La Stampa, 12 settembre 2018
Israele, social e tecnologia per prevenire gli attacchi
Israele, subito dopo gli Stati Uniti, è il bersaglio più ambito dai gruppi jihadisti, per le ricadute in termini di propaganda che un grande attentato riuscito apporterebbe. Ma né Al-Qaeda né l’Isis sono riusciti finora a sferrare un colpo delle dimensioni degli attacchi negli Usa e in Europa. L’unico assalto certo dello Stato islamico è stato quello dell’8 giugno 2016 al Sarona Market di Tel Aviv, quattro vittime. L’Isis ha dovuto persino giustificarsi con i suoi simpatizzanti e spiegare in un articolo sul suo settimanale Al-Naba che la «causa palestinese» non era la sua priorità. In realtà i gruppi islamisti internazionali sono stati finora fermati dal formidabile apparato di sorveglianza elettronica realizzato dallo Stato ebraico, nato per controllare le formazioni estremiste palestinesi. Nonostante il collasso delle trattative di pace nel 2014, e una guerriglia a bassa intensità denominata «Intifada dei coltelli» cominciata nell’ottobre del 2015, in tre anni non ci sono stati attacchi massicci, nonostante il controllo del territorio sia affidato a poche migliaia di soldati. Va detto che le forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese collaborano con Israele, ma il segreto è nel sistema integrato di sorveglianza elettronica, il più avanzato al mondo. Ogni volta che un palestinese fa una telefonata, posta qualcosa su Facebook o altri social, si sposta da una città all’altra viene registrato da microfoni, telecamere, droni, programmi elettronici di spionaggio.
Israele ha costruito una sua propria tecnologia, a partire dalla celebre Unità 8200, il reparto dell’esercito che guida la guerra elettronica. Quasi tutti i guru e fondatori di start-up digitali sono passati di lì. Gli investimenti militari hanno posto le basi dello sviluppo di aziende private, ora all’avanguardia mondiale, come la Mer Group, che ha filiali in 40 Paesi. La necessità di sorvegliare la Cisgiordania, e 2,5 milioni di palestinesi potenzialmente ostili, ha fornito «un laboratorio per raffinare le tecnologie». La Mer ha per esempio sviluppato il programma Oscar (Open Source Collection Analysis and Response), in grado di perlustrare siti Intenet e social network per scovare legami fra individui e organizzazioni terroristiche. Un’altra arma strategica è il Saip (Strategic Actionable Intelligence Platform), capace di «capire quello che legge» e stabilire se una persona sta parlando della fabbricazione di una bomba o di argomenti innocui. Saip è anche in grado di creare false personalità per introdursi nei forum e nelle chat dei jihadisti. In questo modo l’esercito israeliano è riuscito a sventare attentati, smantellare cellule e arrestare terroristi. Il prezzo è stato trasformare l’intera popolazione della Cisgiordania in un «sorvegliato speciale». E molti prodotti israeliani sono già stati acquisiti in gran segreto dai Paesi del Golfo.