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 2018  settembre 05 Mercoledì calendario

Biografia di Jasper Johns

Jasper Johns, nato ad Augusta (Georgia, Stati Uniti) il 15 maggio 1930 (88 anni). Pittore. Scultore. Incisore. «Sono interessato agli elementi esteriori, costituiti a priori, convenzionali e depersonalizzati: elementi visti, ma non guardati, né esaminati» • «Era l’unico figlio di un agricoltore alcolizzato. I suoi genitori divorziarono nel 1933, e a quell’epoca venne mandato a vivere con il nonno paterno: il primo dei molti dolorosi spostamenti della sua infanzia» (Deborah Solomon). «Nella mia infanzia c’è stata poca arte. Sono cresciuto nella Carolina del Sud. Laggiù non c’erano musei né gallerie. Solo a Charleston c’era un piccolo museo di provincia. Vi erano esposti artisti locali, autori di dipinti di uccelli. Non so con esattezza quando ho cominciato a desiderare di fare l’artista. […] A un certo punto, verso la metà degli anni Cinquanta, mi sono detto: “Sono un artista”. Prima, per molti anni, mi ero ripetuto: “Diventerai un artista”. È stato un enorme cambiamento spirituale». «Dopo aver studiato alla University of South Carolina (1947-1948), si sposta a New York e per un breve periodo frequenta la scuola di design Parsons (1949). Johns si arruola nell’esercito durante la guerra di Corea. Torna a New York nel 1953, e nel 1954 inizia a lavorare in una libreria, stringendo amicizia con il pittore e fotografo Robert Rauschenberg, che ha cinque anni più di lui (e con il quale stringe una relazione sentimentale), con il compositore John Cage e il coreografo Merce Cunningham. Nel 1955, Jasper Johns realizza Flag, la prima delle quattro versioni di bandiera a collage ed encausto su tela, un soggetto che diventerà molto familiare al pittore. Come i soggetti che lo ispireranno in seguito: i bersagli, i numeri, le lattine di birra, gli oggetti d’uso comune e, poco più tardi, le mappe degli Stati Uniti. Negli anni Sessanta Johns […] partecipa alla mostra “Le Nouveau Réalisme à Paris et à New York” (alla galleria Rive Droite di Jean Larcade a Parigi); espone con Leslie, Rauschenberg, Stankiewicz e in collettive al Moderna Museet di Stoccolma, alla Kunsthalle di Berna, al Solomon R. Guggenheim di New York, al Jewish Museum di New York, alla Whitechapel Art Gallery di Londra, alla Biennale di Venezia e a Documenta di Kassel. Negli anni Ottanta Jasper Johns comincia a inserire nei suoi lavori oggetti tridimensionali e calchi del corpo umano, ispirandosi alle opere di altri artisti, come Grünewald e Picasso, intersecando la sua storia personale con la storia dell’arte. Molto apprezzato anche per le sue incisioni, Johns è considerato con Dürer, Rembrandt, Goya, Munch e Picasso come uno dei più grandi incisori di qualsiasi epoca. Johns si cimenterà anche con la scultura, assemblando diversi oggetti reali e realizzando calchi in bronzo che derivano da opere d’arte famose. […] Jasper Johns è oggi considerato uno dei pittori americani più importanti e più quotati del ventesimo secolo. Nel novembre 2014 da Sotheby’s New York una piccola bandiera a stelle e strisce (30x45 centimetri) dipinta nel 1983 (stimata 15 milioni) è stata alla fine venduta a 36 milioni di dollari, stabilendo il nuovo record mondiale per questo grande artista» (Stefano Bucci) • «Una notte del 1954, un Jasper Johns ventiquattrenne sognò di dipingere la bandiera americana. La mattina dopo, comprò i materiali che gli servivano per farlo. Le stelle all’epoca erano 48, e Johns non sapeva che avrebbe continuato a dipingere quella bandiera così a lungo da vedere il numero degli Stati cambiare: in tutto, ne avrebbe fatto 27 dipinti, 10 sculture, 50 disegni e 18 edizioni grafiche» (Pia Capelli). «Quando Leo Castelli vide per la prima volta un’opera di Jasper Johns – un dipinto verde, realizzato a encausto, simile a un bersaglio di un poligono – disse: “Questo è un dipinto splendido”. Era la primavera del 1957, e da quel momento in poi […] l’artista americano fu fra i più coccolati dal celebre collezionista italiano. Aveva solo ventisette anni, ma […] era già riuscito a trovare un linguaggio maturo e accattivante con cui parlare al pubblico. A comporre l’alfabeto del suo lessico ideale, una carrellata di bandiere, bersagli, numeri e lettere. Elementi ancora oggi ricorrenti e interscambiabili fra di loro. […] Opere in bilico fra l’ironia del New Dada e la comunicazione della Pop Art, fra l’Astrattismo dell’Action Painting e un approccio più tradizionale alla pittura. Lavori che attestano il ruolo centrale svolto dall’artista insieme a Robert Rauschenberg come collante tra culture profondamente diverse» (Giovanna Canzi). «Si descrive […] come un lontano erede di Proust, sulle cui orme concepisce le sue opere come dispositivi per provare a trattenere ricordi affiorati dal fondo della coscienza. Rivelatore, innanzitutto, il frequente ricorso, sin dalla metà degli anni Cinquanta, a una tecnica antica come quella dell’encausto: gli egizi erano soliti ricoprire i sarcofagi di legno con dipinti a cera raffiguranti il corpo mummificato all’interno. Sulle orme di questa strategia, Johns predilige l’encausto perché asciuga e si raffredda rapidamente; è morbido e disponibile a conservare ogni gesto; può accogliere le diverse stratificazioni delle pennellate, tra correzioni, addizioni e sottrazioni; permette di fondere l’icona con il suo supporto; e trasforma il quadro in un letto su cui deposita effigi appena emerse» (Vincenzo Trione) • «Quasi tutti i giorni lo si trova nel suo studio in compagnia di Dougal, il suo cane, un bastardino magro arrivato dalle isole caraibiche due anni fa, regalo di un amico. Vive solo, non ha eredi, e ha fatto notizia lo scorso autunno quando si è saputo che la sua casa e la sua proprietà diventeranno un luogo di ritiro per artisti» (Deborah Solomon) • «Non sono un artista pop. Io non voglio essere definito». «Nei miei lavori, mi occupo di una determinata cosa, che per me non è più quello che era in origine. Mi interessa il suo divenire altro da ciò che era. Mi soffermo sul momento in cui viene identificata con precisione una certa forma, mentre quel momento scivola via». «L’arte è molto meno importante della vita, ma come sarebbe povera la vita senza di essa… Non ho idea di quel che i dipinti dicano al mondo. Non credo che la cosa riguardi il pittore. Il pittore si limita a fare quadri senza una ragione cosciente. […] L’arte è una denuncia o un appagamento. Penso che in un dipinto si voglia trovare un senso della vita. La dichiarazione finale non deve essere un’affermazione, ma una resa. Deve essere quello che non si può evitare di dire».