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 2018  dicembre 11 Martedì calendario

Battiston e l’arte difficile di interpretare Pirandello

Cinema, teatro, tv, audiolibri, a Giuseppe Battiston il lavoro non manca. Riconosciuto come uno dei migliori attori italiani di quest’epoca, passa con naturalezza da un medium all’anno perché «mi affascina fare il mio lavoro in maniera seria e creativa. Non c’è differenza, sono un ragazzo affezionato alle cose belle. Mi piace fare cose che mi mettano in gioco». 
Già definirsi ragazzo a cinquant’anni non è male: «Ma ho i capelli lunghi e pochissima barba bianca. E ancora tanta voglia di fare», ride Battiston. Quando esordì al cinema, nel 1990, nei titoli di coda di Italia-Germania 4-3 gli venne addirittura storpiato il cognome in Battistoni: «Ed è rimasta la stessa voglia di scoprire che avevo allora, la voglia di fare ciò che non so fare». E cosa non sa fare? «Un sacco di roba. Ad esempio non so la matematica, non so dipingere, non so suonare. Mi piacerebbe interpretare un musicista o un pittore, entrare in quelle vite lì». 
Da oggi fino al 6 gennaio
Interpretare, essere un attore, perché è questo che sa fare: recitare. I torinesi ne potranno avere un’altra prova per quattro settimane al Teatro Carignano dove, diretto da Filippo Dini, sarà in scena da oggi al 6 gennaio in Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello. Una produzione del Teatro Stabile, la prima nella sua storia che resterà su per quattro settimane, che ha già battuto ogni record di presenze e che andrà in tournée senza di lui. 
È la prima volta che questo testo viene prodotto dal Tst, dove invece Battiston è di casa, alla quinta produzione da protagonista. Ogni volta una sfida diversa: «Pirandello all’estero è conosciuto più come filosofo che come drammaturgo - ragiona lui - il suo linguaggio è straordinario ma obsoleto, difficile. Di un suo testo non si tocca una parola perché è Pirandello ed è in italiano, mentre con le traduzioni ci permettiamo i peggiori scempi, anche su Shakespeare. Mi sono sempre chiesto il perché». È quantomeno insolito sentire un attore parlare in questo modo di un autore che sta portando in scena, ma Battiston è così, schietto e diretto: «Il rischio con Pirandello è di fare un’operazione filologica e monocromatica. Dini è stato bravo a non farlo, l’ha interpretato. Pirandello si fa perché è un classico, ma è complesso. Io lo leggo, ma non ho alcun desiderio di metterlo in scena. Sono contento però di affrontare un personaggio interessante come Ponza in una compagnia composta da gente che non si risparmia». 
Un cast di prim’ordine che vede al suo fianco Maria Paiato, lo stesso Dini, Francesca Agostini, Mauro Bernardi, Andrea Di Casa, Ilaria Falini, Mariangela Granelli, Dario Iubatti, Orietta Notari, Nicola Pannelli, Benedetta Parisi e Giampiero Rappa.
La complessità di Pirandello non sta scoraggiando il pubblico. Anzi. Il teatro sta meglio del cinema? «In un momento di crisi generale di tutto lo spettacolo, non solo in Italia - riflette Battiston - rischia di più il cinema. Perché il teatro, anche se attaccato alle macchine come un malato terminale, ha una sua ragione di esistere nella contemporaneità dell’evento: pubblico e attori presenti nello stesso luogo, nello stesso momento. La morte del cinema non è Netflix, a decretarla sono gli spettatori che non vanno a vedere i film. E il cinema diventa ristorante, o parcheggio».
Per il Signor Ponza è ora di tornare a fare le prove, c’è giusto il tempo di una battuta su Stefano Fresi, che tanto gli somiglia. Se Fresi racconta di divertirsi nel firmare autografi al posto suo, Battiston ribatte: «Io ricevo parecchi complimenti per Smetto quando voglio, sto ancora vivendo di fama non mia. Volete riconoscere chi dei due è Battiston? Metteteci davanti a una tastiera». Fresi è un ottimo musicista e compositore. Chissà che non si possa vederli insieme in un film in cui l’uno insegna all’altro a suonare.