Corriere della Sera, 4 settembre 2018
In morte di Idina Ferruzzi, vedova di Raul Gardini
Un anno dopo la morte del marito, Raul, Idina Gardini aveva annunciato che sarebbe diventata suora laica, prendendo i voti delle terziarie della Carmelitane. Un impegno rispettato fino in fondo che aveva sorpreso quel mondo della cronaca, giudiziaria e finanziaria, che continuava a interrogarsi e lavorare intorno all’ascesa e caduta dell’impero di Ravenna e alla morte (per suicidio, ma i dubbi restano ancora) del «Contadino» diventato «Corsaro». Una scelta che aveva reso Idina una figura a sé nella dinasty Ferruzzi. Ieri la suora laica, devota a Padre Pio, è scomparsa a 82 anni dopo una malattia che le aveva probabilmente impedito di rinnovare la sola presenza in pubblico, la messa in ricordo di Raul il 23 luglio, e la partecipazione al concerto organizzato dall’amico Riccardo Muti a 25 anni dalla morte.
Lei, figlia di Serafino Ferruzzi, fondatore del gruppo di Ravenna che dai cereali si era poi esteso con Raul alla finanza e alla chimica, aveva più volte sottolineato di aver sempre rifiutato cariche e presidenze di ogni tipo. Poi però aveva fatto un’eccezione, accettando di diventare presidente del premio “Pietralcina, la terra di Padre Pio”. Nel 1992 era andata con Raul in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo e aveva parlato al marito dell’intenzione che stava maturando sui voti. Raul aveva approvato. Più tardi, qualche mese dopo la scomparsa dell’imprenditore, lo aveva comunicato anche ai figli, Eleonora, Ivan Francesco e Maria Speranza. Dicendo che avrebbe seguito la strada già percorsa dalla madre Elisa: «Non è stato un rifugio dal dolore, come molti credono», aveva dichiarato qualche anno dopo, «mia mamma era devota a Padre Pio, lo ha conosciuto. Io no, ma attraverso di lei è arrivata anche la mia conoscenza. Una quindicina di anni fa è giunta la mia conversione completa».
La scelta del silenzio e della preghiera era sopraggiunta dopo che la parabola del gruppo con il “mostro” Enimont aveva diviso la famiglia, portato all’uscita del «Corsaro». Dopo la sua morte e i funerali lei si era chiusa per quattro mesi in una stanza d’albergo. «Furono i miei figli a farmi uscire da quella volontaria prigionia», aveva detto. E con i voti aveva ritrovato serenità e conciliazione. Conservando per anni un silenzio interrotto solo da rari colloqui e interviste. Nei quali la dinasty era rimasta in sottofondo e lei aveva parlato di fede.