Corriere della Sera, 17 settembre 2018
Politica e authority, ambigue Invasioni di campo
Sono passati poco più di cento giorni dal suo insediamento e nessun governo della storia italiana ha manifestato una così grande fame di posti come quello in carica: Cassa depositi e prestiti, Agenzie fiscali, Ferrovie, Rai, molti dipartimenti ministeriali, per un motivo o per l’altro, hanno visto uscire i precedenti titolari, sostituiti dai nuovi nominati. Nello stesso tempo, il governo ha incontrato e incontra difficoltà interne nella scelta delle persone da nominare: basti pensare alla tanto attesa scelta del commissario per gli interventi straordinari a Genova. E si può prevedere che altre ne incontreranno i presidenti delle Camere per la prossima nomina del presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato senza una chiara strategia.
Il caso più eclatante è quello della presidenza Consob, dove la duplice pressione di alcuni parlamentari del M5S e del governo ha costretto il titolare alle dimissioni. Un vicepresidente del Consiglio dei ministri l’ha definito «servitore della finanza internazionale». Il governo in carica ha posto in dubbio accertamenti e valutazioni compiuti non solo dal precedente governo, ma anche dalla Corte dei conti e dal presidente della Repubblica. Ha introdotto un nuovo tipo di sistema delle spoglie, rivolto verso il passato, che apre la strada a più generali «repulisti», perché d’ora in poi nessuna carica pubblica sarà circondata da quelle garanzie che spettano ai funzionari pubblici.
Ha inviato un avvertimento a tutti i servitori dello Stato, minacciando di fare piazza pulita per ogni dove. Infine, ha dato una spallata all’indipendenza delle autorità indipendenti, minandone l’autonomia di giudizio e di decisione.
Mi soffermo soltanto su quest’ultima ferita del tessuto istituzionale operata dal governo e dalla sua maggioranza.
Le autorità indipendenti sono state introdotte una per una in Italia a partire dagli anni 90 dello scorso secolo e sono poi state regolate in generale da una legge del 1995. Rispondono all’esigenza di mettere nelle mani di esperti indipendenti la regolazione di settori particolarmente importanti (ad esempio, le comunicazioni, l’elettricità e il gas, i trasporti, la «privacy») oppure la soluzione di conflitti di interessi in materia di concorrenza. Molte leggi prevedono che i componenti delle autorità siano nominati dal Parlamento o dai presidenti delle Camere, proprio per sottrarre al governo il controllo (indiretto) di questi settori.
In quasi trent’anni, l’indipendenza delle autorità di regolazione o di aggiudicazione ha subito una duplice erosione, da parte del legislatore e da parte dell’esecutivo. Il Parlamento ha abbondantemente legiferato in materie che erano state rimesse alle autorità. Ci si è quindi chiesto che utilità abbia delegare ad autorità tecniche e indipendenti materie di cui la politica e le maggioranze parlamentari si riappropriano. Il governo, poi, ha utilizzato le autorità indipendenti per chiedere pareri e fare accertamenti, così riassorbendone l’attività al servizio di quei ministeri dai quali le autorità dovevano essere indipendenti.
Le maglie della politica ora si stringono ulteriormente. È la prima volta che questa agisce su un componente di una autorità, mettendone in dubbio la legittimazione, che era stata certificata in molteplici sedi, ed aprendo un controllo all’indietro che potrebbe non fermarsi alla Consob.