enorme sepolcro. Scandalo, vero? Lasciamola lì, a sbriciolarsi nella fissità del sacro.