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 2019  gennaio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Fabrizio Salini

Fabrizio Salini, nato a Roma il 31 gennaio 1966 (53 anni). Dirigente d’azienda. Amministratore delegato della Rai (dal 27 luglio 2018) • Dopo aver ottenuto il diploma scientifico al liceo Keplero di Roma, conseguì la laurea in Scienze politiche alla Sapienza, per poi perfezionarsi con un master in Gestione di imprese audiovisive. Secondo quanto ricostruito da Prima Comunicazione, «il filo rosso che attraversa la sua carriera è il sodalizio con Francesco Nespega, suo amico fidatissimo di sempre. Due personalità che si completano: Nespega uomo di numeri e di finanza, e con visione strategica, Salini un professionista della tv tematica più esposto al confronto con il sistema dei media. Le loro strade si incrociano a Fox Kids all’inizio degli anni 2000, dove Salini comincia a mettersi in luce dopo gli esordi in sordina nella Telemontecarlo degli anni Novanta. Così che, quando nasce Fox International Channels Italy, viene chiamato nella squadra dei pionieri che dal 2003 al 2011 costruiscono lo splendore dell’offerta Fox. Salini è responsabile dei canali di intrattenimento e fa nascere Fox Crime e Fox Life; inoltre avvia la produzione di serie tv, tra cui la corrosiva Boris. La storia si interrompe quando passa a Sky come direttore dei canali di cinema e di intrattenimento, ma, tempo pochi mesi, […] Salini lascia la pay tv per entrare, nel 2012, nel cda di Switchover Media, la società fondata nel 2009 da Nespega, che ne è azionista di controllo e gestisce quattro canali tematici. Salini cura il lancio dei debuttanti Giallo e Focus e ne diventa il direttore. Nel 2013 Nespega vende il 100% di Switchover Media a Discovery Italia, e l’ad del gruppo Marinella Soldi imbarca Salini come “vice president content fiction & kids” del gruppo. Nel 2014 Salini lascia Discovery per Fox Italia, chiamato a fare l’amministratore delegato (primo e finora unico ad italiano della filiale del gruppo internazionale): […] dovrà gestire un periodo difficile per i canali a pagamento, che si trovano a fare i conti con la concorrenza dei canali specializzati in chiaro e con una riorganizzazione “lacrime e sangue”. […] Nel novembre del 2015, Salini è pronto per il suo debutto nella televisione generalista come direttore di La7». «Collaborare con Cairo non è semplice: delega poco o quasi niente, e un giorno acquista un difensore per il Torino, un altro ristruttura il quotidiano spagnolo El Mundo, un altro taglia i buoni taxi di Rcs e un altro ancora […] ordina la trasmissione che può strappare pubblico di Mediaset o di viale Mazzini che va oltre l’informazione. Come accaduto per Eccezionale veramente. Salini ha resistito un anno e mezzo con Cairo: una stagione, un palinsesto. Non c’era livore, e forse neanche passione. Ma in un anno e mezzo, tempo modesto, non ha litigato con i volti più noti di La7» (Carlo Tecce). Uno dei protagonisti di La7 con cui legò maggiormente in quel periodo fu il giornalista Gianluigi Paragone, all’epoca conduttore de La Gabbia, programma eliminato dal palinsesto dopo che Andrea Salerno fu subentrato a Salini quale direttore dell’emittente, nel giugno 2017. Nel gennaio 2018 Salini divenne direttore generale e socio di Stand by Me, società di produzione televisiva e multimediale fondata da Simona Ercolani, già consulente del governo Renzi e curatrice di alcune manifestazioni della Leopolda; qui, peraltro, Salini si ricongiunse a Nespega, socio dell’azienda dal 2015. Fu però, con ogni probabilità, grazie all’amicizia con Paragone, nel frattempo divenuto influente deputato del Movimento 5 stelle, che il suo nome cominciò a circolare quando il governo Conte si accinse a individuare il nuovo amministratore delegato della