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 2018  dicembre 11 Martedì calendario

A 80 anni Arbore torna in tv

Credo che il compito di uno della mia età non sia quello di fare trap né di mettersi i jeans sdruciti con i buchi – anche perché le correnti d’aria sono micidiali – ma di usare la rete per lasciare una testimonianza, di insegnare qualcosa finché c’è ancora comprendonio». Renzo Arbore ridacchia, a 80 anni continua a coltivare le sue passioni, a fare musica e la televisione a modo suo: torna domani su Rai 2 («Arbore è il dna di Rai 2», dice il direttore della rete Carlo Freccero) con Guarda... Stupisci – Modesta e scombiccherata lezione sulla canzone umoristica napoletana per insegnare “l’umorismo goliardico” ai millennials accanto a Nino Frassica e Andrea Delogu. Tanti ospiti (Gigi Proietti, Lino Banfi, Enrico Montesano, Lello Arena, Enzo Decaro, Marisa Laurito, Stefano Bollani, Teo Teocoli, Vittorio Marsiglia e Tullio De Piscopo) per un varietà ospitato a Napoli che è un omaggio alla città, già dalla scenografia di Cappellini e Licheri.
Arbore, ha scelto una Napoli da cartolina.
«Sì, c’è il ricorso alla Napoli classica – la statua di San Gennaro, le luminarie delle feste, le ceramiche di Vietri, l’omaggio a Totò – un’immagine da cartolina snobbata per tanti anni. C’è la Napoli che si aspettano fino a Bergamo, trovo gente del Nord entusiasta che si gode la città, finalmente come se l’aspettava. La Napoli della luce contro la Napoli della camorra».
Il suo rapporto con Napoli?
«È nel mio cuore, ho studiato giurisprudenza sette anni, vabbè dovevano essere quattro, me la sono presa con calma. Stavo sempre al Circolo del jazz. Per me è magica. Oggi poi, è bellissima, più pulita di Roma, strade curate e illuminate: un salotto».
Dal punto di vista artistico ci sono molti modi per celebrarla: perché la canzone umoristica?
«L’idea mi è nata perché da parecchio cerco di riscoprire i generi che rischiano di essere dimenticati. La prima medaglietta che mi metto è per aver riscoperto la canzone umoristica col Clarinetto.
La seconda quando ho rilanciato i classici napoletani nel mondo con l’Orchestra italiana, ho fatto 1500 concerti dal ’91. Sono figlio dell’umorismo infarcito di doppi sensi e giochi di parole: ma tutta questa roba è nata nella Belle Époque come musica fatta da intellettuali napoletani che si divertivano a sfottere e a usare la musica per gioco. Da Nino Taranto ai cosiddetti macchiettisti che si autosfottevano, ci sono pezzi che rischiavano di essere dimenticati».
Li avete recuperati?
«Tutti i meccanismi comici degli umoristi vengono da quelle canzonette lì, quindi con Ugo Porcelli abbiamo deciso che era giusto farli conoscere».
Avete riunito i giovani in una classe?
«Con Andrea Delogu e Nino Frassica ci siamo inventati il format di Indietro tutta – 30 e l’ode. Qui c’è lo stesso schema. Pomposamente lo chiamiamo educational show, con gli spettatori che sono allievi, cantanti del coro del San Carlo e studenti di discipline dello spettacolo. L’aula è intitolata a Totò».
Giocare con i doppisensi che ama tanto senza scadere nella volgarità, è difficile?
«L’obiettivo è di scherzare con “l’alto” e “il basso” per stuzzicare i giovani a frugare nel passato.
Faccio televisione per far ridere, la mia è sempre “televisione per”. Oggi fanno “televisione contro”, e s’inventano tutto per strappare una risata. Dentro quelle canzoni c’era la cultura napoletana, l’acume, la gioia di vivere, il sorriso. Era la città più sorridente d’Italia. Cappellini e Licheri si sono inventati “uno studio a mare”, il regista Luca Nannini ha fatto un lavoro pazzesco.
Per ora facciamo due serate, ma la formula può essere ripetuta».
Arbore, lei fa una cosa rivoluzionaria: chiede ai giovani di guardare al passato.
«Questi nascono col computer, se gli dici Alberto Sordi non sanno chi sia, non c’è memoria.
Se non glielo fai vedere in televisione tocca affidarsi alla rete per invitare i più giovani a approfondire. Così si riscopre la nostra cultura».
Come vede la Rai?
«Confido in una stagione creativa e positiva, mi auguro che non ci si affidi solo ai format comprati all’estero. Nel mio programma parlo, spiego e faccio vedere brani di stagioni gloriose della Rai. E li vendo come “programmi della televisione più bella del mondo” perché sappiamo che la tv italiana ha avuto davvero stagioni meravigliose. Io che avevo inventato “no non è la Bbc, questa è la Rai è la Rai tv”. Oggi più che mai ne sono convinto».
Sta dicendo che è meglio
la tv di ieri?
«C’erano Antonello Falqui, Enzo Trapani e Guido Sacerdote, si producevano varietà come Non stop e Senza rete, c’erano artisti meravigliosi come Gabriella Ferri, Sandra e Raimondo, Claudio Villa che ci sfotteva.
Il sabato era una festa, gli ospiti degli show erano Gassman e Totò. Era una tv degna del cinema di quegli anni che infatti era il più bello del mondo».
Come nasce la qualità?
«Con lo scambio di idee.
Pensavamo che fosse normale sentire quelle battute, quegli sketch, ma c’era dietro un lavoro enorme. Il meccanismo per chi lavorava in tv era lo stesso dei registi cinematografici che si facevano concorrenza. Così in Rai si facevano concorrenza Falqui e Sacerdote che volevano essere i primi e chiamavamo le Kessler, Mina, Raffaella Carrà.
Poi si inventavano duetti, sigle e canzoni meravigliose».
Si avverte una punta di nostalgia.
«No, non è nostalgia, non voglio essere bollato come nostalgico.
Da artista dico che era “televisione a lunga conservazione”, che aveva un marchio, uno stile. Dopo è stata inventata la fast tv. Che si consuma presto, può anche essere saporita, come i piatti del fast food. Ma io sono per la slow tv come amo lo slow food.
Non è rimpianto del passato ma di una televisione che veniva fatta con criteri artistici».
Oggi cosa manca?
«L’artisticità. Si fanno le cose senza pensare che i programmi debbano durare».
Tra i conduttori chi le piace?
«Fazio, Cattelan, Conti sono tutti bravi. Ma io credo che il destino della tv sia nelle mani delle donne che sono diventate bravissime. Confido nelle ragazze: Bianca Guaccero, Caterina Balivo, Andrea Delogu, sono forti. C’è una generazione di donne che scalzerà gli uomini».
Hanno una marcia in più?
«Hanno talento, grande sicurezza e sono più riflessive rispetto agli uomini. Non sa come ci dirige la Delogu: ha tutto sotto controllo. Per me è la nuova Carlucci».