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 2018  dicembre 12 Mercoledì calendario

Intervista a Mario Martone

Un film ambientato un secolo fa, ma ancora attuale. «L’arte ha sempre avuto e continuerà ad avere un potere rivoluzionario: è più che mai necessaria oggi per contrastare la violenza, gli schematismi, i muri», dice il regista napoletano Mario Martone, 59 anni, presentando Capri Revolution che, applaudito alla Mostra di Venezia, uscirà il 20 dicembre, capofila del cinema d’autore in sala per le feste. 
Sceneggiato da Martone con Ippolita di Majo, interpretato dalla rivelazione Marianna Fontana (una delle gemelle di Indivisibili, il film del 2016 di Edoardo De Angelis)) e da Reinoult Scholten Van Schat, Antonio Folletto, Jenna Thiam, il film è ambientato alla vigilia della Grande Guerra sull’Isola Azzurra dove si stabilì una comunità di intellettuali nordeuropei, eccentrici e utopisti. Degli hippie ante-litteram decisi a vivere a contatto con la natura, nudi, coltivando la danza, la poesia, la musica, le arti. Affascinata dal loro mondo, una giovanissima capraia analfabeta impara ad emanciparsi per inseguire i suoi sogni. Dopo l’affresco risorgimentale Noi credevamo e Il giovane favoloso, travolgente ritratto di Giacomo Leopardi (interpretato da Elio Germano), ancora una volta Martone punta tutto su un personaggio ribelle. E rigorosamente under 30.
Continua a pensare che i giovani abbiano la forza per ribaltare il mondo e magari migliorarlo?
«Consegniamo ai nostri figli una società peggiore di quella che abbiamo ereditato dai padri: ci sono ottimi motivi per sentirsi disorientati. Ma i giovani ne hanno altrettanti per reagire e trovare alternative. Io credo fermamente nella loro spinta ideale ed è per questo che ho scelto un cast sotto i 30. Anche a teatro, nella recente messa in scena de 
Il Sindaco del Rione Sanità». 
Quali, tra i temi affrontati nel film, sono più attuali? «L’organizzazione sociale ed economica basata sulla parità, l’attenzione al corpo e alla medicina, l’emancipazione della donna. E il rapporto con la natura: Donald Trump può anche sostenere che i cambiamenti climatici non ci riguardano, in realtà ci riguardano da vicino».
Il film attribuisce all’arte una valenza politica: è sempre così?
«Certo. L’arte, in qualunque forma, è un processo collettivo che unisce chi crea con chi entra in contatto con l’opera. I personaggi del film si confrontano, a volte in modo aspro, ma senza perdere l’interesse e il rispetto per chi la pensa diversamente. È una lezione importante per i nostri tempi in cui questo confronto risulta invece azzerato. Le pietre d’inciampo divelte a Roma, ad esempio, ci addolorano e ci fanno capire cosa stiamo diventando. Servono processi collettivi. Anche un film, proiettato in una sala, può esserlo». 
Ma la sala, scavalcata dallo streaming, non rischia di sparire?
«No. Il cinema si evolve: dal muto siamo passati al sonoro, dal bianco e nero al colore, gli schermi digitali si sono aggiunti a quelli tradizionali. Ma ci saranno sempre tante persone decise a non rinunciare al piacere della condivisione. La sala non morirà mai». 
È stato difficile trovare la protagonista di Capri Revolution?
«Eravamo pronti ad imbarcarci in interminabili provini, ma appena abbiamo visto Marianna in Indivisibili, Ippolita e io abbiamo capito che era la nostra attrice». 
Avete esitato tra lei e la gemella Angela che le somiglia come una goccia d’acqua?
«No, le due sono fisicamente simili ma hanno una personalità diversa. Anche Angela è bravissima, infatti ha girato Due soldati di Marco Tullio Giordana. Ma per noi era giusta Marianna. Siamo stati fortunati». 
Porterà sullo schermo Qui rido io, la storia di Eduardo Scarpetta, con Toni Servillo. In un mercato che accoglie i cinepanettoni, veri o presunti, come sta il cinema d’autore? «Molto bene, come ha sottolineato di recente Martin Scorsese. Anche se abbiamo perso Bernardo Bertolucci». 
A quale pubblico mira Capri Revolution?
«A un pubblico trasversale, come quello che ha fatto incassare 7 milioni di euro a Il giovane favoloso». 
E come spiega quel successo?
«I miei film nascono dalla complessità della vita e non fanno nulla per negarla. Stare al mondo è una faccenda complicata, io cerco di raccontarla in modo diretto, fluido. Nel mio ultimo film ci sono anche musica e danza: aiuteranno il coinvolgimento emotivo».