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 2019  gennaio 26 Sabato calendario

Intervista ad Amadeus

Non si è tirato indietro, ha accettato la sfida, l’ha persa, e ora va dritto per la sua strada. Anche perché nessuno, contro di lei, ha portato a casa ascolti come i suoi. Lui è Amadeus, 56 anni (vero nome Amedeo Umberto Rita Sebastiani), veronese nato a Ravenna e trapiantato a Roma, che sabato scorso ha debuttato su Rai1 con la seconda edizione di Ora o mai più, show musicale dedicato a cantanti non più famosi in attesa di riscatto. Lei è Maria De Filippi che su Canale 5, con C’è posta per te, ha incollato alla tv 5 milioni 173 mila telespettatori facendo il 27,35 per cento di share contro i 3 milioni 520 mila e il 18,45 per cento del rivale. Insomma, lui perdendo le ha tolto 2,5 punti di share. E stasera si replica: stesse spiagge, stessi mari. 
Ora o mai più che cosa, per lei?
«Non lo so. Mai più sono due parole che per me non esistono. Sul lavoro, come nella vita, non si può mai dire quello che può succedere».
Fin qui le è successo quello che meritava?
«Sì, non mi lamento. Ho sempre sognato di lavorare come presentatore e questo sono riuscito a fare. Puntando sempre in alto e facendo di tutto».
Tutto cosa?
«Non conoscendo nessuno, all’inizio mentivo. Pur di avvicinare dirigenti o personaggi che pensavo mi potessero aiutare, mi spacciavo per doppiatore e giornalista. Quando li incontravo, però, dicevo subito la verità: vorrei condurre, posso lasciarle una videocassetta con quello che so fare?».
È mai successo qualcosa?
«Sì. Con Vittorio Salvetti, il patron del mitico Festivalbar, cui va tutta la mia gratitudine. A Verona, nell’83, dopo averlo aspettato 7 ore davanti all’ascensore del suo albergo, accettò di parlarmi. E all’Arena mi presentò Cecchetto. All’epoca avevo esperienza solo di sagre e feste paesane, niente di più. Claudio mi disse che cercava gente di Milano per Radio Deejay. E io ovviamente, mentii».
Come?
«Gli dissi che abitavo a Milano. Bene, disse. Dopo qualche giorno mi chiamò per lavorare. Ma io in realtà vivevo a Verona... Iniziai a fare su e giù con il treno tutti i giorni. Dopo tre mesi crollai e confessai ogni cosa. Rimase così colpito che mi diede a due soldi il minuscolo monolocale che stava per lasciare Tracy Spencer, la cantante».
Per arrivare fin qui c’è voluto più coraggio o incoscienza?
«Tutti e due. Sono un passionale. Mi butto sempre».
L’ultima cosa coraggiosa o incosciente che ha fatto qual è stata?
«Andare contro Maria De Filippi il sabato sera. Ho accettato perché il mio lavoro è fare tv, non vincere sempre. Basta che quello che faccio piaccia a me e a un po’ di gente».
Ha ragione, non si può sempre vincere: lei dal settembre 2006 al settembre 2009 non ha mai lavorato. Perché?
«Perché ho fatto la scelta sbagliata: lasciare L’eredità e la Rai per andare a Mediaset, a Milano, con un contratto lungo e tanti soldi. Le cose però non funzionarono e così per tre anni non ho praticamente mai lavorato. Non mi chiamavano nemmeno per la sagra del carciofo. Zero. Nessuno mi voleva».
Si è ritrovato da solo o c’è stato il fuggi fuggi?
«Da solo. Solo con mia moglie Giovanna, che non mi ha mai fatto pesare la situazione, e due-tre amici veri. Ricordo bene tutto, però. Quando il telefono non squilla più e un dirigente ti riceve lo stesso, quella è una boccata d’ossigeno. Ti fa sentire ancora in pista. Qualcuno con me l’ha fatto».
Mai sfiorato dalla depressione?
«Mai. Non sono il tipo. Ero pronto, se non avessi ritrovato la mia strada, ad aprire una pizzeria o andare all’estero».
Come si è rimesso in piedi?
«Grazie a un programma radio a Rtl 102,5». 
Quando guardava i colleghi in tv?
«Tutto bene. Mai stato invidioso. E poi le cose non succedono a caso. Avevo sbagliato e stavo pagando».
La cazzata della vita è stata questa?
«Sì, certo. Un segnale lo avevo avuto, però».
Che intende dire?
«Durante il servizio fotografico con cui avrei annunciato alla stampa il passaggio a Mediaset io e il cavallo cademmo insieme e per poco non mi sfracellai una gamba. Io sono figlio di un istruttore di equitazione. Non mi era mai successo».
La morale?
«Dovevo fidarmi solo di me stesso e di mia moglie. E ricordare che quando non si lavora è difficile farsi dire di sì, ma quando si lavora è più importante saper dire di no».
Forte di questa esperienza ai concorrenti di Ora o mai più – Paolo Vallesi, Annalisa Minetti, Donatella Milani, Michele Pecora, Barbara Cola, Silvia Salemi, Davide De Marinis, Jessica Morlacchia – ha detto qualcosa?
«Ho cercato di capire perché era andata a finire così».
E le risposte?
«Sempre le stesse: scelte sbagliate».
Per sopravvivere in Rai che cosa ci vuole?
«Basta non occuparsi di politica. Io non dico mai come la penso e lavoro pensando a quello che so fare: la tv nazionalpopolare».
Sanremo è il sogno di ogni presentatore: come vede all’Ariston uno come Claudio Bisio?
«Bene. Baglioni ha fatto le sue scelte, come è giusto che sia».
Lei come lo farebbe?
«A modo mio. Sanremo non si può sbagliare».
Un’idea ce l’ha?
«Certo. So tutto a memoria».
Che scadenza si è dato: entro i 60 anni o mai più?
«Anche 65».
Deve dimostrare qualcosa a se stesso? Agli altri?
«No. Mi dispiace solo di non aver imparato bene le lingue».
Dalla lista delle rivincite ha spuntato molte voci?
«Parecchie, sì». 
Il chiodo fisso?
«Stare tranquillo per offrire tranquillità ai miei familiari (la seconda moglie, Giovanna Civitello, 41 anni, il loro figlio di 10 anni, e la figlia di 21, avuta dalla prima consorte, ndr)».
Di solito non lo è?
«Sul lavoro, sì. Per il resto sono ansiosissimo, anche un po’ ipocondriaco».
Perché non usa i social?
«Non mi interessano. Non so usarli».
Il suo quid qual è?
«Credo la naturalezza. So stare dalla parte dello spettatore. Non sono cinico e non voglio fare spettacolo a ogni costo».
I difetti che non è riuscito a correggere?
«Gelosia e impulsività».
È anche litigioso?
«No. Sono buonissimo, ma se mi incazzo divento una iena».
Come Flavio Insinna?
«Non lo conosco privatamente, ma io non ho mai mancato di rispetto a nessuno».