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 2018  dicembre 11 Martedì calendario

A Torino, una mostra su Marilyn Monroe


Il pacco dono è incartato con un nastro in raso: Marilyn Monroe sorride dentro una maxi calza davanti al caminetto addobbato per Natale e non è ridicola e non è patetica. Lei, votata dai soldati americani come miglior regalo: concetto difficile da digerire oggi eppure impossibile da contestare davanti allo scatto in cui sorride serena, indifferente alla scena assurda, anzi, come sempre, vera.
Il Museo del cinema omaggia Marilyn e in tempi di #meetoo osa con foto in biancheria intima, bustini in pizzo nero, tacco undici e gioielli con misteriose dediche. Sarebbe tutto molto retrò e ambiguo se non fosse Marilyn. Felice di flirtare con la macchina da presa e pure di dimenticarsene un secondo dopo, talmente speciale da essere sexy senza alcuna malizia, senza accenti: una diva naturale che forse non è contemporanea perché è semplicemente immortale. Non apparteneva al suo tempo e non appartiene a questo, resta nelle immagini realizzate da chi la conosceva bene, scelte dalle curatrici Nicoletta Pacini e Tamara Sillo per raccontare intese e non certo richieste strambe di artisti lunatici.
I segreti sfilano in décolleté
Si vedono solo foto firmate da amici dell’attrice. Molte sono di Milton Greene che un breve periodo ha pure avuto una casa di produzione in società con la diva e per l’inaugurazione le ha regalato un visone bianco. Un altro eccesso portato con inconsapevole sfrontatezza e determinata nonchalance.
Per capirla bisognerebbe mettersi nei suoi panni ma è impossibile per chiunque immaginarsi icona della bellezza, centro del desiderio, paragone del fascino e tutto senza l’accenno di una finzione, di un gesto forzato o studiato. «Non è una mostra, è una scatola di praline, un concentrato di gioia, piccoli dettagli che aiutano a svelare una donna magica. Sapeva andare oltre la bellezza. Sapeva muoversi come nessuna», Pacini racconta i segreti dell’allestimento, il rapporto con il museo dell’Academy, i quattro bozzetti esposti insieme a quattro foto a tema natalizio e le 66 paia di scarpe. Tutte firmate Ferragamo che era partito per l’America nel 1914 ed era diventato «il calzolaio di Hollywood». Per l’attrice aveva inventato uno speciale modello décolleté poi messo sul mercato e trasformato dal museo del cinema in installazione. 
Una cascata di scarpette rosse e non è solo il titolo del film passato nella rassegna dell’ultimo Torino Film Festival, è pure il simbolo di protesta contro la violenza sulle donne. E non stona comunque lì, in un tempio costruito intorno al potere di una signora che a un certo punto si è presa la sua carriera. In anni in cui pareva impossibile, in modi che poteva usare solo lei. Le hanno rubato tante pose in una vita anche tormentata, ma al museo del cinema vedrete solo quelle che ha voluto lei, solo quelle in cui riesce a essere l’incarnazione della sensualità senza provocare. 
Non ci si può mettere nei suoi panni, ma nelle sue scarpe sì donne o uomini che siate perché basta guardarle, non serve altro. Il rosso laccato di affermazione, l’oro sdrammattizzato, il nero portato senza averne l’aria, senza cerimonie. «Merry Marilyn», tutto quanto fa buon umore, persino i ritratti scattati sulla spiaggia di Santa Montica tre settimane prima della morte. La fine tragica che non si incastrerà mai con quel sorriso. Troppo vero per essere una copertura.