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 2019  gennaio 21 Lunedì calendario

Roma, sponsor privati per riparare le buche

«Vi soddisferemo con l’ultima buca della vostra vita. Ma tutte le altre ve le risparmiamo». Pensateci. Potrebbero essere i cartelloni pubblicitari che troverete sul raccordo anulare. Un’ammiccante pubblicità di un’impresa funebre, visto che in questi tempi alcune si mostrano particolarmente creative per aggiudicarsi i feretri. E sul manifesto, un bell’operaio edile che riempie, vanga e bitume alla mano, una delle migliaia di buche stradali della Capitale. 
Sotto, il logo dell’impresa finanziatrice.
È quel che potrebbe avvenire se sarà approvata la bozza di regolamento di cui il Messaggero ha dato notizia. Il Campidoglio, stremato dopo anni di giunta Raggi tra il non aver voluto incidere su partecipate ormai al disastro come Atac e Ama e il protrarsi aggravato di cosiddette emergenze come rifiuti e buche stradali (emergenze ormai divenute ordinaria cronaca di cui non si vede alcuna possibilità di rimedio alle viste), pensa di affidarsi alle sponsorizzazioni private anche per la manutenzione ordinaria delle strade. Un vero paradosso, sotto diversi punti di vista.
Cominciamo col dire che, almeno a un primo esame, è una trovata singolare ma legittima. L’apertura alle sponsorizzazioni private da parte della Pubblica amministrazione è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 449 del 1997, e più e più volte successivi interventi normativi e una corposa giurisprudenza hanno confermato che è un’opzione possibile, anche se la sponsorship resta un contratto atipico, non standardizzato per legge ma circoscrivibile di volta in volta. A patto che siano rispettati almeno alcuni paletti. La stessa norma iniziale vincolava il ricorso alle sponsorship al rispetto di tre condizioni, rappresentate dal fatto che i contratti in questione devono essere diretti al perseguimento di interessi pubblici, devono escludere qualsiasi conflitto di interesse tra attività pubblica e attività privata, e devono comportare risparmi di spesa per le amministrazioni coinvolte.
Interventi normativi ad hoc hanno poi riguardato la disciplina delle sponsorizzazioni distinta da quella dei donativi dovuti a mecenatismo nel campo dei beni culturali e della manutenzione e messa a reddito dell’ingente patrimonio monumentale e museale e ambientale italiano; come nelle attività di procurement pubblico (vi sono aziende che come sponsor mettono il nome sulla carta usata per stampare documenti pubblici, e si è sviluppato un ricco filone interpretativo per definire su quali atti si possa e su quali no); come infine nel campo operativo di quei soggetti a metà tra il pubblico e il privato che sono le fondazioni bancarie, che svolgono una rilevante attività di sostegno alla vita culturale e alla coesione sociale dei territori in cui operano, a sostegno non solo di iniziative private ma anche delle Autonomie Locali. 
Anche il Codice degli Appalti sia nella stesura pre-Cantone sia in quella successiva è intervenuto a disciplinare i contratti di sponsorship passivi in settori delicati come quelli delle opere pubbliche, dettando princìpi per le gare a cui le sponsorship vanno sottoposte al fine di evitare che attraverso di esse soggetti interessati alla gara possano adulterarne la piena trasparenza e legittimità a danno di concorrenti.
Senza entrare oltre nei meandri del tecnicismo amministrativo, una cosa però è certa. Un conto è pensare di attirare denari privati per sostenere il recupero di un palazzo monumentale, o la fruibilità di una biblioteca, o il rilancio di un impianto sportivo, o la miglior manutenzione di un parco, come già capita da decenni in molte città italiane e in tutto il mondo. Tutt’altra è fare appello al privato perché il soggetto pubblico non riesce minimamente a organizzarsi, né dal punto di vista finanziario né dal punto di vista organizzativo, per l’offerta ordinaria di servizi essenziali alla cittadinanza, come appunto la manutenzione stradale senza la quale vengono lesi diritti fondamentali della persona come quello alla vita e alla sicurezza.
Lo diciamo dunque fuori dai denti: gli sponsor privati per le buche saranno pure legittimi, ma sono l’ennesima ammissione di una bancarotta politica. I residenti nella Capitale assolvono il loro dovere pagando Imu (sulla casa) e Tari (sui rifiuti) con aliquote che sono le più elevate in Italia. In cambio hanno pieno diritto di aspettarsi, e dopo tanti anni di disastro protratto hanno anzi pieno diritto di pretendere, che chi amministra il Campidoglio sappia e voglia assicurare almeno i servizi basilari. In caso contrario, la sponsorhip privata diventa solo un velo di creatività finanziaria dietro il quale nascondere che non c’è alcuna possibilità di tornare a strade sicure e sgombre da rifiuti. 
La pubblicità di quell’impresa funebre, se mai ci sarà, sarebbe l’amara dimostrazione che chi di buche tombali se ne intende davvero è molto meglio di chi ve le tiene aperte sotto piedi e ruote tutti i giorni.