Corriere della Sera, 11 ottobre 2018
Le elezioni europee hanno esito incerto
La campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo maggio è di fatto già iniziata, in Italia ma non solo. Le attese o i timori sono che le consultazioni cambino radicalmente il quadro nel Parlamento europeo e quindi gli equilibri nella Ue. Il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha sostenuto che i vecchi politici di Bruxelles se ne andranno a casa. Uno studio pubblicato ieri dal network di think-tank EconPol e realizzato dallo Zew di Mannheim e dall’Ifo di Monaco aiuta a capire da quale situazione si parte, cioè cosa pensano dell’Europa i cittadini dei 28 Paesi dell’Unione: è utile per immaginare su cosa si concentreranno le campagne elettorali nazionali. Analizzando i dati dell’Eurobarometro (la serie di sondaggi condotti dalla Ue), lo studio rivela che nel complesso aumentano i cittadini che in qualche misura si sentono europei. Coloro che definiscono la propria identità come solo europea (nel 2017) sono pochi, tra il due e il 3%, in calo rispetto al quasi 5% del 2011. Sono però in recupero coloro che si sentono prima europei e poi con una propria nazionalità: attorno al 7%. Soprattutto, aumentano i cittadini che sentono prima l’appartenenza nazionale ma poi anche quella europea: salgono dal 41% del 2009 al 55% del 2017. Coloro che invece dicono di avere solo un’anima nazionale (e per nulla europea) calano dal 47% del 2010 al 34% dell’anno scorso. Diminuisce insomma il rifiuto dell’Europa anche se non cresce straordinariamente lo spirito europeista. Le tendenze sono però piuttosto diverse a seconda del Paese. Se si considerano i sondaggi del 2005 e quelli del 2017 (periodo nel quale ci sono state le crisi finanziaria e dell’euro) si scoprono cose interessanti. L’Italia è nel gruppo di Paesi in cui l’identità solo nazionale ha fatto passi avanti, di quasi il 4%, e l’identità europea (sia come prima scelta che come seconda scelta) è arretrata, di quasi il 5%. Del gruppo fanno parte la Francia, la Grecia e alcuni Paesi dell’Est europeo. Sorprendente è il risultato dell’Ungheria, dove i solo nazionalisti sono calati del 22% e gli europeisti sono cresciuti del 21%. Tendenze simili, anche se meno pronunciate, in Polonia, Svezia, Olanda, Regno Unito e nella maggior parte dei Paesi della Ue. Un crollo elettorale dei partiti pro Europa non è scontato.