Corriere della Sera, 6 settembre 2018
La prima pattuglia che utilizza i taser: «Averli dà sicurezza»
Al netto degli estremismi nei giudizi esterni (secondo alcuni un pericolo che minerà la democrazia, secondo altri un rimedio definitivo contro i reati dei clandestini), per raccontare del debutto in Italia del taser, e nel nostro caso specifico a Milano, una delle città della sperimentazione avviata ieri da carabinieri, poliziotti e finanzieri, bisogna affidarsi agli stessi operatori del settore. Bisogna ascoltarli, leggere le direttive, condividere l’azione.
Il colonnello Luca De Marchis è il comandante provinciale dell’Arma e ripete un concetto basilare: questo taser, la pistola elettrica «capace» d’immobilizzare con una scarica una persona per 5/6 secondi, consentirà la graduazione della forza prima dell’eventuale ricorso all’arma da fuoco. Voci raccolte nella truppa in caserma «confermano» le frasi dei vertici, parlando di uno strumento che permetterà la gestione di situazioni critiche senza arrivare all’ultima soluzione, i proiettili; sarà una «maggiore sicurezza», un aiuto per affrontare spacciatori, ubriachi, disgraziati, gente che perde la testa per un niente, insomma quel mondo iracondo, perduto e violento che non fa notizia ma riempie le vite degli sbirri peraltro perennemente sotto organico. Dopodiché, anche a causa dell’attesa mediatica e della delicatezza di questi tempi, nelle ultime ore sono stati ripetuti dai Comandi i consigli per l’uso, le direttive per appunto, ad esempio nel ricordare che i taser «verranno trasportati nell’apposita fondina da agganciare al cinturone, sul lato opposto rispetto a quello di porto dell’arma di dotazione individuale», ovvero solitamente a sinistra.
Sono per appunto ancorate a sinistra le pistole elettriche di questi carabinieri del Nucleo radiomobile che alle sette han preso servizio girando per lo «spicchio» di competenza, quello che dalla stazione Centrale taglia Milano fino ai Navigli. Non è stata una giornata intensa per la cronaca nera. I soliti bivacchi fuori dalla Centrale, i movimenti a partire dal tramonto dai pusher in bicicletta intorno a corso Como, liti famigliari risoltesi senza il ricorso alle ambulanze, l’ennesimo suicidio di un 18enne sotto il metrò. Come successo con l’Upg, l’Ufficio di prevenzione generale della Questura che comanda le «volanti», i taser in dotazione sono due per turno. Buona prassi è stata quella di destinare le pistole elettriche a squadre lontane geograficamente, per poter aiutare su una zona più ampia della città i colleghi senza taser. D’un colore giallo evidente (la scelta cromatica rende perfino appariscente l’arma ed esercita un immediato effetto di dissuasione), non pesante anche se infarcita di accessori quali la batteria (alla prova del Corriere che l’ha impugnata, l’arma comunque si maneggia agevolmente e garantisce prontezza operativa), la pistola elettrica doveva esordire nel 2014, l’anno della legge. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini vorrebbe ora estendere la dotazione sui treni, e tra i vigili e la penitenziaria.
Amnesty International ha scritto al capo della polizia Franco Gabrielli per domandare se è stata fatta la formazione al personale. Quelle direttive dei carabinieri spiegano che l’addestramento è avvenuto con istruttori di tiro e avvalendosi per gli aspetti sanitari a ufficiali medici. Analoga la preparazione svolta dai poliziotti. Alla lunga, e sono pareri concordi nei corridoi dell’Upg come in caserma, saranno al solito dirimenti il buon senso e la professionalità. Alle 21, rispondendo all’eventuale ricorso al taser nel mercoledì del debutto, un esperto maresciallo dice: «Per fortuna ancora no».