La Stampa, 8 settembre 2018
«Nelle banche cinesi non c’è interesse per i titoli italiani»
«Non credo che, in questo momento, le nostre banche e istituzioni finanziarie abbiano un’attenzione particolare per le emissioni pubbliche italiane». Zhou Xiaochuan lo spiega senza dare alcun colore alle sue parole, il che alla fine è normale per uno che è stato governatore della Banca Popolare Cinese per 15 anni sino alla scorsa primavera - una durata record - e ne è uscito solo per raggiunti limiti di età. Molto stimato in patria, ora è consigliere economico del Partito comunista. «Tecnocrate diplomatico», dicono tutti. Così è normale sentirlo precisare che, comunque, le relazioni con Roma «sono costruttive e positive come sempre». Come normale è che esprima «preoccupazione per le dispute con l’Europa», perché «per noi è molto importante la stabilità dell’Eurozona».
In una pausa del Forum Ambrosetti che si chiude oggi a Cernobbio in provincia di Como, il settantenne originario del delta dello Yangtze, giura che «il progetto della Via della Seta ha ogni possibilità di rafforzare il legame italo-cinese, cosa che del resto vale per tutti i nostri interlocutori, in Asia Centrale come in Africa: è chiaramente una nuova opportunità che si apre».
Vero. Intanto il governo italiano è cambiato.
«Osserviamo con interesse gli orientamenti nel nuovo governo. Il dialogo è in corso. Sinora, non abbiamo visto alcuna ragione speciale per cambiare il modo in cui sono organizzati i nostri rapporti. Ci preoccupa piuttosto che l’Italia abbia dispute con gli altri Paesi dell’Ue e dell’Eurozona. Il nostro auspicio è che - viste le nostre relazioni con l’Unione europea - l’Italia abbia una condizione di maggiore stabilità».
Visto dalla Cina l’euro è un fattore determinante?
«Stiamo osservando quanto succede per la Brexit: ha creato dei problemi terribili e molta incertezza. Quando le cose nell’Unione europea non vanno bene, nell’economia cinese c’è preoccupazione. Speriamo che il contesto attuale sia consolidato nell’interesse di tutti».
L’incidente del Ponte di Genova ha portato il governo a ripetere che serve un grande piano infrastrutture. Vi interessa?
«La Cina ha una elevata propensione al risparmio, vale il 46% del Pil. Molte nostre istituzioni finanziarie hanno già investimenti significativi in Italia, la crescita negli ultimi anni è stata netta. L’opinione diffusa era che voi non aveste bisogno di un piano di investimento infrastrutturale. Ma è chiaro che, se ci saranno dei progetti, e saranno fattibili, saranno considerati».
C’è interesse per Bot e Btp?
«L’impegno in titoli di Stato dell’Eurozona è già significativo in Paesi come Francia, Germania e Italia».
L’Italia intende cercare nuovi sbocchi per finanziare il debito. È in cantiere una emissione in dollari.
«Potremmo considerare delle emissioni in renminbi. Per le emissioni in dollari non vedo come potrebbe esserci un grande entusiasmo fra gli investitori cinesi. La nostra preoccupazione quando si parla di debito italiano è che bisogna osservare la qualità dell’emissione, ma anche come questa si colloca nell’insieme dell’Eurozona».
La stabilità politica ed economica è cruciale, no?
«Sì, certamente».
La Banca d’Italia ha comprato renminbi per le sue riserve.
«Una mossa molto positiva. L’Austria è stata il primo Paese a farlo quando abbiamo aperto questo segmento di mercato».
Qualcuno ha detto che era parte di uno scambio perché veniste a comprare bond.
«Non è così. Già ora i nostri investimenti in titoli italiani sono molto più alti. È bene che abbiano investito da noi, ma nessuno ha mai parlato di un’esigenza di reciprocità».
Molte banche italiane sono in attesa di autorizzazioni per entrare sul mercato cinese. Ci sono problemi?
«Il governo cinese ha avviato un piano di riforma dell’accesso al mercato finanziario, fatto per evitare il ripetersi degli effetti della crisi sui mercati finanziari asiatici di dieci anni fa. Ora c’è la possibilità di accelerare l’apertura del mercato. Siamo pronti ad esaminare le singole domande di chi vuole venire da noi».
Lei ritiene che il governo cinese dovrebbe accelerare?
«Sì, l’ho sempre detto. Siamo abbastanza aperti, ma dovremmo riuscire a fare meglio. E in fretta».