Il Messaggero, 8 settembre 2018
Un aereo per salvare l’ibis, l’uccello eremita
Qualche giorno fa, una bizzarra carovana volante ha scavalcato le Alpi tra il Tirolo e l’Alto Adige. A indicare la rotta erano due ultraleggeri, con a bordo il pilota e una ragazza con una vistosa maglia gialla. Intorno a loro, volava una trentina di uccelli dalle penne nere e dal becco rosso e ricurvo. L’ibis eremita, goffo a terra, è elegantissimo quando vola. L’ibis sacro, dal piumaggio bianco e nero, era venerato dagli Egizi, vive nell’Africa subsahariana, e arriva ogni tanto in volo sulla Pianura Padana. In Italia si vede anche il mignattaio, un ibis dalle penne e dal becco neri.
IL RISCATTO
L’ibis eremita, Waldrapp in tedesco, è invece arrivato a un passo dall’estinzione. Diffuso fino al Seicento sulle Alpi, è stato massacrato dai cacciatori durante le migrazioni verso il Mediterraneo. Sei anni fa, per gli ornitologi, resisteva solo una colonia stanziale in Marocco. Altri ibis, non abituati a migrare, vivevano in vari zoo d’Europa. Poi è arrivato il riscatto.
Gli ornitologi del Progetto Waldrapp, finanziato dall’Unione Europea, si sono messi al lavoro per ridare vita alla specie. Ma se allevare in cattività i piccoli ibis è facile, indicare loro la via della migrazione è molto più complicato. «Per alcuni uccelli, la rotta delle migrazioni è scritta nel patrimonio genetico. Altre specie la apprendono dai genitori nel primo volo», spiega Fabio Cianchi, coordinatore delle Oasi del Wwf in Maremma. «L’ibis eremita fa parte del secondo gruppo. Per insegnare la rotta ai piccoli c’è stato bisogno delle mamme adottive». In primavera, le uova fecondate in sei zoo austriaci e tedeschi sono state fatte schiudere in un solo ambiente. Davanti a loro, invece di una mamma con becco rosso e piume nere, gli ibis neonati si sono trovati davanti due ricercatrici, Corinna Esterer e Anne-Gabriela Schmalstieg, e le hanno considerate le loro madri.
L’ITINERARIO
Qualche settimana dopo, all’inizio del volo verso sud, le due mamme adottive hanno indicato la strada sui due ultraleggeri. A pilotare uno dei velivoli era Johannes Fritz, il biologo austriaco che coordina il progetto Waldrapp. Il viaggio, 900 chilometri, è stato un’avventura. Dal Lago di Costanza gli ultraleggeri e gli ibis si sono diretti verso le Alpi, che hanno scavalcato al Passo di Resia, volando a 2500 metri di quota.
Poi hanno proseguito verso Bolzano, l’Appennino e l’Oasi Wwf di Orbetello. Sopra Merano, quando un’aquila ha tentato un attacco, gli ibis si sono stretti intorno agli ultraleggeri come a delle mamme vere. In una sosta a terra, una volpe che è riuscita a entrare in una voliera si è portata via due piccoli. Partiti in 31, gli ibis sono arrivati in 29.
«È stato un volo spettacolare, ed è stato un grande successo», commenta il coordinatore Johannes Fritz, poche ore dopo l’atterraggio in Toscana. «Li terremo per qualche settimana nelle voliere, poi li lasceremo liberi di uscire, verso i prati e le paludi dove trovano insetti, lumache e altro cibo» aggiunge Cianchi. A Orbetello, nelle voliere e negli spazi aperti dell’Oasi, gli ibis eremiti devono restare tre anni. Poi, una volta adulti, si accoppieranno e si alzeranno in volo verso le Alpi. La rotta dell’andata, grazie alle mamme adottive e ai piloti, è stata memorizzata. Al ritorno gli ibis la seguiranno da soli. Fino a oggi, il progetto Waldrapp è stato un successo. «Il volo accompagnato dei giorni scorsi è stato il quarto dal 2013 a oggi, e le prime due nidiate di ibis sono già tornate in volo nel Salisburghese e in Baviera», spiega Johannes Fritz.
IL PERICOLO
Il vero problema si porrà tra qualche settimana, quando gli adulti oggi sulle Alpi torneranno in volo in Maremma. Sapranno cercare la rotta da soli, ma troveranno sul cammino migliaia di cacciatori, nel pieno della stagione venatoria. Nei primi due rientri sono stati abbattuti 50 ibis, quasi tutti in Italia. Qui entra in gioco un altro partner del progetto, il Parco Natura Viva, in Veneto. Una struttura visitata da mezzo milione di persone l’anno, e che ha un ruolo nella conservazione di molte specie. «Alleviamo l’ibis eremita, ma i nostri piccoli vengono liberati in Spagna. Alleviamo grifoni che vengono liberati in Friuli, e bisonti europei destinati a Romania e Slovacchia. Seguiamo progetti di conservazione in Madagascar e in Nepal», spiega Caterina Spiezio, responsabile del settore ricerca del Parco.
Nel progetto Waldrapp, il Parco Natura Viva si occupa di comunicazione. Verso il pubblico e la stampa italiana, ovviamente, e verso i cacciatori. «Abbiamo un tavolo aperto con le associazioni venatorie, per lanciare la nostra campagna abbiamo invitato una star della zoologia come Jane Goodall», continua Spiezio. L’invito a risparmiare gli ibis è arrivato a tutti i cacciatori italiani.