Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  gennaio 26 Sabato calendario

Il pane all’abete

Spezzare una pagnotta fumante e sentire in una volta tutti i profumi del bosco. Può succedere se si assaggia il cestino del pane de «Il Fogolar», il ristorante del Best Western Plus Hotel Là di Moret di Udine, dove lo chef Stefano Basello, classe 1974, prepara un impasto a base di farina di corteccia di abete rosso e bianco. Un’idea che per lui è stata quasi un dovere morale: «Dopo il disastro di ottobre ho voluto pensare a qualcosa. Non voglio che i profumi del bosco vengano persi», ha raccontato Basello. 
Lo scorso autunno, infatti, un’ondata di maltempo ha raso al suolo decine di ettari di abeti sulle cime del Friuli, fino a Cortina: «Piogge intense e vento a più di 200 chilometri orari hanno spogliato i versanti. Ora, se si guardano le montagne, ci sono zone completamente deserte. Il vero dramma? Per il rimboscamento ci vorranno dai 60 ai 100 anni», ha aggiunto. Basello, che ormai da un paio d’anni con la sua brigata cucina con erbe spontanee, radici e licheni, ha subito pensato a un modo per far rivivere quegli alberi: «Mi sono lasciato guidare dalla storia delle mie terre, quando i contadini, obbligati a lasciare le farine pregiate ai loro padroni, sminuzzavano radici e cortecce per ricavarne pani nutrienti. Io oggi faccio lo stesso: all’impasto aggiungo il 20 per cento di farina ottenuta tritando la corteccia interna degli abeti caduti in ottobre»
Una tappa, questa, del percorso di riscoperta delle risorse del bosco iniziato due anni e mezzo fa dall’incontro con Valeria Margherita Mosca, esperta di foraging e proprietaria del «Wooding», tempio della mixology selvatica a Milano. Da allora la cucina di Basello si è profondamente legata alla flora locale: «Usiamo la radice di Polypodium per insaporire i piatti, l’acetosella per fare centrifugati, gli spinaci d’alpeggio per gnocchetti e zuppe e le bacche ghiacciate di rosa canina per le nostre “pillole”, che sono delle bavaresi con crema di bacca». 
La loro ultima creazione è, appunto, il pane di abete. «Lo serviamo per portare al ristorante i profumi delle camminate tra i boschi. Anche un panificio di Sappada si è interessato al progetto. Vogliamo mantenere viva la tradizione e, chissà, magari fare di queste pagnotte resinose il simbolo della nostra vallata».