La Stampa, 6 settembre 2018
Lo strano caso di Elle fanning, giovane attrice specchio di opposti valori
Esiste uno strano caso che riguarda in prima persona e doppia personalità la giovane attrice Elle Fanning, ma anche la scrittrice Mary Shelley, il regista Woody Allen, Hollywood, l’Arabia Saudita e, in definitiva, tutti noi e la nostra idea di morale e libertà. Per affrontarlo basta andare, o non poter andare, al cinema.
Attualmente Elle Fanning è nelle sale come protagonista del film «Mary Shelley», che racconta la fase saliente della vita dell’autrice di «Frankenstein». Non ha mai conosciuto la madre, morta quando aveva appena dieci giorni. È cresciuta in una libreria gestita dal padre, un filosofo di tendenze anarchiche. A diciassette anni si innamora del poeta Percy Shelley, non solo più maturo, ma già sposato e padre di una bambina. Dopo una breve esitazione, decide di seguire la passione, andare contro ogni convenzione o giudizio, incluso quello paterno, e fuggire con l’oggetto del suo desiderio. La parola «oggetto» non è casuale. Nel film l’unico soggetto è lei. Shelley è raccontato come un viziato con poca arte o parte. Byron addirittura un «rindandyto» che zampilla parole o le ruba. Mary vede in loro i mostri veri, gli uomini che abbandonano ogni creatura perché capaci di amare soltanto se stessi. È lei l’eroina assoluta, ma lo è perché, seppur giovanissima, esercita sempre e comunque la libera scelta. Si tratta di un tema caro alla regista, la saudita Haifa al-Mansour, che lo aveva già trattato nel documentario «Donne senz’ombra», dedicato alle sue connazionali, e nel film «La bicicletta verde», storia di una bambina di Riad che rivendica il diritto di possedere quel mezzo di trasporto riservato ai maschi.
Ora, la stessa Elle Fanning è protagonista in un film che non vedremo: «A rainy day in New York» di Woody Allen. La vicenda che doveva recitare è stata giudicata disdicevole. Aveva la parte di una ragazzina che si innamora di un uomo maturo, esattamente come Mary Shelley. Altro non abbiamo saputo e forse non sapremo mai salvo i distributori di pellicole, come il padre di Mary, non cambino idea nel finale. Sappiamo però alcune cose. Almeno tre.
Una: nell’acclamato «Manhattan», che ancora riappare spesso in televisione, Woody Allen già raccontava la storia d’amore tra un suo alter ego quarantenne e una ragazza (interpretata da Mariel Hemingway) che, quando si incontrano, non ha ancora diciotto anni. Il film era del 1979. Quando Mary fuggì con Percy Shelley era il 1814.
Due: in «La rosa purpurea del Cairo» ci è stato mostrato che mischiare i piani tra finzione e realtà provoca confusione e sciagure.
Tre: in una società ideale, apprezzata da Mary Shelley e da suo padre, dalle donne che vogliono liberarsi delle costrizioni e dagli uomini che si fanno soggetti della storia, dovrebbe essere sacrosanto il diritto di dire no, ma altrettanto quello di dire sì.