Rai, fino a diventare la prima scelta del vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio. «Forse era solo questione di tempo. Perché dell’arrivo di Fabrizio Salini in Rai si parlò già, e con insistenza, alla fine del 2015: il manager romano aveva appena lasciato la guida di Fox Italia, e per lui sembravano schiudersi le porte della direzione della seconda o della terza rete. Con l’allora dg Campo Dall’Orto, scelto dal Pd, benedicente. Quasi tre anni dopo eccolo davvero, Salini, eccolo pronto a entrare a viale Mazzini, ma dalla porta più importante, e sotto un governo di segno opposto» (Emanuele Lauria). Il 27 luglio 2018, «Salini alla fine ce l’ha fatta, a diventare ad della tv pubblica. Lo ha voluto fortemente il Movimento 5 stelle, in particolare Luigi Di Maio, che ha dovuto superare l’opposizione di Matteo Salvini, deciso a sbarrare la strada a un manager considerato troppo vicino al Pd e anzi addirittura renziano. Il peccato originario di Salini? Essere diventato […] direttore generale della società Stand by Me. […] Ma Salini, […] con l’universo renziano, c’entra poco o nulla. Così come c’entra poco o nulla anche con la galassia pentastellata. È un uomo dei media, cresciuto lontano dalla politica e dai salotti. Un progressista. Non legato a nessun partito. A convincere Di Maio sarebbe stata soprattutto la sua lunga esperienza nel settore anche a livello internazionale» (Maria Berlinguer). «In Rai, come prevede la legge voluta dal governo Renzi, avrà superpoteri. Gli spettano le nomine di direttori di reti e di testata, nonché dei dirigenti di prima fascia. Potrà firmare contratti fino a 10 milioni. Solo superata questa soglia sarà necessario il via libera del cda. L’unico a poterlo licenziare» (Manuela Perrone). Dopo aver completato tra ottobre e novembre 2018 le nomine dei direttori dei telegiornali e delle reti Rai prestando la consueta attenzione alle sensibilità politiche degli interessati, Salini si è dedicato a elaborare il nuovo piano industriale triennale dell’azienda, per poi presentarlo al consiglio d’amministrazione del 24 gennaio 2019. «Salini vuole lasciare il segno. Nelle linee guida del Piano industriale 2019-2021, […] ci sono due grosse novità: Rai Format e Rai Doc, due direzioni che possono rivoluzionare il modo di pensare la Rai. In dettaglio, Rai Format è la direzione pensata dall’ad per fare in modo che l’azienda si riappropri della creatività; Rai Doc è, invece, la risposta di Salini ad anni di caos in cui il genere “documentario”, ora in fortissima espansione, veniva rimpallato da una direzione all’altra, probabilmente a causa dello scarso appeal che aveva in termini di ascolti. […] Nell’idea dell’amministratore delegato Rai, ci sarà anche una direzione di distribuzione, con il compito di distribuire, appunto, i contenuti alle varie reti, e quindi di coordinarle. In questo modo il prodotto diventa il vero protagonista. […] Anche il capitolo “informazione”, centrale per la Rai servizio pubblico, vede Salini in pista. Su questo fronte il piano si articolerà in tre fasi: la prima prevede il rafforzamento di un polo “all news” con la creazione di una testata digitale; la seconda contiene il potenziamento della testata digitale con lo sport e l’informazione istituzionale; la terza fase realizzerà l’integrazione dei poli informativi, […] ma mantenendo i brand di punta dell’informazione Rai e rafforzandone la storica identità. Sarà centrale anche il ruolo di RaiPlay, che si trasformerà in una piattaforma in grado di produrre contenuti esclusivi e nativi digitali, utilizzando le nuove tecnologie. […] Il piano, giunto a compimento dopo sei mesi di intenso lavoro, a quanto si apprende, è stato giudicato innovativo e rivoluzionario anche dalla maggior parte dei consiglieri. […] Entro il 7 marzo dovrà essere approvato» (Veronica