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 2018  settembre 12 Mercoledì calendario

Mattew McConaughey: «Ero tutto muscoli ora al cinema piango»

«Non sono qui per fare la morale a nessuno». Mette via l’umorismo e ci manda all’inferno con gli occhi, quando gli chiediamo se sta dalla parte maggioritaria e riformista dell’America, in fatto di armi. «Faccio l’attore, non il giudice. Ho interpretato l’avvocato americano del caso Amistad nel film di Spielberg, poi è arrivato l’Oscar con Dallas Buyers Club, ma c’è chi ancora mi ricorda come surfista rubacuori o il "biondo degli indie", grazie al film di Richard Linklater, La vita è un sogno » dice. Il sorriso ritorna.
«Sono un fiero texano, un marito e un padre. Sapete, noi del Sud siamo abituati a cacciare animali, ma negli Stati Uniti, ormai, le armi d’assalto fanno rima con pandemia. E a rimetterci la pelle sono i civili. Dobbiamo dire basta». Incontriamo Matthew McConaughey all’hotel Fairmont Royal York, in occasione del Toronto Film Festival; è protagonista del film Cocaine — La vera storia di White Boy Rick, al cinema il 31 gennaio distribuito in Italia da Warner Bros.
«Mi sono sempre speso per il controllo delle armi, ho sempre detto cosa pensavo (in un’intervista a Bbc dichiarò che Hollywood avrebbe dovuto accettare la vittoria di Trump alle elezioni e cooperare con lui, ndr) e se nei film che giro vedete parecchie Glock semi automatiche non è per esaltarle. Le armi non hanno nulla di glam. Sono la proroga della sopravvivenza di un uomo. In Texas le teniamo in saccoccia per paura e per istinto».
In White Boy Rick, tratto da una storia vera, McConaughey è Rick Wershe, papà single, due adolescenti a carico e un traffico d’armi illegali per campare. «Interpreto un padre destinato al fallimento. A 48 anni suonati, e lungo la mia carriera, non avevo ancora messo in scena un uomo fatto per perdere». Perdere chi?
Il riferimento è al figlio, Rick Jr. (l’attore-promessa Richie Merritt), che l’Fbi incastra e convince a infiltrarsi nel più grande giro di spaccio di crack e cocaina. Lo scopo è salvare il padre dalle sbarre. Ma il giovane Rick, appena sedici anni, ci prende gusto e porta tutta la famiglia allo sfascio. Prigione a vita.
«Non conoscevo la storia. Quando ho letto la sceneggiatura ho pensato fosse finzione. Da tempo cercavo un noir e così ho scoperto Richard Wershe, Jr., detto White Boy Rick, un teenager traffichino divenuto prima informatore poi criminale nella Detroit anni Ottanta». Il regista, Yann Demange, ha girato un thriller sull’IRA, ’ 71, e ha convinto McConaughey con una parola: «Libertà». Musica per le sue orecchie: «Credo sia arrivato il momento di intonare una "sad country song", una canzone triste dedicata al paese in cui vivo, assieme a mia moglie Camila e a tre bambini. Sono tempi amari per gli Stati Uniti: oppioidi, eroina, industrie farmaceutiche, povertà ciclica». E, dopo il patriottismo, una riflessione sulla paternità, tema portante del nuovo film: «Conosco genitori che pretendono di diventare amici dei figli e a un certo punto smettono di fare i genitori pur di proteggerli. Il risultato è che non tutti i figli seguono la "ricetta" di mamma e papà. C’è chi finisce in comunità, chi va per strada o sui marciapiedi. Essere padri è il mestiere più difficile al mondo. Il mio papà per me è sempre stato un eroe, un eroe del football.
Vorrei somigliargli ma sul grande schermo finisco per interpretare altri tipi di uomini, come il Killer Joe di William Friedkin che torturava con una coscia di pollo fritto insanguinata». Negli ultimi anni, McConaughey-il-duro si è ingentilito: «Piango, mi commuovo spesso. L’altra notte ho singhiozzato all’anteprima del mio film. Richie ha riso tutto il tempo invece, ripeteva le battute a memoria, ad alta voce, durante la proiezione con il pubblico.
Da dietro si è sentito: "Stai zitto!".
E al provino da co-protagonista ha candidamente ammesso di non sapere chi diavolo fossi; conosce bene Will Smith e Mark Wahlberg perché è appassionato di action ma di Matthew McConaughey non ha mai sentito parlare». Giù una sonora risata. Se dovesse lanciare un messaggio ai giovani, McConaughey direbbe: «Non abbandonate mai la capacità di agire e reagire. Fate quello che sentite. L’etica del lavoro e il senso di responsabilità vi terranno sulla retta vita». Alla consegna dei diplomi di laurea al TDECU Stadium (Texas) aveva condiviso alcune delle sue pillole di saggezza, tra cui "Usate la verità come cuscino" e "Se suonate il bongo nudi di notte, non chiedete mai scusa". Per Matthew "non era così scontato avere coscienza di Hollywood e della sua macchina, quando ho cominciato a recitare.
Ero tutto muscoli. Anzi, tutto istinto». Ora ha aperto gli occhi.
«Mi sta a cuore la libertà, soprattutto sul set; per me conta trovare la magia e avere di fronte un leader col megafono che dica sempre sì. I registi che dicono no per paura li lascio a qualcun altro. Il "no" è uno stop. Invece io non voglio smettere di volare, capito? Nessuno provi a farmi scendere».