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 2018  settembre 07 Venerdì calendario

In morte di Claudio Scimone

Alberto Mattioli per La Stampa

Colpa di una banale caduta, in vacanza. Si era fratturato una costola, stava riprendendosi e aveva anche diretto a Bressanone, domenica scorsa. Poi una ricaduta improvvisa e fatale. Claudio Scimone è morto nella notte di mercoledì nella sua città, Padova. Avrebbe compiuto 84 anni l’antivigilia di Natale.
Non c’è appassionato che non abbia in casa almeno uno dei dischi che incise con i «suoi» Solisti veneti. Poche volte c’è stato un sodalizio così lungo e così inossidabile tra un direttore e la sua orchestra. Del resto, i Solisti li aveva fondati lui, nel 1959. Erano gli anni in cui si cominciava a pensare che forse non era proprio vero che Vivaldi avesse riscritto quattrocento volte lo stesso concerto, che in ogni caso la sua musica bisognava ascoltarla, prima di giudicarla, e magari eseguita con modalità diverse da Beethoven o da Brahms. 
Partiva, insomma, la movida barocca, e i Solisti ne furono protagonisti. Poi, magari, ha prevalso un’altra via, quella degli strumenti originali e delle esecuzioni storicamente informate. Ma è il destino di tutti i pionieri aprire strade che poi tutti percorrono. Non da pionieri, invece, il successo che arrise subito al Vivaldi di Scimone, che aveva la limpidezza e la luce di un cielo tiepolesco. Così questa musica tornava a essere pop come quando era nata, nella Venezia del Settecento: più di seimila concerti in tutto il mondo, almeno 350 dischi. E anche la reinvenzione del Vivaldi operista, con quel leggendario Orlando furioso al Filarmonico di Verona, Pierluigi Pizzi regista e Marilyn Horne protagonista, che aprì un’epoca.
Scimone non era solo questo, certo. I Solisti avevano un repertorio che spaziava dal Cinquecento alla contemporanea. E da direttore Scimone amava l’Ottocento operistico, con una passione per Rossini che lo portò a incidere una celebre Italiana in Algeri e molte prime in studio di titoli fondamentali come Ermione, Armida, Zelmira, Maometto II. Sempre senza darsi un sussiego da genio della bacchetta o da demiurgo del podio. Fu un probo musicista, e ci mancherà. 

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Enrico Girardi per il Corriere della Sera Musicista di ampia cultura, serio studioso, efficace didatta e divulgatore, è morto la notte scorsa Claudio Scimone. Nato a Padova 83 anni fa, il celebre direttore – chi tra gli appassionati non possiede almeno un suo disco? – ha legato il suo nome ai Solisti Veneti, ensemble specializzato nel repertorio settecentesco, da lui fondato e diretto in tutto il mondo lasciando anche un’imponente discografia di oltre 300 titoli.
L’autore d’elezione è stato Vivaldi, l’ampiezza e la varietà del cui catalogo Scimone ha ripercorso ben prima che si affermasse la moda filologica. In un’epoca in cui del compositore veneziano si conoscevano «Le quattro stagioni» e poco altro, egli ha rivelato infatti numerosissimi concerti, le splendide pagine sacre e le mai abbastanza valorizzate opere teatrali.Come per il «prete rosso», altrettanto impegno ha profuso per la musica dei musicisti di area veneta, da Albinoni a Tartini e Torelli, per ricordare solo i principali. Ma gli si devono anche le prime esecuzioni moderne del «Mosè in Egitto» e del «Maometto II» di Rossini, autore al quale pure Scimone ha dedicato non poche energie musicologiche ed esecutive, impegnandosi con la Fondazione pesarese nella redazione delle edizioni critiche.
Non è stato direttore d’orchestra dalla tecnica sopraffina, ma ciò nulla toglie alla centralità della sua figura nella storia della musica italiana degli ultimi 50 anni.