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 2018  settembre 12 Mercoledì calendario

La scuola supera se stessa: dopo un giorno già in sciopero

Puntuali come il crollo di un ponte, anche quest’anno le scuole italiane riaprono con le pezze al sedere e al ritmo delle campanelle fatte risuonare dagli insegnanti radunati per l’immancabile sciopero. Ieri mattina, davanti a Palazzo di Montecitorio, in coincidenza con la discussione del Milleproroghe, è stato il turno dell’Anief. L’associazione nazionale che riunisce insegnanti e formatori, fiancheggiata dai duri dei Cobas, avanza i consueti reclami di fine estate: l’inserimento in graduatoria di tutti i docenti abilitati, la conferma dei ruoli di chi ha superato l’anno di prova, la stabilizzazione di tutti i precari e la parità di trattamento giuridico ed economico tra personale di ruolo e personale precario.

CREPE IN CLASSE
In più, stavolta si aggiungono alla lista della spesa la modifica delle regole sui trasferimenti stabilite nel 2015 dal governo Renzi nella sua pazzotica riforma chiamata ‘Buonascuola’ e un po’ di quattrini in più in base al recupero dell’inflazione in busta paga, e con il ripristino dell’indennità di vacanza contrattuale. Nulla di nuovo, fatta eccezione per le nuove crepe che percorrono gli edifici scolastici vecchi e bisognosi di manutenzione. C’è perfino chi, all’Istituto superiore Maggia di Stresa a Verbano-Cusio-Ossola, riprenderà a frequentare le lezioni in giardino causa inagibilità della struttura. Intanto la regione Sicilia ha già attivato un’unità di crisi dedicata alla manutenzione straordinaria, e a Benevento il fantasioso sindaco Clemente Mastella ha appena lanciato l’operazione ‘Adotta una scuola’, una campagna di sponsorizzazione privata per supplire alle casse vuote delle amministrazioni pubbliche. Nell’eterno ritorno dell’identico, poi, in alcune regioni (in prima fila Toscana, Veneto e Friuli) si segnalano le solite cattedre deserte e in altre un sovraffollamento di professori senza più alunni in aula. Soltanto in Irpinia, sono 1.500 gli studenti in meno rispetto all’anno scorso. Problema analogo per supplenti e direttori aministrativi: pochi e malamente dislocati. A proposito di sperequazioni desolanti, l’Italia figura anche fra gli Stati che hanno i docenti più anziani e con gli stipendi più bassi rispetto ai dirigenti, che guadagnano circa il doppio. Ce lo ha ricordato proprio ieri l’Ocse nel suo dossier «Education at a Glance 2018 – Uno sguardo sull’educazione». Il 58% degli insegnanti italiani sia di primaria sia di secondaria ha una media anagrafica di 50 anni e una prospettiva economica stagnante. Se poi usciamo dalle aule per dare uno sguardo all’Università, il quadro non cambia: l’Italia ha uno dei più bassi tassi di occupazione dei giovani laureati, che già sono pochi (4%) al confronto con la media Ocse (17%), e il numero di connazionali che studia all’estero per laurearsi è aumentato del 36% in 3 anni. Numeri deprimenti per una nazione in crisi d’identità e con un tasso demografico che scoraggia.

NIENTE SOLDI
C’è molto lavoro per l’incolpevole Marco Bussetti, il neo ministro dell’Istruzione che simpatizza per la Lega e proviene dall’operosa Lombardia. Il tritacarne mediatico che lo attende al varco è temibile almeno quanto i danni procurati dai suoi predecessori. Soldi extra a disposizione non ce ne sono. La turba chiassosa degli scioperanti sostiene che vi siano almeno 110 mila posti vacanti da riempire riaprendo una maxi graduatoria a beneficio dei precari. I Cinque stelle oppongono la promessa un po’ generica di nuovi concorsi «a copertura dei posti effettivamente scoperti», e respingono gli emendamenti al Milleproroghe voluti dai sindacati. Bentornati a scuola, insomma: un buco nero con lo sciopero intorno.