Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  settembre 14 Venerdì calendario

Il “sarrismo” entra nella Treccani

Dopo essere gioiosamente entrato in campo e in non poche porte avversarie, il sarrismo fa il suo trionfale ingresso nella Treccani. L’illustre istituto enciclopedico, a un tempo testimone e osservatorio dei movimenti della nostra amata lingua italiana, che come tutte le lingue parlate e scritte a questo mondo è un corpo vivo, mobile e mutante, ha decretato che il lemma “sarrismo” è ormai di uso comune. Il passo fondamentale per questa certificazione, dichiara la Treccani nel proprio profilo Twitter, è un articolo di Repubblica del 6 settembre scorso. E scusate se per una volta, come direbbe Woody Allen, ci citiamo addosso: quanno ce vo’, ce vo’.
«A questo punto, il termine sarrismo potrebbe entrare nel nostro vocabolario online», dichiara Luigi Romani, linguista della Treccani. «Per ora è entrato nella base dati lessicale, un primo passo non trascurabile». Siccome il destino di ogni parola è stabilito dall’uso, oltre qualsiasi criterio di merito o gusto perché la lingua è democratica (se un termine si adopera, quel termine esiste), il sarrismo esce dal mondo delle idee e delle dispute sulla bellezza calcistica e scende in strada, camminandoci accanto: ora è un neologismo, ha il bollino blu come la famosa banana. E possiamo facilmente prevedere che il suo percorso non finisca qui, visto che il sarrismo è pure sbarcato in Inghilterra, e allora aspettiamoci non solo l’approdo nel vocabolario italiano ma in qualche “novissimo” italiano/inglese.Che bella cosa, ragazzi, per l’uomo in tuta, per il più irregolare di tutti. Che meraviglia diventare non solo una tattica ma una parola, correre veloci di bocca in bocca, De Andrè sì che aveva capito tutto. Anche uno studente del liceo scientifico “Mercalli” di Napoli, Antonio Restaino, aveva capito molto scegliendo il sarrismo come tesina per l’esame di maturità ("Gioia, rivoluzione e l’ideale di bellezza"), un altro segnale di quanto una lingua sia terreno carsico, qualcosa di potente si muove là sotto. E il calcio lo racconta come nessuno, perché lì dentro c’è tanto di noi.
Ma non si pensi a una moda, a una bizzarria come tante. Sarrismo, per dirla con il giovane collega Jacopo Ottenga, «è il sogno che si è imposto alle intenzioni». È un veicolo di bellezza, è prendere un pallone e insegnare a un gruppo di giocatori come trasformarlo in qualcosa che dà gioia agli altri, si vinca o non si vinca, questo non importa neppure alla Treccani.