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 2018  novembre 09 Venerdì calendario

Figli di separati, in 8 casi su 10 gli affidi sono condivisi

Il ddl Pillon punta a introdurre l’affido condiviso, interpretato come affido alternato a tempi equivalenti tra padre e madre, ma in Italia l’affido dei figli a entrambi i genitori nelle separazioni e nei divorzi è già la forma prevalente grazie alla legge numero 54 del 2006. Se infatti nel 2005 i figli minori sono stati affidati esclusivamente alla madre nell’80,7% delle separazioni e nell’82,7% dei divorzi, con percentuali più elevate al Sud, nel 2015 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati Istat) gli affidi esclusivi alle madri sono calati in modo drastico all’8,9% nelle separazioni, mentre nell’89% dei casi sono congiunti.
Le informazioni su un tema così cruciale sono poche. Il ministero della Giustizia non ha dati. L’Istat registra che con l’introduzione del «divorzio breve» sono aumentati i divorzi e che otto volte su dieci, anche in questo caso, i figli minori vengono affidati a entrambi i genitori. Non rileva però dove vanno a vivere. L’ultima ricerca in merito risale al 2009 e fotografa una condizione in cui la riforma dell’affido non era ancora a regime. Secondo questi dati il 13% dei bambini affidati esclusivamente alla madre dormiva dal padre almeno qualche volta alla settimana,il 22,7% qualche volta al mese, l’11,6% a periodi alterni o in alcuni periodi, il 32% mai anche se frequentava il padre, il 20% aveva perso tutti i contatti. 
Un’indicazione indiretta si può ricavare dall’assegnazione della casa: di solito (anche se non sempre) viene data al genitore presso il quale vivono i figli. Le separazioni in cui la casa comune era assegnata alle mogli erano il 57,4% nel 2005 e sono diventate il 60% nel 2015 (il 69% se c’era almeno un figlio minore). Da un focus del Tribunale di Reggio Emilia emerge che la collocazione prevalente è presso la madre e che quando i figli di non coniugati (per cui non vale il ddl Pillon ma che però esprimono un orientamento comune) sono collocati presso la madre, i padri passano con loro – tra weekend alternati e pomeriggi infrasettimanali – sei giorni su 14.
Da un punto di vista legale quindi l’affido è già condiviso. Se non viene applicato ovunque nello stesso modo dipende da un insieme di fattori che sono soprattutto sociali e culturali, come è emerso dall’esperienza degli operatori (magistrati, avvocati, mediatori e psicologi), intervenuti agli incontri del Corriere.
«Nei fatti sono pochissimi i padri che chiedono di tenere i figli», spiega Anna Cattaneo, presidente della Sezione famiglia del Tribunale di Milano. «Nella maggior parte dei casi noi dobbiamo intervenire per costringere i padri a occuparsi dei figli» conferma il procuratore del Tribunale dei minori di Milano Ciro Cascone. Un’analoga tendenza si registra a Roma. «Abbiamo visto che quando i padri chiedono di tenere i figli spesso dietro c’è una motivazione economica», spiega Cecilia Fraccaroli mediatrice di GEA-Genitori Ancora.
Il ddl Pillon vuole intervenire in questo contesto con «una progressiva de-giurisdizionalizzazione, rimettendo al centro la famiglia e i genitori e soprattutto restituendo in ogni occasione possibile ai genitori il diritto di decidere sul futuro dei loro figli e lasciando al giudice il ruolo residuale di decidere nel caso di mancato accordo». Impone però schemi molto rigidi che non si conciliano con la forte conflittualità di molte coppie. «Ci vorrebbe più diritto, non meno diritto – dice Giovanna Fava, del Forum delle donne giuriste —. Uno dei problemi piuttosto è che le udienze di separazione e divorzio durano troppo poco e non affrontano le esigenze delle situazioni concrete». 
Il merito del ddl è aver fatto discutere di paternità e maternità ricordando che la cura non deve essere relegata solo alle donne. «Ma se non si lavora a creare la parità prima della separazione – nota Fava —, quella parità è finta». Oggi in Italia lavora ancora meno della metà delle donne.