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 2019  marzo 21 Giovedì calendario

Quel sorso di Marsala che aiutò Garibaldi

Può sembrare assurdo pensare che il vino marsala, oltre a essere l’ingrediente chiave dei migliori dopocena o la nota esclusiva di qualche ricetta mediterranea, sia stato anche l’elemento decisivo per la nascita della nostra nazione. Sembra assurdo, sì, ma ne abbiamo le prove e possiamo subito svelare che per il suo ruolo determinante, non certo minore rispetto a quello rivestito da Garibaldi, bisogna ringraziare i nostri amici d’oltremanica, gli inglesi.
RISORGIMENTO
Questa controstoria del Risorgimento italiano inizia, infatti, rintracciando il percorso di una nave inglese che, dopo aver lasciato il porto di Trapani, si dirige verso la madrepatria. È il 1774 e su quell’imbarcazione, accanto al carico di cenere di soda, per la prima volta è stato trasportato anche un vino, il cosiddetto marsala, dal nome della città siciliana in cui era prodotto. L’idea veniva da un tale John Woodhouse, che aveva intuito le potenzialità commerciali di un vino con caratteristiche simili ai vitigni iberici e aveva provato a venderlo come vino all’uso di Madera.
È scontato dire che il successo che segue lo sbarco della nave di Woodhouse sarà enorme e avvierà la città di Marsala a una rapidissima industrializzazione: si moltiplicano le produzioni, le richieste arrivano persino dall’America. 
Sull’estrema punta occidentale della Sicilia si aprono nuovi stabilimenti vinicoli, quasi tutti inglesi ovviamente: Benjamin Ingham fonda il secondo complesso vinicolo della città cui presto si aggiunge quello di Thomas Cornett denominato baglio Gill.
Nel corso di un secolo, la rapida ascesa industriale del Meridione d’Italia coincide con la svalutazione della corona borbonica, cieca di fronte all’innovazione e ostile nei confronti degli imprenditori stranieri: una vera palla al piede per gli interessi economici degli Inglesi, che agognavano un governo più illuminato con cui tessere i loro affari. 

LE COINCIDENZE
Sotto questa luce è possibile leggere con chiarezza tutte le fortunate coincidenze che accompagnarono quella famosissima spedizione garibaldina, partita da Quarto, in Liguria, nella notte fra il 5 e il 6 maggio 1860, a bordo della Piemonte e del Lombardo, e la spinsero ad approdare proprio a Marsala.
Prima coincidenza: secondo l’attenta ricostruzione che fa lo storico Giovanni Alagna in Storia di Marsala (Torri del Vento, 2018), per designare la città del vino come approdo sicuro fu fondamentale sapere che il porto marsalese si trovava libero e non presidiato stabilmente da nessuna nave da guerra napoletana. E alle camicie rosse l’informazione, guarda caso, era stata data da un vascello inglese incontrato lungo la navigazione.

L’IMPRESA
Seconda coincidenza: quando l’11 maggio la Piemonte e il Lombardo stavano costeggiando le Egadi e si apprestavano a cominciare la loro eroica impresa, vennero precedute nello sbarco – sempre casualmente – da una corvetta, la Argus, e da una cannoniera, l’Intrepid, entrambe di bandiera inglese. Approdarono a Marsala per rassicurare le colonie industriali dei loro connazionali e consultare Richard Cossins, vice console nonché direttore dello stabilimento Ingham. Sarà lo stesso Cossins a descrivere quelle ore concitate sulle pagine del settimanale The Malta Times: «Alle 12.30 furono avvistati due vapori provenienti da Marettimo verso Marsala a tutta velocità. All’una distinguemmo che essi battevano bandiera sarda e subito dopo ci accorgemmo che erano carichi di uomini. Allora comprendemmo lo scopo della loro visita e stemmo con l’ansia di apprendere il risultato dal momento che i vapori napoletani si dirigevano velocemente verso la città» (trad. G. Alagna). 
La Piemonte entrò con facilità nel porto e diede immediatamente misura per le operazioni di sbarco, la Lombardo invece si incagliò nei bassi fondali di fronte ai possedimenti dei Woodhouse. Nonostante questo contrattempo tutto l’equipaggio riuscì a scendere incolume, perché i piroscafi napoletani si accorsero molto tardi della loro presenza sui moli e prima di iniziare a sparare mandarono una scialuppa all’Intrepid per chiedere se a terra ci fossero soldati inglesi. Dalla cannoniera britannica risposero di sì e minacciarono i napoletani di stare attenti a non attaccare le loro proprietà. 
Qualche sparo ci fu, ma soltanto dopo le 16, e l’unico effetto che suscitò fu il riso degli Inglesi che assistettero alla scena dell’assalto ai vascelli vuoti. Chissà che destino sarebbe toccato a Garibaldi e ai suoi se non avessero avuto dalla loro parte quel vino all’uso di Madera che tanto interessava al palato anglosassone. E forse non solo al palato.

GLI EVENTI
 C’è in effetti un’ultima coincidenza, la più misteriosa di tutte, che si verificò quasi un anno dopo gli eventi dello sbarco a Marsala. Al tesoriere dei Mille, il celebre scrittore Ippolito Nievo, era stato chiesto di chiarire le fonti del tesoro della spedizione, che ammontava a trentamila franchi in piastre d’oro turche. La cui parte più ingente, secondo Il caso Nievo. Come un sogno incredibile di Lucio Zinna, sarebbe stata versata dalla Massoneria inglese. Ma Nievo non ebbe mai modo di dirlo, perché la nave che doveva portarlo da Palermo a Napoli, naufragò in mare. Ancora una volta, per colpa del caso.