la Repubblica, 12 settembre 2018
Il rockettaro che pranza nelle stoviglie di Napoleone
È partito da zero, anzi da un motorino Piaggio che ha venduto per acquistare all’asta la prima lettera manoscritta: l’annuncio della vittoria a Iéna nel 1806. Da allora, Pierre-Jean Chalençon non si è mai più separato da Napoleone. «Ero predestinato», racconta camminando tra i saloni affrescati del Palais Vivienne. Quando ha ricomprato il palazzetto nel centro di Parigi, già di proprietà della famiglia d’Orléans, dove vissero Voltaire, George Sand e dove ora raccoglie parte della sua sterminata collezione, ha dovuto investire centinaia di migliaia di euro per restaurare marmi e stucchi dorati. «È stato il cantiere più costoso della capitale dopo quello dell’hotel Ritz». Parlando con lui non si capisce mai dove sia il limite tra verità e leggenda. Esibisce al collo un gigantesco cameo di Jerôme Bonaparte, fratello minore di Napoleone.
Porta alla mano sinistra l’anello dell’incoronazione a Notre-Dame. Quando si affaccia nelle aste, gli altri cultori del genere sanno che sarà dura spuntarla. Lo chiamano “L’Imperatore”.Cascata di riccioli biondi, jeans e camicia a quadrettoni, sembra la reincarnazione del conquistatore in versione rockettara. È cresciuto a due passi dal castello napoleonico di Reuil-Malmaison ed è nato il 23 giugno, stesso giorno di Joséphine de Beauharnais.
Chalençon è l’ospite d’onore della Biennale d’Antiquariato in corso al Grand Palais. Ha prestato una ventina di oggetti per la mostra «L’Empereur sous la Verrière», tra cui il bastone dell’incoronazione con l’aquila imperiale, una stola che Bonaparte indossava a Sant’Elena, le stoviglie utilizzate durante la battaglia di Waterloo.
La sua collezione ha già viaggiato per il mondo, tra Asia e Stati Uniti, una mostra a Shangai è stata visitata da oltre 650 mila visitatori. È una delle prime volte che viene celebrato con tanto onore nella Ville Lumière. «I francesi sono stupidi, vanno matti per Jeff Koons», chiosa. Il suo cruccio è che non esista un vero museo dedicato a Napoleone nella capitale. Anche l’Italia, dice, non fa abbastanza per ricordare il suo idolo. «Sono stato un paio di volte al museo Napoleonico di Roma, purtroppo non hanno soldi, le sale sono quasi sempre deserte». Sogna di fare una mostra in Italia, magari a Venezia. Nel Palais Vivienne vive al primo piano mentre affitta un’altra ala per eventi privati. Dorme in uno dei letti di Napoleone, mangia sushi nelle stoviglie imperiali.
«Visto il prezzo, sarebbe un peccato non servirsene». Mentre ci fa visitare la sontuosa residenza, tiene il cellulare incollato all’orecchio. «Scusatemi, sono in linea con Christie’s». Aspetta di partecipare a un’asta prevista a Londra per comprare una miniatura di Napoleone.
Accarezza la testa di marmo di un busto del giovane Bonaparte.«Sembra Macron, vero?» se la ride, alludendo all’attuale leader accusato di essersi montato la testa. Una vaga somiglianza fisica esiste. Chalençon non prova simpatia per Macron. «È arrogante e disprezza la povera gente – spiega – ma comunque tutti i Presidenti quando entrano all’Eliseo perdono il contatto con la realtà, soffrono di delirio di onnipotenza».
Il collezionista sostiene che la figura di Napoleone sia ancora troppo poco conosciuta, spesso fraintesa. «È davvero un self made man. Metà del suo stato maggiore era composta di analfabeti. Senza di lui la République non esisterebbe. Ha fatto molto per le donne, gli omosessuali, gli ebrei».
Chalençon, 47 anni, ha frequentato Gianni Versace, di cui aveva arredato una delle case. È stato amico di Bettino Craxi, ospite nella sua villa in Tunisia. Fervente cattolico, ha pianto quando è morto Giovanni Paolo II. Uno dei suoi nonni è italiano, di Padova, ma non ha più parenti nel nostro paese. È stato anche confidente del cantante Charles Trenet a cui ha dedicato un libro. Non ha mai passato la maturità. «Ma non m’importa: possiedo una parte del testamento di Napoleone e ho la sua Legione d’Onore!». Da qualche tempo, il collezionista francese è diventato noto al di là della piccola cerchia di appassionati di Napoleone.
Conduce infatti un popolare show dedicato alle aste, “Affaire conclue”, nel quale offre suggerimenti e tecniche per fare affari con l’antiquariato. «È sempre più facile essere truffati». È in coppia con un altro uomo ma non vuole avere figli. «Donerò la collezione allo Stato. Non ho mai fatto nulla per me: mi considero al servizio di Napoleone».
Nel tempo ha accumulato quasi 2 mila pezzi, per un valore di diversi milioni di euro, tra opere d’arte, mobili, cimeli. «Sono un collezionista squattrinato, mi indebito continuamente. In fondo sono un parvenu, come Napoleone». Negli ultimi anni si sono affacciati sul mercato anche russi, giapponesi. Qualche tempo fa, una delle foglie d’alloro della corona di Napoleone, è stata venduta a un cinese. Il prezzo finale era di 600 mila euro per otto grammi di oro: troppo caro persino per Chalençon che ha dovuto battere in ritirata. «Ormai non sarebbe più possibile cominciare da zero come ho fatto quando ero giovane con il mio Piaggio». Durante la conversazione, s’interrompe per parlare con Christie’s e rilanciare l’asta. Alla fine si aggiudica la miniatura per 55 mila sterline.
Sorride, prima di congedarci. «Troppo? Forse, ma è uno dei più bei ritratti di Napoleone che abbia mai visto».