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 2018  dicembre 11 Martedì calendario

Boldi e De Sica: noi due, senza eccessi trash

E ri-vissero felici e contenti, desiderosi di non essere più la metà di una coppia. Addio incomprensioni e polemiche (ora negate). Massimo Boldi e Christian De Sica di nuovo insieme dopo 13 anni. Il nastro si riavvolge sui 23 film in coppia, tutto torna come una volta e ammicca al passato. Dal titolo, Amici come prima (esce il 19 in oltre 500 copie per Medusa, che lo produce con Indiana), alle battute del film: «Miami, India, Nilo, non ci siamo già visti?»; «Allora pace fatta?».
De Sica è anche il regista, col figlio Brando benché il suo nome non appaia: «Ha studiato a Los Angeles con Lynch, ci ha dato una frustata di vitalità. Abbiamo tolto siparietti, gag, parolacce di troppo. Prima ero lo sciupafemmine, ora sono un disperato. C’è tenerezza, malinconia. Il modello è Mrs. Doubtfire».
Christian, direttore di un hotel di lusso, si traveste da donna travolgendo Massimo, pazzarello proprietario dell’albergo, che nella realtà è una villa di Berlusconi: «Dopo Putin, ci dorme Boldi», scherza Christian. Massimo si finge portatore di handicap; Christian diventa il suo badante per necessità. Deve tornare a lavorare, dopo che la perfida figlia di Massimo l’ha licenziato dalla tolda della concierge. Vi eravate lasciati al momento del massimo successo, Natale a Miami incassò 25 milioni. «Il cinema italiano soffre, speriamo di farlo riamare dagli spettatori» dice Massimo, «negli anni passati mi è andata abbastanza bene, nei titoli ho sostituito la parola Matrimonio al Natale».
Lui, di cinque anni più grande, lombardo, figlio di un decoratore di pasticceria («sono di Luino, il capostazione era il papà di Dario Fo»); l’altro, romano, figlio dell’immenso Vittorio De Sica. Si conoscono da ragazzi. Christian: «Suonavamo nelle balere e nei locali notturni nel gruppo La pattuglia azzurra, Massimo alla batteria, io ero la voce. A una festa di piazza in Calabria portavo una giacca rossa, sembravo una bambolona, uno mi ha gridato: a ricchione!». Massimo ride: «Christian lo portò l’impresario di Celentano che aveva scoperto Al Bano: vedrai, è un ragazzo elegante. Noi due siamo sempre rimasti amici in questi anni, è come se ci fossimo lasciati ieri. Mi siamo rivisti alla festa del nostro comune amico Paolo Conticini. Lì abbiamo deciso». «Al primo ciak sembravamo Ginger e Fred», dice Christian. Boldi, se eravate amici, perché separarsi?». Ero rimasto vedovo, un periodo difficile della mia vita, mi guardai allo specchio e volli mettermi alla prova e non rinnovai il contratto con Aurelio De Laurentiis, non l’hanno sentito. «Ma l’abbiamo invitato all’anteprima», dice Christian, «lui decise di rompere il contratto».
Ma questo è un cinepanettone? «Magari lo fosse», dice De Sica, «devo la carriera a quel genere, ora li fanno tutti». Perché è un modello in declino? «Perché è cambiata l’Italia», dice Boldi.
In crisi o no, società di cinema impegnato si tuffano su film natalizi, da Lucky Red a Indiana, il cui socio Marco Cohen spiega: «Oggi regna il cinema industriale, per portare un film a Venezia devi farne cinque, una serie tv e tanta pubblicità». Christian, temete il remake di Mary Poppins? «Ma quelli hanno decine di milioni di dollari, il nostro è un film con lo spago e il fil di ferro». E Checco Zalone: «Un fenomeno geniale che ha alle spalle pochi film. Io ne ho 110». «E io 70», gli fa eco Massimo, «forse mi riunirò ancora con Christian». L’avventura continua? La parola al botteghino.