la Repubblica, 8 settembre 2018
Spie e Londra, l’enigma vero sta nei soldi
Le autorità inglesi sono certe che dietro il tentato omicidio di Sergei e Yulia Skripal ci sia lo Stato russo e promettono ritorsioni. Ma le stesse autorità ignorano che l’unica ritorsione efficace sarebbe controllare il denaro sospetto che entra nella City. Londra dovrebbe mettere in discussione il modello economico basato sulla deregulation finanziaria e la circolazione incontrollata di capitali.
Non entriamo nel merito delle accuse nei confronti della Russia. Basti dire che il governo e l’opinione pubblica le ritengono credibili, così come la maggior parte degli alleati del Regno Unito, con l’eccezione del governo gialloverde italiano, che sul tema non si è ancora espresso. Ci interessa di più capire come intenda reagire l’Inghilterra a questo attacco, e riflettere su cosa questa vicenda ci dice circa il sistema delle relazioni internazionali. Il governo di Londra ha per ora utilizzato strumenti di ritorsione del ventesimo secolo: ha espulso 23 diplomatici russi a marzo e promette di colpire gli ufficiali del Gru russo, magari col veleno. Misure che non avranno alcun effetto. L’eco mediatico presto finirà e si tornerà al principio del business as usual.
L’Inghilterra sembra voler far di tutto per evitare di colpire davvero gli interessi dei cleptocrati che parcheggiano il loro denaro a Londra. Il giornalista investigativo Oliver Bullough ha pubblicato proprio ieri un exposé illuminante sul sistema finanziario inglese (titolo: MoneyLand, da leggere). In meno di 24 ore si può registrare ufficialmente una società a Londra per la modica cifra di 18 sterline, usando nomi di fantasia e senza dover dimostrare chi sono i beneficiari ultimi dello strumento finanziario. Qualche anno fa un consorzio internazionale di giornalisti ha svelato un vasto sistema di riciclaggio. Tutto ebbe inizio quando una società fittizia registrata a Londra fece un prestito a un’altra società fittizia, garantito da banche russe. Quando il prestito non fu ripagato, le banche russe onorarono il debito e così denaro sospetto cominciò a entrare nel sistema finanziario inglese. Non stupisce che il 52% della ricchezza domestica dei russi si trovi offshore. L’anno scorso è stata quotata in Borsa la compagnia En+ controllata dall’oligarca Oleg Deripaska per un valore di cinque miliardi di sterline. Mentre Deripaska è soggetto a sanzioni da parte degli Stati Uniti, viene accolto nei circoli finanziari inglesi, come ha denunciato il partito laburista. Un’indagine del programma televisivo Panorama ha svelato qualche anno fa come diversi membri della Camera dei Lord fossero dei lobbisti a busta paga di diverse aziende straniere.Va dato atto al governo inglese di aver fatto qualche passo nella direzione giusta: a gennaio sono stati introdotti i cosiddetti unexplained wealth orders che, se imposti, richiedono a una persona di rivelare l’origine dei suoi capitali. Sino a oggi non sono mai stati usati. Altre misure sono state votate in Parlamento di recente.
La triste vicenda degli Skripal si colloca all’incrocio tra economia politica e sicurezza nazionale. La fine del sistema di regolamentazione dei flussi finanziari creato a Bretton Woods nel 1944 ha prodotto una globalizzazione sregolata e paradisi fiscali dove nascondere i profitti per non pagare le tasse. I tagli allo Stato sociale sono andati di pari passo con la finanziarizzazione dell’economia e l’evasione fiscale. Quando si sceglie questo modello di sviluppo non si può essere troppo schizzinosi sull’origine dei capitali stranieri. Ma è illusorio credere che si possano importare i soldi e non i conflitti interni e i metodi dei Paesi di provenienza di quegli stessi capitali. Questa è una lezione che sulle rive del Tamigi pochi sono disposti ad ascoltare.