la Repubblica, 10 settembre 2018
Nelle praterie kirghize ecco i Giochi dei nomadi
KYRCHYN ( KIRGHIZISTAN) Nelle praterie d’alta quota del Kirghizistan, dove i pastori portano gli animali al pascolo d’estate, i ragazzini urlano eccitati sui cavalli al galoppo, accompagnati dal rumore sordo degli zoccoli. L’adrenalina ha lo stesso sapore in tutto il mondo, per chi spinge al massimo i giri della macchina o chi scatena la potenza di un cavallo, con un cuore e quattro zampe.
Oltre al bestiame, a punteggiare i dolci pendii di un verde pallido anche alcune yurte, capanne con cui i nomadi si riparano dal freddo che sferza l’aria della notte anche in piena estate. Ma durante la prima settimana di settembre, nella vallata di Kyrchyn a pochi chilometri dalle rive del lago salato di Issyk-Kul nel Nordest del Paese, le yurte erano centinaia per la terza edizione dei Giochi Nomadi del Mondo: un grande festival nato per valorizzare la diversità culturale delle popolazioni nomadi attraverso dimostrazioni e competizioni sportive. In questa cornice il rumore dei cavalli al galoppo, le urla di incitamento dei cavalieri e gli schiocchi dei frustini evocano immagini di mondi quasi leggendari.Lanciati a tutta velocità, arcieri su destrieri i cui zoccoli sembrano non toccare terra centrano con le loro frecce una serie di obiettivi in una gara serrata in cui avranno la meglio ungheresi, kazaki e turchi. Poco più in là, falchi, aquile e cani taigan attendono l’inizio del salbuurun, una gara di velocità sotto forma di una finta battuta di caccia. Al di là della gara però, a contare davvero è quello che accade nella vita di ogni giorno: alleanze preziose tra i pastori e i loro taigan, forti e impavidi a dispetto delle apparenze, gli unici che possono difendono greggi e mandrie dall’attacco dei lupi.
L’unico atleta italiano, Alessandro Tedino, ha combattuto nel belt wrestling, una disciplina della lotta che pratica da pochi mesi. Ha perso il suo primo e unico incontro, ma per lui il miglior risultato è stato il viaggio: «C’è stato uno scambio a livello sia sportivo sia personale con gli altri atleti». E aggiunge: «Anche noi dovremmo essere più legati alle nostre tradizioni».La competizione più attesa è senz’altro quella del kok-boru, una sorta di polo a cavallo in cui l’obiettivo è raccogliere da terra una carcassa di capra e buttarla in una porta. In lingua kirghisa significa “lupo blu” e deriva dall’usanza dei pastori di giocare con i lupi uccisi prima di riportarli al villaggio. È uno sport aggressivo e sfinente, con molto contatto fisico tra cavalli e cavalieri, nei Paesi di questa regione molto radicato tra la gente.Tra i ragazzi della squadra francese invece, il capitano Xavier Bremondy è l’unico ad averci già giocato, l’inverno passato, con i pastori locali. Xavier ha scelto i suoi compagni tra i giocatori del campionato francese di horse ball, ma per quanto simili siano le due discipline, nessuno ha mai provato a maneggiare una capra di 30 chili. Senza i propri cavalli poi, e conoscendo la brutalità del gioco, i ragazzi sono ancora più tesi. Ma Xavier li rassicura: «Abbiamo cavalli kirghisi da kok-boru, loro sanno quello che fanno e non hanno paura».
I Giochi si sono conclusi con il Kirghizistan decisamente in testa al medagliere – e l’anelato oro nel kok-boru. Con una chiara finalità turistica il governo ha investito molto per preservare le tradizioni e caratterizzare il Kirghizistan come il “Paese dei nomadi”. I risultati sono arrivati e dalla prima edizione dei Giochi Nomadi del Mondo il turismo è più che raddoppiato. Nonostante questo, nel 2020 i Giochi saranno in Turchia, e torneranno alle loro origini sul lago Issyk-Kul solo ogni sei anni. Anche i Giochi sono liberi di vagabondare per il luoghi della loro tradizione.