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 2018  settembre 13 Giovedì calendario

La diciottenne amante di J.D. Salinger

È tempo che Lolita si prenda la sua rivincita. A lanciare il sasso nello stagno è stata per prima Joyce Maynard -ex amante di J.D. Salinger quando lei aveva 18 anni (e lui 53). Nel 1972 l’autore, già recluso nella sua villa-bunker in New Hampshire, le inviò una lettera piena di passione: aveva letto un saggio della ragazza apparso sul magazine del New York Times, con una foto che la ritraeva come era allora, una brunetta acerba e sbarazzina. «Le sue parole ebbero su di me un effetto magico, travolgente – racconta la donna, oggi 64enne, sulle colonne dello stesso quotidiano – era come se mi avesse scritto il giovane Holden in persona». Dopo il primo contatto, in cui Salinger offriva alla ragazza ammirazione, amicizia e aiuto spirituale, ci furono dei contatti telefonici. «Mi chiese di lasciare il college, di andare a vivere da lui; mi promise che avremmo avuto dei bambini, che avremmo lavorato a commedie per i teatri del West End di Londra e che lui sarebbe stato (io credevo veramente che fosse sincero) il mio compagno per sempre».

L’EREMITA
La storia non andò come sperato. L’eremita di Cornish ogni giorno si allontanava per andare a scrivere, nello studio in cui a lei era proibito entrare (quindi continuava a lavorare, anche se non pubblicava più niente); la ragazza non poteva neanche ascoltare i dischi che si era portata, ma cercava di mostrarsi sempre docile e ubbidiente. Sette mesi di passione dopo, Salinger le mise in mano una banconota da 50 dollari e le disse di punto in bianco di tornare a casa perché non voleva vederla mai più.
IL RIMORSOPer molti anni, Maynard ha tenuto dentro di sé tutto quello che le era successo. Si è sposata, è vissuta nel rimorso per avere lasciato l’università di Yale, ha avuto tre magnifici bambini. Poi, quando la figlia cominciò a crescere, riprese in mano tutte le vecchie lettere; e si fece strada in lei l’idea di scrivere un libro di memorie. Quando At Home in the World fu pubblicato, nel 1998, l’autrice fu assalita da ogni parte. La definirono stalker, sanguisuga, ninfetta; fu paragonata a Monica Lewinsky – che forse non era meno vittima di lei. La successiva vendita all’asta delle lettere non fece che aumentare la sua impopolarità.
«Allora – si lamenta la Maynard – mi definirono una predatrice». Vent’anni prima del movimento #MeToo, l’atto di violare la privacy di un grande scrittore (peraltro, allora ancora vivente) era considerato un tabù. Ma oggi chi dei due può essere considerato la vittima? La ragazzina o il maturo autore di successo? 
Di certo Salinger aveva le sue manie. Quando lei lo conobbe era ormai un misantropo: non aveva mai digerito il tradimento di Oona O’Neil (figlia del drammaturgo Eugene), che malgrado un corteggiamento serrato da parte dello scrittore diventò, ad appena diciott’anni, la quarta moglie di Charlie Chaplin.
Mary Calloway, classe 1990, ha raccontato qualche anno fa in What Purpose did I Serve in your Life (a che scopo ti sono servita nella tua vita) il suo legame pericoloso con un importante autore di New York, facendo scandalo e seminando il panico nell’ambiente. Ma che oggi il clima sia definitivamente cambiato lo dimostra soprattutto Lisa Halliday, che nel suo romanzo d’esordio, Asimmetria, (appena pubblicato da Feltrinelli) racconta – sia pure cambiando i nomi e con il beneficio della finzione – la sua storia con Philip Roth. L’autrice, oggi 41enne, vive a Milano; aveva conosciuto lo scrittore quando lavorava per l’agenzia Wylie ed era poco più che ventenne: tutta la prima parte del libro è dedicata a lui. Roth, alias Ezra Blazer, è una persona caustica e generosa, debole nel corpo e vulcanica intellettualmente; la storia soddisfa il voyeurismo di chi vuole vedere la protagonista, Alice, guardare la partita di baseball a letto assieme al mitico scrittore, apprendere gusti e défaillance sessuali dell’autore di Pastorale americana; ma il romanzo è stato ben recensito in patria, ed è valso alla Halliday il premio Whiting per la fiction 2017.

LA CRITICA
L’era del #MeToo sta cambiando anche la critica, e il modo in cui vengono visti i giganti della narrativa. È stato proprio uno scandalo sessuale a far saltare il premio Nobel per la letteratura, che non sarà assegnato quest’anno; e lo scrittore americano di origine dominicana Junot Díaz, Pulitzer nel 2008, è stato accusato da molte donne di abusi. Non c’è pace nemmeno per i mostri sacri. Clare Hayes-Brady, in The Unspeakable Failures of David Foster Wallace, descrive un autore geniale ma irrimediabilmente misogino;la poetessa Mary Karr ha accusato l’autore di Infinite Jest di averla aggredita e minacciata, quando era una mamma single.