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 2018  settembre 08 Sabato calendario

Quel portadocumenti altare dell’impiegato

Si torna al lavoro. Si riaprono gli uffici. Cambiato qualcosa? Probabilmente no. Chissà se dopo l’introduzione del computer esistono ancora i portadocumenti da tavolo? Una volta era fondamentale sui tavoli di chi lavorava. La carta sparisce, ed è un vantaggio: meno alberi tagliati. La leggerezza dei file è innegabile, e anche la loro trasmissibilità, per non parlare della velocità d’archiviazione e di ricerca.
Tuttavia la carta ha ancora un suo ruolo mnemonico: ricordi di più le cose scritte su carta che quelle lette nel video del computer. Il più elegante e noto portadocumenti da tavolo si chiama Presbitero; fu creato nel 1958 da un’azienda di Castiglione Olona, la Samco (Società anonima Mazzuchelli), che produceva casalinghi, penne e altri prodotti per la cancelleria (parola quasi scomparsa). Presbitero è stato disegnato da Luigi, detto Gigi, Colombini, uno dei più importanti designer anonimi del Novecento. Ha cominciato nello studio di Franco Albini, per poi passare alla Kartell, azienda centrale nel passaggio dai materiali naturali alla plastica, di cui ha diretto l’ufficio tecnico. Si tratta di una serie di contenitori leggeri che hanno la prerogativa di essere impilati l’uno sopra l’altro. All’inizio Presbitero (nome evocativo) è stato prodotto in sette colori; innovativo per le guide di scorrimento, che servono per inserire o sfilare i singoli portadocumenti, è leggero. Come ricorda uno studioso di design, si tratta di un oggetto con angoli vivi.
Anticipava il mood degli anni Settanta: le automobili con spigoli, destinate poi ad arrotondarsi negli Ottanta. Semplice, stabile, Presbitero definisce un’epoca improntata all’efficienza, altra parola scomparsa nell’epoca del personal computer: l’efficienza è stata incorporata dalle macchine. Col ritorno ai materiali naturali, che hanno segnato gli anni Duemila, Presbitero ha cominciato la sua decadenza. L’età della plastica ha iniziato a tramontare dopo il primo decennio del XXI secolo. In parallelo negli anni Novanta si andavano affermando le scrivanie di vetro, con i piani trasparenti, dove scomparivano le pile di fogli e gli accumuli di carte.
Età algida, gli anni Dieci del nuovo secolo hanno prodotto non più scrivanie, ma piccoli altari su cui torreggiava il computer, nuovo totem della post-modernità. L’impiegato stesso è un retaggio del passato, anche lui in via di scomparsa, sia nella versione “impiegato semplice” che in quella dell’“impiegato di concetto”. Il computer con la sua immaterialità ha trionfato. Così le Presbiterio sono finite tra i rifiuti, dove le ho raccolte poco tempo fa. Ora quattro di loro fanno bella mostra di sé sul mio tavolo. Non è improbabile che con il vintage trionfante Presbitero possa tornare in auge. Nel design, come nella moda, nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si reincarna.