il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2018
Carolina Crescentini: «Ormai va di moda trattare e persone come fossero bestie»
S’indigna Carolina Crescentini quando apprende dei vergognosi insulti sessisti all’unica donna in corsa verso il Leone d’oro. E in un clima mediatico che non perde la sua incandescenza rispetto alla “questione femminile” non manca di dire la sua, tra una visione e l’altra dei titoli che è chiamata a valutare da giurata delle opere prime presenti alla Mostra.
“Vergognati puttana fai schifo”. Ecco quanto è stato urlato alla regista Jennifer Kent.
Io non c’ero, apprendo ora la notizia. Frasi simili vengono rivolte a molte donne in continuazione, a prescindere dal Festival di Venezia e dalle diverse idee politiche: sono diventate le spade per fermare una persona. Si tratta del manifesto della più grande ignoranza: se mi vuoi attaccare devi argomentare, se invece mi insulti così sei solo un povero ignorante. Perché questo tizio non è semplicemente uscito dalla sala se il film gli faceva così “schifo”? La parola “puttana” è diventata molto comune adesso, e mi sorprendo che non ci sia stata una rivolta in sala dopo che lui l’ha pronunciata. Perché le persone che erano vicine a lui non l’hanno “messo in mutande” a loro volta a parole? La gogna mediatica su di lui, chiunque sia, mi sembra il minimo. Ovviamente la sostengo incondizionatamente ma non solo perché è donna, ma perché è un essere umano. Non siamo animali, purtroppo sto riscontrando una tendenza generale a trattare le persone come fossero bestie.
A proposito di gogne mediatiche, è impossibile non tornare a parlare di Asia Argento, anche alla luce di un nuovo documento pubblicato dal Fatto che la difende mentre mette Jimmy Bennett in una posizione scomoda.
Ho già detto più volte che non mi posso permettere di giudicare Asia Argento perché la verità la conosce lei, ma certamente penso che ci sia un atteggiamento sia da social network che da giornalismo scandalistico assolutamente strumentale. Penso che Asia sia una donna e una madre che sta passando un periodo veramente tosto e che a un certo punto la gente deve smettere di trattarla come argomento da aperitivo. Alla luce poi delle novità vedremo che succede, anche se questo è un Paese disabituato a chiedere scusa.
Alla gogna è tornato di recente anche Woody Allen: industria e mercato americani l’hanno abbandonato, l’Europa lo difende e dalla Mostra sono tutti solidali. Ma chiamati in causa non tutti oggi entrerebbero in affari col suo nome. Lei reciterebbe per lui?
Lo considero un genio assoluto, ma devo capire meglio che ha combinato. Se mi sentissi a disagio non riuscirei a fare nulla in un suo film, ma che continuo a stimarlo infinitamente come artista è un dato di fatto.
E rispetto a Fausto Brizzi – che proprio ieri ha iniziato le riprese del suo nuovo film Modalità aereo – come commenta l’archiviazione di tutte le accuse?
Posso dire che io ho lavorato due volte con Brizzi, in una delle quali ero anche esordiente, quindi vulnerabile. Per come lo conosco io si è sempre comportato bene. Anche questo è un dato di fatto.
Il movimento italiano “Dissenso comune” è stato accusato di non aver fatto nulla di concreto finora a differenza di #MeToo e #Time’sUp. Certo, qui a Venezia c’è stata la firma della Carta con la foto, ora cosa dobbiamo aspettarci?
“Dissenso comune” esiste dal primo febbraio, piano piano succederà qualcosa, noi non abbiamo lo stesso tempo reazione delle americane, non possiamo vivere nel costante confronto con loro. Già il fatto che le lavoratrici dello spettacolo si siano unite è un passo enorme.
Lei ha sempre sostenuto le quote rosa.
È così. Per me le quote rosa devono riguardare soprattutto una parità di principio nel mondo del lavoro con particolare attenzione all’annullamento delle differenze salariali che ritengo profondamente immotivata. Poi ci vuole trasparenza nelle gestioni di tutte le assunzioni ed infine equità, la cosa più difficile e banale del mondo insieme. Ovviamente il concetto di ‘quote rosa’ deve rimanere un passaggio, alla base serve rimanga la competenza, senza di quella diventano un boomerang.
Come ben sa Alberto Barbera, il direttore della Mostra del Cinema di Venezia, è stato molto criticato per la carenza di presenze femminili.
Mi dissocio da queste critiche. In ogni giuria ci sono diverse donne, nella mia addirittura siamo in tre contro due uomini. Stiamo vedendo parecchi film diretti da donne, certo al concorso ufficiale c’è solo Jennifer Kent, ma non esiste unicamente quella sezione, nelle altre è pieno di registe quindi esiste un rispetto delle quote rosa, se vogliamo utilizzare questa espressione. Non riesco a capire bene perché l’abbiano attaccato a questo modo.