Marino) • Due figli da Agata Spatola, dirigente della divisione europea di Fox International • «È uno che, al tempo del cosiddetto populismo, sembra rappresentare l’opposto. Cauto, diplomatico, senza grilli per la testa; e non è nemmeno un grillino. Anzi, è il classico tipo, senza appartenenza politica, alieno dal Palazzo, che viene consigliato dalle società di cacciatori di teste. Anche se, naturalmente, senza il benestare indiretto della Casaleggio Associati – con cui non ha mai collaborato – la scelta non sarebbe caduta su di lui. Un manager che viene dalla televisione […] e che è considerato uno specialista nell’invenzione di canali. Antonio Campo Dall’orto lo voleva infatti alla guida di Rai2. È un po’ il simbolo della tv non generalista Salini, e da questo punto di vista il suo sbarco a viale Mazzini è una rivoluzione. […] Appassionato di calcio ma anche di canoa e super-tifoso dell’Inter; nei salotti che contano, non ci va. Alle cene degli amici, nessuno appartenente al Palazzo. […] C’è chi dice che sul suo allontanamento da La7 abbia influito la sua lontananza dalla politica. Cairo naturalmente aveva bisogno di interlocuzione con i politici, e lui non poteva garantirgliela abbastanza. Ora il paradosso è che un tipo così deve guidare la tv su cui la neo-politica ha prontamente messo le mani» (Mario Ajello). «Fabrizio Salini è un uomo impolitico, taciturno e riservato. […] Non parla spesso, e quando parla è assai sintetico. A differenza del presidente iperattivo sui social Marcello Foa, Salini ha un profilo su Twitter bloccato. Come uscire di casa e coprirsi con la muta: gli utenti possono leggere “Fabri” soltanto se autorizzati» (Carlo Tecce). «Si dice che la Rai sia un vecchio pallino di Salini. Anche per questo non avrebbe fatto problemi per il tetto di 240 mila euro allo stipendio, che per altri rappresenta un ostacolo insormontabile» (Gianluca Roselli) • La sua nomina alla guida della Rai, a differenza di quella alquanto contestata del nuovo presidente Marcello Foa, ha riscosso consensi trasversali. «Manager competente e apolitico» (Marco Travaglio). «Profilo di buon senso» (Claudio Cerasa) • «La Rai deve garantire a tutti informazione e conoscenza nel segno dell’indipendenza e del pluralismo. Ma deve anche competere con la qualità dell’offerta e dei contenuti nei mercati nazionali ed internazionali, affrontando le sfide del nostro tempo. […] La Rai può e deve crescere anche tra il pubblico più giovane. Una delle sfide sarà proprio quella di parlare a loro senza abbandonare il pubblico di riferimento. “Digital first” con annessa alfabetizzazione, insomma. […] L’ambizione è iniziare a presidiare il mondo digitale attraverso un’offerta editoriale forte e innovativa. […] La Rai deve assolutamente tornare a creare e produrre idee, format, programmi per se stessa e con lo sguardo e la direzione rivolta al mercato internazionale. L’azienda ha grandi risorse interne, ed è inammissibile non utilizzarle appieno. Non solo: la Rai dovrà attirare dal mercato i giovani creativi, i nuovi professionisti che troppo spesso guardano ad altri interlocutori. Dovremo tornare, per esempio, a realizzare documentari di arte, di approfondimento scientifico, di attualità. Abbiamo una grande tradizione in questo campo. Continuando ad acquistare, diciamo, in area Hollywood, non facciamo che alimentare, a scapito del mercato nazionale, quell’industria che ci sta “mangiando”. Per fare due esempi, Netflix e Amazon, ma non solo. […] La Rai deve rafforzare il suo ruolo di principale motore dell’industria culturale audiovisiva e digitale italiana, in grado di attrarre e creare nuove professionalità. Ha le possibilità per farlo. Ed è giusto che i dipendenti Rai ritrovino l’orgoglio di appartenenza di chi lavora per il servizio pubblico del Paese» (a Paolo Conti).